Dai laboratori scientifici alle piรน avanzate cucine del mondo, vita e miracoli di penicillium, aspergillus e altri funghi.
Muffa. Secondo i dizionari nome generico attribuito a specie di funghi, anche molto diversi tra loro, che formano un micelio sulla superficie di organi vegetali o animali e di sostanze organiche in decomposizione. La parola deriva dal germanico muff (termine che indicava il manicotto ricoperto di pelliccia): se il significato originario della radice si รจ conservato nell’italiano muffola (che indica una tipologia di guanto), possiamo intuire, perรฒ, come mai abbia dato origine alla parola muffa (che quando ricopre gli organismi diventa della consistenza della pelliccia o del velluto). Nel colore virano dal bianco al grigio, dallโazzurro al nero, sono tipiche e benefiche oppure patