Dalla baracca sul mare allโolimpo gourmet. Dalla scintilla della memoria alla grande cucina contemporanea. Prima gli stipendi e poi il tartufo. Il talento sopra la tecnica. Cronache di un cuciniere anomalo e del suo metodo.
Che fanno i cuochi mentre i camerieri accolgono, sorridono, apparecchiano, mescono? Beh, cucinano. E basta? Quali sono le relazioni interne alle brigate di sala e di cucina? E quali fra lโuna e lโaltra? Cosa succede prima, durante e dopo il servizio? Come si sceglie un fornitore? Qual รจ il metro che misura lโartigiano onesto? Come nasce un piatto? Strofinando la lampada o tramite processi di creativitร organizzata? Per rispondere a queste e altre domande non ci siamo limitati a chiedere, volevamo vedere, in presa diretta. E abbiamo puntato alto, chiedendo asilo a uno degli alfieri della cucina italiana, Mauro Uliassi. Che non solo ci ha aperto le porte del ristorante, ma ci ha offerto un punto di osservazione privilegiato: la cucina, una postazione al di qua dei doppi battenti fra il pass e i tavoli. Abbiamo occupato quella postazione stabilmente per diversi giorni consecutivi agli inizi di dicembre 2019.
Tutti i giorni, nessuno escluso, Uliassi รจ arrivato cantando โmite agnello redentooorrrโ. Attacchi di devozione? Non solo, malgrado un passato da chierichetto. Per la gang Uliassi la vigilia del Santo Natale segna la fine dellโanno lavorativo, le vacanze si approssimano, lโumore รจ altissimo e le carole ci stanno meglio di uno swing. Dopo la prima, le porte si sono aperte una ad una. Sous chef, camerieri, commis, lavapiatti, si sono raccontati a loro volta. Catia si รจ spinta anche oltre: ci ha aperto le porte della sua casa, e della sua intimitร , insieme a mamma Bianca e papร Franco, protagonisti di uno sketch irresistibile fra gli imbattuti campioni di pragmatismo di casa Uliassi. Mauro Uliassi non รจ stato da meno. Ci ha concesso scampoli di riflessioni e vita privatissima: come un ultimo, memorabile incontro con Chantal Susanna Sandra, regina di cuori (e di discrezione) al suo fianco da 35 anni. Ci ha consentito di accompagnarlo al mercato del pesce prima, poi a quello dei fiori di Senigallia. E per lโoccasione ha ripreso fra le mani un vecchio amore, quello per la fotografia, scattando alcune delle foto che accompagnano questo reportage embedded. Non fotografava da anni. E non รจ mai accaduto prima che acconsentisse a rendere pubblici i suoi scatti.
Le signore siedono al civico 6 della Banchina di Levante nei loro abiti migliori. Con gesto regale mandano giรน frammenti di cervello, lingua, pancia, sfere oculari che compongono lโanatomia dellโAgnello fuori di testa. Gli scarti elevati al rango di protagonisti assoluti del piatto, concepito per chiudere il circo Barnum della degustazione, rispondono a un teorema preciso: lโultima portata deve condensare due principi: inchiodarsi nel ricordo per la forza extra-strong del sapore โ che sia di stalla, iodato o fenico โ e per la capacitร di rievocare memorie sopite nel patrimonio genetico-gustativo. A questo teorema rispondono il Colombaccio alla marchigiana o il Baccalร , indagato nelle sue mille possibilitร .
Unโoperazione di carotaggio nella memoria personale e collettiva, svelata da Mauro Uliassi sul palco di Identitร Golose, edizione 2019: โEro poco piรน che bambino quando, andando a caccia con mio padre, ci fermavamo a mangiare lโagnello dei Monti Sibillini. Il sapore era intenso, mangiavamo anche castrato e testa d’agnello. Il piatto contadino che ci servivano era un pane secco bagnato con brodo di pecora, condito con sugo dโagnello e infornato come fosse un timballo, una lasagna. ร da qui che abbiamo tratto ispirazioneโ. Le reti a strascico della creativitร raccolgono in uno le memorie di contadini e pescatori, un percorso che si risolve nella manciata di metri quadri che dallโentroterra marchigiano spingono verso la costa adriatica, dalle profonditร del mare alla campagna. Come nella formula cristallizzata dalla grande cucina regionale italiana, il punto di innesco รจ il gusto pungente della fame, che aguzza lโingegno e scova il sapore nei succhi aspersi dalle teste dei crostacei, nelle interiora dei pesci, i sughi fatti con le creste che sanno di aia, il sangue ossidato della selvaggina.
LโAgnello fuori di testa parla di pane (quello di Francesca, vedi lettera P), e gli scarti si presentano ingentiliti con un gran bouquet di erbe mediterranee, timo serpillo, maggiorana, menta. โNel grasso si annida il vero sapore della pecora. Il fondo dโagnello รจ invece fatto con la spalla, con le parti piรน ricche di collagene: abbiamo capito che quelle comunicano il gusto vero. E poi la testa ingrassata nel lardo, chiuso nella stagnola e cucinata a ottanta gradiโ. Il segreto dello chef รจ selezionare lโagnello fra capi allevati nei campi aperti: le pecore del cui latte si abbeverano non sono alimentate a mangimi che stabilizzano il sapore della carne su note piรน addomesticate e informi, brucano solo erba, come da antiche pratiche.
Classe โ36 lei, classe โ32 lui. Franco: โQuando ci siamo conosciuti io avevo 17 anni, lei 13. Aveva un visino, sembrava un angiolino. Faceva le tagliatelle su uno scannetto perchรฉ non ci arrivavaโ. Bianca: โร venuto che cercava una camera per dormire, faceva il camionista. Gli abbiamo affittato la camera, e sto fijo de… “Non cโho piรน lโacqua per lavarme”, mi disse. Io vado a prende lโacqua, lui me prende per un braccio, me attaccรฒ al muro e me baciรฒ. E persi la reputazione: รจ stato lโunico uomo per tutta la vitaโ. Lui: โHo fatto il camionista, il meccanico, il gommista. Prima di tutto il contadino, come mio padre. Mio nonno giocava a bocce con Badoglio. Io avevo trenta donne intorno a me, ma mi piaceva lei. Come son diventato cosรฌ non lo soโ. Lei: โPerchรฉ hai sempre avuto me vicino, no?โ. Ridono. Franco: โAbbiamo preso lโosteria di sua nonna, a Fano, si lavorava con i camionisti e i militari. Veniva Franco Franchi, faceva il militare lรฌ. Poi ci siamo trasferiti a Cesano, frazione di Senigallia: 600 lire a testa per un pasto. I primi due anni, non guadagnavamo manco i soldi che io fumavo, e allโepoca fumavo 60 sigarette al giornoโ.
Bianca: โAi tempi miei bastava che jรฉ davi da mangiaโ ai camionisti. Si mangiavano sempre tajulin col pomodoro. Mรฒ รจ unโaltra storia. Ma la regola che vale รจ sempre quella: non ci guadagni mai niente a dare torto al cliente. Piรน soโ stronzi, piรน je devi tiraโ fuori il sorrisoโ. Franco: โSe lโavrei mai detto che Mauro se imparava a cucinaโ? Ma manco per niente. Io non ce lo vedevo proprio coi piatti. Dopo due anni che andava a Torretta a frequentare il professionale per lโelettronica, mโha detto: babbo, io non vado piรน a scuola. Beh, allora vai a lavoraโ. Avevamo una lavanderia, lโho messo a stirare dโestate, facevamo la biancheria per gli alberghi. Sโรจ schiantato di lavoro. Finchรฉ non mโha detto: babbo, faccio lโalberghiero. Quando ha finito lโho mandato ad Asti a lavorare con uno chef, e quello lโha fatto camminaโ dritto. Quando รจ tornato mi dice che voleva comprare il ristorante, e mi ci ha portato a vedello. Era una capanna, pioveva dappertutto, le tende nere con gli uccelli gialli, una roba schifosa (il ristorante di cui parla il papร di Mauro รจ lโattuale, ndr). Questo va a picco, ho pensato, e dietro a lui ci andavo io. E inveceโฆ Lโha tirato su, facevano i numeri, lavoravano come i matti. Un giorno mโha fatto dei tagliolini con lโastice. Ma guarda questo, ho detto a Bianca, sa cucinare!ยป. Bianca: ยซGira gira รจ scappata bene, questo รจ lโimportante. Due figlioli che van dโaccordo, che si vogliono bene e che lavorano, che voi de piรน?โ.
Catia รจ una e bina. Un complesso groviglio di materie opposte. Cโรจ la Venere in tacchi a spillo e lโaltra, nascosta in una zona profonda e invisibile. Estroversa e risolta in sala. Guappa. Capace di far girare la testa ai vitelloni di riviera che affollano i tavoli, ed รจ la bambina ferma allโetร dellโinnocenza come il bronzo di Ceccarelli che fa la guardia sullโuscio. Sa portare un mazzo di insalata come fosse un mazzo di fiori, ma senza divismo, nemmeno come possibilitร . Lโaltra Catia รจ tenera come una polpa di riccio di mare, fragile, crepuscolare. Lโuna e lโaltra si ricompongono in tele gelose, custodite fra le mura di casa come un fatto intimo, un magma materico di acrilico e colla, o ritratti di donna, che si stagliano sulla campitura nitidi come fumetti. Lโesercizio della pittura รจ nato per caso. โAvevamo un catering per unโazienda tessile, turca. Il tema della serata era la pop art; loro mi inviarono un tir di jeans. Io curai lโallestimento: nacquero questi quadriโ. I piatti di Mauro, le opere di Catia Uliassi, la Rotonda a mare simbolo di Senigallia. Un successo che le svelรฒ unโattitudine cui dedicarsi senza vezzi dโartista, nei ritagli del poco tempo che resta in una giornata fatta di due servizi, risolte nella gioia insospettabile di ritrovarsi finalmente intera in un quadro. Il capolavoro pubblico poggia invece su una fede incrollabile nella complicitร fra donne, intorno alla quale ha edificato un gineceo in chignon che riequilibra il rapporto eternamente in deficit fra ristorazione e donne. Se Coppari-Uliassi jr-Sinclair sono i cardini, le ragazze scelte da Catia nella nursery dellโalberghiero Panzini dettano il ritmo, il passo, il portamento di sala, che al civico 6 della Banchina di Levante รจ un sacco femmina. Giovani, tre lingue a testa parlate fluentemente, abito nero, sorriso a giorno. La vanitร รจ un dettaglio in queste professioniste tutte dโun pezzo che hanno chiuso il cerimoniale di presentazione dellโultima guida del Gambero sfilando fra due ali di folla, ostessa in testa, e applausi a scroscio.
Andrea Merloni e Luciano Serritelli
Gli assetti delle cucine ricalcano modelli militari, organizzazioni verticistiche i cui ruoli sono stati codificati fino allโultimo uomo da Auguste Escoffier, i baffi piรน autoritari dellโhaute cuisine fine Ottocento-primi Novecento. Roba vecchia? Mica vero. Basta cacciare il naso in una cucina di rango per cogliere le trame invisibili che tessono i rapporti fra le brigate e sentire il rimbombo di quel โsรฌ, chefโ pronunciato a una sola voce: due sillabe che scandiscono il servizio ribadendo un giuramento dโobbedienza e sottolineano lโautoritร di chi comanda. Le retrovie del ristorante Uliassi non sfuggono allโassetto codificato da Escoffier, ma la struttura piramidale ha qui un andamento del tutto peculiare. I gradini che conducono al vertice sono comodamente allargati, di modo che a ciascuno venga sรฌ riconosciuto il suo ruolo, ma in uno spazio di discussione, confronto e mutuo soccorso. La regola acquisita (vedi alla L di Lab) รจ che nessun piatto, nessuno, acquisisce cittadinanza nel menu senza lโapprovazione corale della quaterna di sous chef composta da Mauro Paolini, Luciano Serritelli, Michele Rocchi, Jury Raggini.
Il voto di Mauro Uliassi, per inciso, vale uno. E uno, รจ la regola che sottende alla regola, non basta. Non รจ tutto. Se รจ vero che la brigata di cucina resta scandita in partite presidiate da altrettanti colonnelli, Serritelli alle entrรฉe, Paolini ai primi, Rocchi a lievitati e paste fresche e via cosรฌ, รจ altrettanto vero che lโingranaggio รจ perfettamente fluido, le pedine mobili. In sostanza, tutti fanno tutto, e lo fanno insieme: puliscono montagne di zenzero per il Rimini Fest, sfogliano vasche di prezzemolo, tre quattro cinque chili alla settimana. A seconda delle necessitร i sous ci danno dentro quanto lโultimo commis, il quartier generale si trasforma in una squadra di operai senza distinzione di grado, ruolo e anzianitร di servizio, che smontano le cappe del fritto e vanno dโolio di gomito, gran capo incluso. โNon ci sono differenze – parola di Luciano Serritelli che occupa la sua postazione dal 1993 – cosรฌ ci ha insegnato Mauro Uliassiโ. Paolini รจ qui dal โ92. Rocchi dal โ99. Raggini dal 2001 e Merlo dal 2006. Orli dal 2012. Olga (vedi lettera O) รจ qui dal โ91 e Coppari (vedi lettera I) dal principio. Un assetto identico a se stesso da non meno di trentโanni. Qualcosa vorrร dire. Disciplina sรฌ, ma la Rivoluzione dโOttobre non รจ passata invano. Con buona pace di monsieur Auguste.
โI cuochi? Cโabbiamo tutti un ego ipertrofico. Senza quello non lo apri un ristoranteโ.
โChi sono io? Il figlio di Mauro. Ma se รจ ancora cosรฌ รจ solo colpa mia. Me ne sto sullโisola che non cโรจ, dove non ho ancora deciso se diventare maรฎtre o sommelier, acrobata o ragioniere e fintanto che le cose resteranno cosรฌ non diventerรฒ Filippoโ. Lo diresti andaluso o albanese. Tunisino o greco. In una faccia sola porta impressi i tratti somatici di tutto il Mediterraneo. Ma Filippo Uliassi, classe โ89, รจ il piรน senigalliese di tutti. Papร di Leo dallโetร di 26 anni, cameriere in forza al ristorante Uliassi da quando ne aveva 14. Nellโattesa di essere quel che sarร , si smezza con Elisa (Cao) โ un amore sbocciato fra i tavoli โ i turni in sala e anche quelli a casa, dove Leo aspetta mamma o papร . Averli tutti e due in un colpo solo รจ il lusso delle vacanze e lui lo sa, anche se ha solo quattro anni. Fra le retrovie del ristorante Uliassi si mormora del suo palato stupefacente, di quelli che farebbero invidia persino a un grande cuoco, tipo suo padre. Un palato (assoluto? assoluto) capace di riannodare le fila di odori che nessuno assocerebbe, di captare unโidentitร , di annusare il gusto profondo di un ingrediente minimo, impalpabile per chiunque altro. Ma senza darsene aria, tipo suo padre.
Elisa Cao
โHo fatto lโalberghiero. Avevo cominciato da poco le superiori quando mio padre mi disse che dโestate dovevo fare quello che facevano tutti gli studenti: lavorare. Sono qua dentro da alloraยป. Passo sciolto, sorriso friendly con una virgola di ironia. Un portamento di quelli che starebbero a proprio agio piรน al Noma che al Plaza Athรฉnรฉe, ma fuori luogo da nessuna parte. Come si diventa cameriere? ยซRubando il mestiere con gli occhi. Quel pilastro in mezzo alla sala? Beh, quello รจ Ivano Coppari, ha una pazienza monumentale e mi fa vergognare dei miei colpi di testaโ. โQuellโaltro รจ Andrea, detto Sinclair. ร una delle new entry, cโaveva la passione perversa di fare questa vita allo sbando. Lo ammiro moltissimo, gli sono bastati un paio dโanni per mettersi al pariโ. โCosa mi fa incazzare? Quando di lร (in cucina) non capiscono cosa succede di qua. Tu puoi portare lโacqua con le orecchie, ma le star restano quelli lร dentro. Giusto. Sono loro i veri artigiani, ci mettono il pensiero e le mani. Ma gli tocca capire che siamo noialtri, in sala, a fare lo show perchรฉ vada tutto beneโ. โOgni tanto stringi i denti e dici โchi cazzo me lโha fatto fare?โ, questo lavoro ti priva di tantissime coseโ. โCosa di me piace alla gente? Che soโ cazzone, che sono in burla perenne. Questo รจ il cameriere: un dispensatore di felicitร ; il tuo dovere รจ ascoltare prima ancora di servire. Diventare in un certo modo invisibile. Gli ospiti, anche quando sono amici tuoi, non hanno il dovere di stare a sentire una tua angoscia: il pranzo al ristorante รจ il loro momento, e qualunque cosa ti sia accaduta non puรฒ interferire con quel tempo che loro si sono concessi. ร un poโ una vita da clownโ.
Al centro Andrea, detto Sinclair
Fra le immagini incorniciate sulla libreria allโingresso del ristorante, cโรจ uno schizzo. Niente piรน di uno schizzo su un tovagliolo. โร del mio amico Mario Giacomelliโ, senigalliese, una delle grandi firme della fotografia italiana. โEra di casa, da noi. Prima di lui arrivava la sua aura, che fosse diverso te ne accorgevi appena lo vedevi. La barba, i capelli, e quellโallure. Aveva uno sguardo diverso, vedeva cose invisibili a chiunqueโ. โUna volta mi regalรฒ una foto, era una bellissima immagine della Banchina di Levante, la silhouette del lungomare. Lo ringraziai, imbarazzato, grato, felice. Guarda bene, mi disse. La riguardai ma non vidi. Guarda, mi ripetรฉ, indicando lโinsegna del nostro ristorante sulla foto, che io non avevo scorto. Cambierete il profilo di questa cittร โ. Quellโimmagine sarebbe diventata la copertina di uno dei menu storici del ristorante, le parole del maestro, una profezia.
Giacomelli รจ lโingrediente feticcio di Senigallia, non solo per i cuochi. Opere o copie degli scatti del fotografo dei Pretini sono esposte ovunque, dagli alberghi alle tabaccherie, fino ai chioschi dei fruttivendoli. Ai senigalliesi Giacomelli sembra aver trasmesso un sentimento pervasivo per la bellezza in generale e la fotografia in particolare. ร storia nota che Mauro Uliassi ha dedicato a Giacomelli La seppia nel suo nero, in cui racconta entro il perimetro di uno stesso piatto lโavventuroso viaggio dal mare alla terra marchigiana, un racconto in bianco e nero: sopra una cupola di veli di seppia ricoperti da una filigrana (sempre di seppia) di briciole di pane al nero, uova di scampi e, sotto, il germoglio invisibile delle colline marchigiane con due pennellate dโasparagi e piselli. Pochi intimi sanno invece che cโรจ stato un tempo in cui anche Mauro Uliassi si รจ lasciato prendere dalla possessione della fotografia. โHo iniziato con una Petri del 1970, obbiettivo fisso, no reflex. Poi ho avuto la Nikon: f1, f2 e f3 con tutti gli accessori e un krokus per la stampa in bianco e nero. Mi piacevano le persone, fotografavo persone. Era piรน di un hobby, io e la fotografia abbiamo fatto coppia fissa per molto tempo. Studiavo, approfondivo. Poi รจ arrivato il digitale, mi sono ritrovato fra le mani un corpo estraneo, ho smesso di botto. Non ho piรน scattato una sola fotoโ. Salvo riprendere, esclusivamente per questo servizio.
Le storie delle cucine italiana e francese sono unโeterna schermaglia di rivalitร irriducibili, una guerra di posizione e di citazioni, rimandi a volte inconsapevoli e scambi giocoforza. La veritร รจ che la cucina รจ il territorio del sovranismo impossibile, che i cambiamenti innescati dai grandi cuochi arrivano a permeare la quotidianitร , anche domestica. Ne risulta che le storie dei cugini in contesa di un primato su scala planetaria, si ritrovano tessute in una sola trama a maglie strette. Se รจ vero che la cucina di Uliassi รจ super-italiana, al punto da poterla collocare nel suo alveare anche mangiando a occhi chiusi, รจ altrettanto vero che รจ alta cucina nella misura in cui sa essere inclusiva, permeabile a suggestioni che pur non scalfendone lโidentitร , la portano altrove. Vedi la Sogliola alla maรฎtre dโhotel, parente dโalto bordo della sogliola alla mugnaia, cugina in pantofole.
Un piatto in cui riecheggia la lezione di Escoffier โ sempre lui โ, di un servizio collocato nellโera in cui i camerieri finivano il piatto mettendo in scena eleganti numeri circensi, ma niente da spartire con lโavanspettacolo. โAlla maรฎtre dโhotelโ รจ locuzione che include il passaggio di mano dalla cucina alla sala, i cuochi preparavano il necessaire e il cameriere completava lโopera al gueridon. Gesti di cui la Sogliola in carta dal 2016 alla Banchina di Senigallia contiene solo lโintenzione di connettersi a quel passato e le materie della ricetta originale; ma sogliola, burro, aglio, limone e prezzemolo, acquistano un’altra dimensione. Il piatto รจ appannaggio di Luciano Serritelli, ma le montagne di prezzemolo da pulire per la preparazione sono affare di tutti e le due intuizioni che traguardano il piatto nella contemporaneitร (un distillato di succo di limone, una spuma di burro ai lati del pesce e soprattutto la polvere di prezzemolo che caratterizza lโestetica del piatto, ottenuta da un laborioso processo di estrazione della clorofilla, essicazione e centrifuga), sono di Michele Rocchi. Et voilร , il signature รจ servito.
โร quello che, se tu sei in guerra e rimani ferito a un passo dalle linee nemiche, lui si fa spazio, avanza fra le macerie, arriva, ti prende in spalla e ti porta via senza mezza parolaโ. Uliassi sr su Coppari, Ivano. Un marcantonio di 184 centimetri che faceva girare la testa alle signore venute dallโAllemagna per un bagno di sole sulla riviera marchigiana. Merito anche del tedesco perfettamente accentato, imparato da ristoratore migrato in Germania. ร il 1990 quando Coppari, tornato a casa, avvista lavori in corso nel ristorante Uliassi, una baracca da rimettere in asse. Ha 29 anni. A dicembre รจ accanto a Mauro sul tetto a spalare neve. โPoi imbiancammo, porte e finestre, braccia a braccia. Con Catia affrontammo il primo micidiale San Silvestro insieme, ottanta coperti in due. Ma filรฒ liscio. Qualche ora dopo eravamo di nuovo in trinceaโ. โMauro non ci ha messo molto a far capire chi fosse. Nellโepoca degli antipasti al centro del tavolo per tutti, lui suonava unโaltra musica. I piatti dovevano uscire uno per volta, essere raccontati uno ad unoโ. Coppari รจ sommelier antidivo, un expat nel paesaggio affollato di star e starlette dellโalta ristorazione. La presenza gli basta per farsi spazio fra i tavoli come Mosรจ fra le acque. Il resto รจ attitudine al problem solving, parole poche e solo se serve.
Papร contadino, gli basta osservare una vigna per capire quante sono le possibilitร di cavarne un vino buono o almeno decente. โLe grandi manifestazioni del vino non mi piacciono. ร nella terra che capisci tutto โ scuote la testa โ ho visto vigneti blasonati attaccati dallโedera, non credevo ai miei occhiโ. Pazienza, tipo Giobbe. ร Coppari lโalter ego di Mauro Uliassi: โMauro non era quello che รจ oggi. Sโincendiava allโistante. Lโho visto crescere. Ma che razza dโuomo fosse lo ha dimostrato subito: prima di comprare il tartufo doveva pagare i dipendenti, fino allโultimo, il 5 del mese รจ una scadenza religiosa, non ha mai dimenticato nessuno. Malgrado il temperamento emotivo, ha un controllo ferreo sui conti. Anche questo fa di lui una grande personaโ. โChe saremmo arrivati fin qui, noi, la banda scalcagnata degli inizi? Ancora mi pare uno scherzo. Alla cerimonia della Michelin, nel 2018, cโeravamo tutti, Mauro ci avevano detto di andare ma senza spiegarci perchรฉ. Ci speravamo, certo. Ma nessuna certezza fino a un attimo prima di salire sul palco. Fu Bottura. Era riuscito a procurarsi una copia della guida. Si infilรฒ fra le nostre poltrone e aprรฌ la pagina indicando col dito, impazzito di gioia: cโerano tre stelle ed erano le nostre. Un momento dopo, la proclamazione. No, io non piango. Ma Cristo, che gioiaโ.
ร il piรน giovane dei vecchi, in forze al ristorante Uliassi da 12 anni. Appartiene a una categoria di cuochi data per estinta dal National Geographic, e invece resiste e lotta: col fuoco. Gli alambicchi ai maghi, i fuochi ai cuochi, ร la guerre comme ร la guerre: รจ Jury Raggini, lo chef rosticciere, prova vivente che le cotture ad alta tecnologia, le piastre a induzione, il microonde, il sottovuoto non hanno avuto la meglio in questa cucina di fuochi ardenti, con tutto lo sciupรฌo di doppi sensi annessi. Brace, padella, griglia, forno, plancha, piastra, i vecchi arnesi del mestiere continuano a prestare servizio per unโidea peculiare dโalta cucina che fa della memoria la scintilla del piatto e della contemporaneitร il traguardo, dove la tecnica รจ speculare allโidea. Cotture primitive che richiedono capacitร di esecuzione millimetrica e riportano lโasse dellโabilitร piรน che sullo strumento, sullโesecutore. Cotture hardcore e mani da reduce, impestate di cicatrici.
โEcco lโaltro mondo. In nessun altro luogo dโEuropa lโaltrove รจ piรน vicino. LโAdriatico รจ il mare dellโinfinitร โ. LโAdriatico vale per Mauro Uliassi quello che il Danubio รจ nella poetica di Claudio Magris. E la lingua comune vale lโacqua, che nel flusso interseca e unisce tracciando la complessa fisionomia del popolo costiero, da Trieste a Manduria: โTutti abbiamo davanti il mare e dietro le terreโ, una pre-condizione geografica che vale come appartenenza ad unโunica koinรจ travasata nella cultura materiale del cibo. Nella babele dei dialetti la gente adriatica ritrova il bandolo di una matassa comune, forme narrative diverse dove โfermenta lo stesso lievitoโ.
Mauro Paolini
La sezione sperimentale di casa Uliassi ha un nome dedicato: si chiama Lab, una delle etichette che tripartiscono il menu. Il Lab ospita le creazioni dellโannata in corso, i piatti freschi di concepimento. Dallโidea al piatto finito si arriva per colpi di genio sparsi come manciate di sale? A volte. Assai piรน spesso il risultato รจ frutto di una liturgia collaudata a lungo e codificata, che si officia a porte chiuse. Sei voci, due regole, quaranta giorni, dallโuno febbraio alla prima decade di marzo (una frazione dei tre mesi di ferie). Le voci: quelle di Mauro Uliassi, Mauro Paolini, Luciano Serritelli, Michele Rocchi, Jury Raggini. Le regole: il voto di ciascuno vale uno; ogni nuovo piatto acquisisce cittadinanza solo se cโรจ unanimitร , altrimenti nisba; il piatto deve essere facilmente replicabile; la materia prima avere un costo sostenibile; il risultato finito deve essere autentico, ovvero ancorato al territorio; deve appagare tutti i sensi, ma soprattutto lโolfatto in funzione di elettroshock della memoria che manco un acido lisergico; tutto quello che viene detto viene scritto, quello che viene scritto viene fatto.
Democrazia da vendere, ma la prima parola se non lโultima spetta al capo, in funzione didattico-terapeutica. โIl lab dellโanno passato lo avranno mangiato mille persone, possiamo riproporlo. Un menu sicuro ce lโabbiamo giร โ, lโincipit รจ rassicurante, smorza lโansia. Il secondo step รจ una domanda sullโesistente: โQuali piatti ci piacerebbe cambiare? Dove vogliamo mettere le mani? O quello che ci ha dato meno soddisfazione?โ. Lavorare su quel che cโรจ, offre un punto di partenza, cancella sul nascere il bianco dalla pagina. Lโalternativa รจ partire da un ingrediente. โLa materia prima deve rispondere ai criteri di semplicitร e autenticitร , non lo famo strano giusto per farloโ. Quando lโingrediente ha conquistato il favore del consiglio, si parte au rebours passando in rassegna tutti i modi in cui viene cucinato nelle ricette della cucina classica, passate letteralmente al setaccio. Da qui si gioca alla scomposizione degli elementi lanciando a turno enne possibili abbinamenti. Quelli che paiono convincenti, avanzano alla prova dei fuochi. A questo punto il gioco si fa duro. Anzi, non si gioca piรน.
Se volete vedere il cuoco piรน rock della scena gastronomica italiana ridere grasso, ecco, accendetegli i Blues bros. Una sequenza in particolare. Sullโaltare James Brown nei panni del reverendo Cleophus James arringa i fedeli a ritmo di gospel. Dirimpetto, proprio in fondo alla navata, ci sono i fratelli Elwood e Jake Blues. Siamo alle battute iniziali della pellicola di John Landis, il faccia a faccia fra soul e blues assume contorni epici: un fascio di luce mistica penetra dalla finestra istoriata al centro dellโabside e colpisce Jake-John Belushi trasformandolo in un ectoplasma tarantolato. Tu hai visto la luce?! La banda!!! Tu hai visto la luce?! Lui ha visto la luce!! Sรฌ!! Gesรน Cristo ha compiuto il miracolo!! Ho visto la luce!!!. โMi รจ successo due volte nella vita di essere colpito da quel fascio di luce lรฌ, una energia assoluta che ha tracciato ineluttabilmente la mia direzione, un magnetismo irresistibile che mi ha condotto da uno stato di vita a un altro completamente diverso il momento dopo. ร accaduto quando ho visto per la prima volta il locale che sarebbe diventato il ristorante Uliassi. E quando ho incontrato la signora Chantal Susanna Sandra (scandisce lentamente, si solleva sulle punte dei piedi, sโimpettisce, ndr) mia moglieโ.
Serritelli รจ Bunny, come il Bugs dei Looney Tunes, questione di incisivi (ormai il nome รจ quello anche in famiglia). Juri Raggini รจ Raggio. Alessio Orlando รจ Orli. Andrea Merloni รจ Merlo. Alessandro Careri รจ Rambo, questione di muscoli. Gli Uliassi, di nome o di fatto, sono una gang o una tribรน. Come gli indiani dโAmerica ciascuno viene ribattezzato a seconda di caratteristiche fisiche o caratteriali, dettagli, ossessioni peculiari. Catia รจ Caterina. Coppari, Ivo. Filippo, Fili. Andrea Gradoni, di sala, fa storia a parte: per tutti รจ Sinclair. Qualche vita fa lavorava in un bar-ristorante-tabacchi ed elaborava insieme ai clienti le schedine del totocalcio, ma lo faceva a mano e spesso con risultati sorprendenti. Dopo aver collezionato una serie di vittorie, un professore lo soprannominรฒ Sinclair, come il modello di uno dei primissimi personal computer ad affacciarsi sul mercato, lโhome pc Sinclair ZX Spectrum. Insomma un cervello elettronico. Provare per credere: se dici Gradoni, non si gira nessuno.
In casa Uliassi persino la lavapiatti ha una carriera da veterana. Olga, nata in Romania, รจ arrivata alla Banchina di Levante nel โ91 e non se n’รจ mai piรน andata. ร sempre la prima ad arrivare al ristorante, ma alla postazione si avvicenda con Laura e Nurul dal Bangladesh, su tre turni. Il suo รจ dunque quello del mattino. โOlga, non mi hai salutato!โ, โMauro, buongiorno!โ, si schioccano un bacio al volo. โRumi, la chiamiamo cosรฌ, lavora con noi da trentโanni e ancora non mette in fila due verbi in italiano al modo giusto. ร forse una questione di economia, non le serve, sa come farsi capire. Lo sanno benissimo i fornitori: passano tutti sotto di lei. Per Olga la bilancia non รจ uno strumento, รจ la sua propaggine. Non la fottiโ.
Col pane non si scherza, anche senza scomodarne tutte le implicazioni mistico-religiose. Se non devozione, richiede dedizione. E quando una cucina dโautore non ha tempo e spazi utili, delega. Il pane di Uliassi da quattro anni in qua รจ quello di Francesca Casci Ceccacci, classe 1985, laurea in Giurisprudenza, master in controllo di qualitร , esperienze pregresse col pane, nessuna. Piccoletta, ciarliera, cocciuta come un contadino marchigiano. Il suo lo chiama pane agricolo, che sembra tautologico ma non รจ: โUtilizziamo farine di grande sapore ma molto poco tecniche, non stabilizzate, di piccoli mulini e sempre in blendโ. Lโavvocatessa mancata presentata sul palco di identitร golose come โuna fuori di testa come lโagnelloโ, ha avuto fegato grosso abbastanza per voltare le spalle alla vita che le toccava, per farsi i pani suoi. Coraggio magnificato in due pagnotte: โIl primo che ho incontrato รจ stato Luciano Serritelli, รจ venuto a trovarmi e mi ha chiesto di realizzare per loro due tipologie di pane. Uno ai semi, con farina di farro e segale, e tantissimi semi tostati dentro (girasole, lino e zucca), questo per loro lo faccio ancora. Lโaltro era un pane alle patate, con farina tipo due e patate bollite che quasi si sciolgono nellโimpasto. La mollica rimane molto umida, lo teniamo a fermentare al freddo a 10-12 gradi, la crosta diventa vitrea, cristallina, croccanteโ. โQuando glieli ho portati erano nel pieno del Lab, il ristorante era chiuso. Mauro mi guarda e mi fa: non ci sono piรน i panettieri di una volta. Giรน risate. Quello del Lab in progress รจ il momento piรน bello dellโanno. I cuochi dietro le porte serrate sembrano maghi a lavoro con pentole e pozioni, impazziti di gioia e creativitร . E io sono impazzita con loro quando Mauro ha assaggiato e cominciato a fare la scarpetta nei piatti che stavano provando con il mio paneยปโ Lโultimo nato รจ un Pane alle alghe, โLuciano mi ha portato le alghe fresche, due metri lunghe, in un sacchetto sottovuoto. Mi ha detto โFrร , vogliamo un pane che sappia di mareโ. Io lโho guardato desolata: โMa non cโรจ un altro assorbente in natura come la farina, vince sempre leiโ. E invece forse no. Abbiamo preso le alghe, erano talmente lunghe che abbiamo dovuto tagliarle a mano perchรฉ non si incagliassero nellโimpastatriceโ. Da lรฌ a poco il pane che sa di mare รจ entrato di diritto nel Lab 2019. โQuando Mauro Uliassi รจ venuto da me io avevo appena cambiato vita e passavo le notti a litigare coi misteri della lievitazione. Non ho ancora smesso. ร una persona che crede nelle persone. Per osmosi, mโha insegnato a credere in me stessaโ.
Al mercato del pesce di Senigallia
Il firmamento di ghiottonerie dโautore acceso nel cielo di Senigallia da Moreno Cedroni e Mauro Uliassi ha innescato un circuito virtuoso per filiazione diretta o indiretta. Lo chef-patron de La Madonnina del Pescatore ha moltiplicato i vessilli come nel primo dei miracoli evangelici (prima il Clandestino Susci bar e poi Anikรฒ street food, cocktails & wine), e nel resto della cittร di certo non si digiuna. Fra le trattorie di tradizione marinara occupa un posto stabile Vino e cibo, un trionfo di sinceritร a partire dallโinsegna. In Piazza del Duca, proprio di faccia alla Rocca roveresca, ha preso posto dal marzo 2018 la cucina di mare di Niko Pizzimenti col suo Sepia, dove le seppie hanno perso una consonante ma ci hanno guadagnato in gusto. Al Nana piccolo bistrรฒ, Michele Gilebbi fa professione di gastro-anarchia servendo Patatas nana, lime e pepe nero ma anche un Baccalร candito e mantecato con contorno di torta di zucca rovesciata che fa resuscitare i colleghi cuochi in pausa-servizio. A proposito di Patatas Nana: malgrado il nome la chip in busta mira alto giร dal packaging, con un total look black&white, fritte in olio di girasole e salate a mano con sale marino in purezza, le patate vengono da Granada, ma il brand รจ senigalliese. Di Pandefrร sโรจ detto (lettera P), ma la rassegna sarebbe incompleta senza il dolce in fondo, ovvero un pit-stop a casa Brunelli, dal gelatiere Paolo, capace di imprimere uno scossone a tutto il settore, riscattando il gelato dalla mercificazione e proiettandolo in una dimensione retro-innovativa (cit. Corrado Assenza): la fattura artigianale, il pensiero avantgarde che si spinge fino a territori del gusto inesplorati. Non solo. Brunelli รจ anche chocolaterie. La Torta Brunelli piรน che una specialitร della casa รจ uno status symbol per golosi cronici: 380 grammi di nocciola di Cravanzana e cioccolato da dividersi in undici porzioni, endecasillabi di golositร tutta italiana.
โLavoravo da ragazzetto in riviera, cโera odore di carbonella nellโaria, era pratica diffusa fare lo spiedino con i gamberi Ecuador, li facevano cuocere sulle caditoie, quelle per drenare le acque piovane, costavano 500 lire lโuno e ne facevamo scorpacciate allโalba di ritorno dalla discotecaโ. ร il 2008 quando Mauro Uliassi pesca nei ricordi quellโodore di brace e feste di riviera, bagordi di una notte mezza estate evaporata come un sogno. Di quellโebbrezza รจ diretta filiazione il Rimini Fest, spiedino di calamaretti ingioiellato di minuscole sfere di citronette allโazoto liquido. Per Enrico Bartolini, un piatto sorprendente: โRimini Fest รจ popolare, elegante, goloso e preciso. ร piaciuto a me ma anche ai miei bimbi, รจ di grande comfort e ritrova il gusto della bella cucina italiana marinara di casa ma fatta da un maestroโ. Roba dallโapparenza pop, alta cucina che si racconta senza ingessature e invita a usare cervello, gusto e mani in un moto sincrono. (โUliassi รจ un fuoriclasse dal piglio concreto, che conosce le tecniche ma non le subisceโ, Enzo Vizzari dixit). Il piatto fece il suo esordio alla Cittร del gusto a Roma per la cena delle Tre Forchette organizzata dal Gambero, lasciando di stucco, fra gli altri, Stefano Bonilli e Marco Bolasco.
Sulla linea Maginot dei cuochi lo scintillรฌo delle tre stelle vale il traguardo oltre il quale non cโรจ piรน niente da desiderare. Ma di stelle ci si puรฒ anche ammalare. Di stelle si puรฒ persino morire. Vogliono dire fama e soldi, ma se sei Mauro Uliassi (decimo tre stelle italiano di undici, dal novembre 2018) vogliono dire anche giorni di riposo guadagnati, un respiro oltre il fiato corto ai fuochi. Insomma, oltre le tre stelle puรฒ esserci la felicitร . โLa nostra vita รจ cambiata, ma quello che vuoi farne, di quel cambiamento, dipende solo da te. Cโรจ un turismo legato ai tre stelle che fa aumentare gli incassi: ci ha consentito di aumentare i prezzi in corrispondenza dellโaumento dei clienti, di chiudere per ben due giorni a settimana. Siamo riusciti ad aumentare il personale, adesso siamo dodici in sala e venti in cucina, tutti quanti a stipendio. Siamo riusciti a moltiplicare i turni e diminuire il carico di lavoro di ciascuno. Lโeffetto collaterale รจ straordinario: la squadra รจ piรน felice, si ritorna al lavoro con gioia e tutto questo ha un effetto a cascata sulla creativitร , sullโenergia che ci mettiamo nel mestiere. ร piรน vita. Riporta la cucina in una dimensione molto piรน sana. Questo รจ un mestiere in cui la gente, per sostenere lo stress, arriva a usare la cocaina. Meglio chiudere tre mesi lโanno, come abbiamo sempre fatto. Ma le tre stelle, non cโรจ dubbio, hanno portato una rivoluzione nel quotidiano. Se sei felice, chiedere altra felicitร รจ pura perversioneโ.
โNella cucina, come nella musica, nella fotografia, la tecnica รจ importante, ti permette dโessere padrone di te stesso, di dominare lโistinto. Ma non รจ tutto. E forse non รจ nemmeno lโessenziale. Vedi Santana: tre note, alla terza ti ha giร fulminato, anche se il suono potrebbe non risultare tecnicamente terso allโascolto di un esperto. O Giacomelli: la sua immagine quasi mai รจ perfettamente limpida, impeccabile, eppure vibra di qualcosa di intangibile che รจ filiazione diretta del talento dal quale invece non si prescinde, che in cucina vuol dire innanzitutto palato. Massimo (Bottura, ndr) รจ uno che ha pieno possesso sia dellโuna e dellโaltroโ.
Pierre in latex, social media strategist in tacchi a spillo, sofisticate tecniche di guerrilla marketing, tric e trac e mail bombing. Niente di tutto questo. Al civico 6 della Banchina di Levante la fauna della comunicazione 3.0 non ha mai avuto diritto dโasilo. Il successo di Mauro Uliassi รจ fatto della stessa sostanza di cui sono fatti lo chef e la sua cucina: sogno, concretezza e zero astuzie, il che non sottintende un difetto dโambizione (vedi lettera E). Di fatto Uliassi รจ lโunico tristellato dโItalia a non essersi dotato di un ufficio stampa, le relazioni con il pubblico sono gestite direttamente dallo chef, la comunicazione รจ figlia di spontaneitร schietta, diretta: fuori da ogni schema, strategia, apparato. Insomma, Uliassi รจ Mauro, quel che appare gli somiglia. Cosรฌ รจ stato fino a ieri. โEntrare nellโempireo della Michelin ha significato (vedi lettera S) una moltiplicazione esponenziale di profferte, offerte, inviti, consulenze. Fino a questo momento sono stato io a gestire le relazioni, e le persone dallโaltro capo del ricevitore felici di poter parlare direttamente con lo chef. Adesso il meccanismo si รจ complicato. Non solo perchรฉ la mole delle richieste รจ impossibile da gestire per una persona sola che fa un lavoro impegnativo come quello del cuoco, ma anche perchรฉ quel rapporto diretto crea una relazione umana che rende difficile, e francamente imbarazzante, gestire la trattativa economica. Per cui credo che sรฌ, dovrรฒ anche io cercarmi un ufficio stampaโ. A meno che Rosa Uliassi โlโintellettuale di casaโ, sorella di Filippo, laureata in Filosofia ed esperta di social media non decida di mettere le sue competenze a servizio dellโimpresa di famiglia, completando lโultimo tassello. Stay tuned.
Le spalline alte, i ciuffoni cotonati al phon che non risparmiarono George Michael e il socio in quota agli Wham. Sposerรฒ Simon Le Bon al cinema e Paolo Bonolis in tv nel pomeriggio di Bim Bum Bam. Gli anni della Pizzeria da Mauro. Un passo indietro, siamo a Senigallia, anni Ottanta, controversi anche per la cucina: gli anni esotici delle Pennette alla Vodka. Uno di quei piatti ultrapop che riesce difficile anche documentarne la primogenitura. Stabilito che sul menu del Vicoletto, un ristorante-pizzeria a pochi passi dalla rotonda-simbolo della cittร adriatica, cโรจ scritto senza spazio alle repliche: โpiatto inventato da Michele Ercole nel 1983 a Senigalliaโ. Non si capisce se il riferimento sia alla variante con gamberetti in particolare o alle Pennette alla vodka piรน in generale. Certo รจ che โMichele Ercole, napoletano dei Quartieri Spagnoli trapiantato qui da 42 anni, รจ stato quello che ha saputo cogliere per primo il cambiamento dei costumi e dei gusti imprimendo un cambio di marcia agli uni e agli altri con i suoi maccheroncini alla vodka, ma soprattutto con il forno a legna: รจ stato il primo a introdurlo da queste partiโ, parola di Mauro Uliassi, โEbbe un successo pazzesco, sfornava mille pizze per sera. Diventammo amici, andavo spesso a mangiare da lui. Non solo: nel mio passato cโรจ stata anche una Pizzeria da Mauro, correva lโanno 1986, la aprii anche se di pizza ne sapevo meno di niente. Michele Ercole mi venne in soccorso mandandomi il suo pizzaiolo che mโinsegnรฒ tutto quello che cโera da sapere. In cambio io gli facevo vedere come si sfilettava il pesceโ.
Michele Rocchi
ร un poโ pop e un poโ porno, fra il gelato dโautore cialda inclusa e la merendina, fra il prodotto di successo del piรน abile merchandising e il lusso per happy few dellโalta cucina. Memorabile sintesi fra il supermarket e le stelle. Si mangia con le mani, per piacere e per forza. Non sporca le dita (forse un poโ lโetica) ma piace anche ai negazionisti del foie gras: perchรฉ piรน goloso del fegato grasso cโรจ solo il fegato grasso che sa di nocciola Piemonte. Come nasce la tavoletta-feticcio del ristorante Uliassi? Lโinput viene dallo chef-patron che da tempo cova lโidea di un wafer salato. Sรฌ, ma come? Siamo nel 2004, dicembre. Michele Rocchi viene spedito in missione al El Celler, dove Mauro Uliassi ha da poco subito la folgorazione del Torrone di foie gras dei Can Roca. Tempo quattro giorni e lo stagista in trasferta (la fortuna quando vuole ci vede benissimo), viene piazzato alla preparazione del Torrone suddetto. Chiama Senigallia: โChef, missione compiutaโ. Rocchi torna a casa a gennaio e prepara la mousse che perรฒ, sulle prime, risulta stucchevole. Riflette. Il pit stop in frigo non basta. Ci vuole uno shock termico ad alto impatto. ร cosรฌ che lโimpasto di foie gras e nocciole colato negli stampini fatti preparare apposta da un falegname di Senigallia, finisce in freezer. Uliassi riunisce i colonnelli per il primo assaggio: โCi siamo guardati come chi ha appena messo la firma sotto un capolavoroโ. Curiositร : il wafer leggendario agli inizi veniva designato in carta come Loacker di foie gras, adoperando il brand in funzione sinonimica come nel linguaggio comune. Il tutto senza che lโazienda altoatesina abbia mai battuto ciglio. E si capisce.
Wafer di foie gras
โMauro racchiude nella sua spontaneitร la bellezza che lo abita. Baciato dal sole esprime in ogni suo gesto la forza del bimbo, contagia di entusiasmo la sua cucina e le persone che lo incontrano. ร un privilegio essergli amicoโ, รจ questo lโx factor che fa la differenza in Mauro Uliassi, umanamente prima ancora che professionalmente, secondo Massimiliano Alajmo. Per Massimo Bottura: โMauro รจ di sicuro una delle persone a cui mi sento piรน legato. Potremmo non sentirci per mesi e poi rimanere al telefono parlando di qualunque cosa. La vera amicizia non si misura in quantitร , con il numero di ore trascorse insieme, ma in qualitร e nella condivisione degli stessi valori. Mi ricordo quando in una chiacchierata delle nostre ci siamo scambiati i ricordi della Rimini anni โ80 e lui dopo qualche giorno ha messo in carta il Rimini Festโ. Piergiorgio Parini: โCosa rende Mauro cosรฌ speciale? La prima cosa a cui penso รจ lโintelligenza di un uomo che sa leggere il mondo, che nonostante i successi รจ rimasto profondamente curioso, che guarda il mondo con gli occhi di un bambino assetato di capire come funzionaโ. โPer spiegare Mauro basta guardarlo negli occhi, sono occhi da bambino, pieni di entusiasmo e di energia โ spiega Enrico Crippa โ. Un gigante anche professionalmente: ha unโinterpretazione della cucina del tutto personale, ha i piedi nellโacqua ma riesce a trattare la selvaggina come nessuno. Io mando spesso i miei ragazzi da lui e viceversa. E fra i suoi miracoli cโรจ anche quello di aver saputo tenere accanto a sรฉ la stessa squadra da tantissimo tempo: รจ un guru che riesce a convogliare le sue energie nelle persone che gli stanno intorno. Una di quelle persone che osservandole pensi: ecco uno a cui vorrei somigliareโ.
Pancotto ricci e mandorle
La giornata di Mauro Uliassi inizia, da almeno ventโanni in qua, con tisana e yoga. โFaccio molta attenzione a come mangio. A 61 anni ho un metabolismo che devo tenere sotto controllo. Mi faccio seguire da un medico sportivo per capire quali esercizi sono compatibili con la mia struttura fisica. Quando vado al ristorante bevo solo tisane, il vino me lo concedo nei momenti che meritano un eccessoโ. A pranzo manda giรน in piedi unโinsalata di Riso rosso, aglio nero, lattuga, olive e seppie, accompagnato da una tazza di infuso al biancospino. Va matto per le castagne e per le ciliegie. E dal 2014 si esercita in pratiche quotidiane di meditazione. โIl mattino รจ il mio momento, meditare รจ un modo per svuotarsi, entrare in contatto con la parte piรน intima di me stesso e avere una visione piรน aperta e ampia di quello che ti sta davanti. ร un caso o forse no, ma mi riesce facile stare un passo indietro. Mi sembra di essermi liberato dellโirrequietezza, di avere un approccio piรน quieto e ponderato alle cose. Sarร un caso o forse no, ma i risultati piรน importanti li abbiamo raggiunti negli ultimi cinque anni, abbiamo ripreso la forchetta del Gambero nel 2014, poi lโen plein di stelle. Grandi traguardi, figli di scelte come quella di non aprire dieci insegne, di migliorare lโesistente e di trovare un equilibrio con la mia vita privataโ.
Il menu di Uliassi รจ pieno di persone. Cโรจ Roberto Petza, il cuoco sardo cui affida la selezione dei ricci di mare. Stefano Callegari, menzione ad honorem allโimperatore del Trapizzino. Cโรจ Catia e la sua selezione di antipasti. Ci sono rimandi espliciti, citazioni, omaggi in trasparenza. Cโรจ stata una Linguina alla Antonio Mattei, compagno di un viaggio in Polinesia al ricordo del quale รจ associato il piatto di pasta secca, granceola, lime e cocco. Ci sono i sincretismi, le relazioni, la varia umanitร di cui la cucina di Uliassi si sostanzia. E naturalmente cโรจ zia Elena. โA Natale ci metteva tutti intorno al tavolo a fare i cappelletti, e se sbagliavi partivano scappellotti e manrovesci. Lei aveva sempre fatto la moglie e aveva voglia e tempo da dedicare alla cucina, e gliene dedicava davvero tantissimo. Una specie di Babette per cui il rituale della tavola non ammetteva sciatterie. Sโapparecchiava a dovere, tovagliolo e porta tovagliolo, il pane caldo, sia a pranzo che a cena. Allo zio toccava dire la preghiera e a noialtri star zitti a mani giunte. ร zia Elena che mi ha insegnato la bellezza della ritualitร del cibo, dandomi unโimpronta italianissima, autenticaโ. A zia Elena sono dedicati i Cappelletti in doppio brodo di cappone, uno eseguito secondo la ricetta classica e lโaltra con brodo arrostito, aromatizzato con chiodi di garofano, ginepro e alloro, piรน un tanto dโolio di Perillร per simulare le chiazze del grasso di tacchina che affioravano in superficie. Un omaggio a tutte le zie dโItalia, al giacimento botanico e di spezie del Mediterraneo, alle feste sullโaia e in cortile, alle paste farcite per magnificare la domenica, alla grandeur mai in posa della grande cucina regionale italiana. Che nelle mani di Mauro Uliassi sa essere se stessa come mai prima di lui.
a cura di Sonia Gioia
foto di Sonia Gioia e Mauro Uliassi
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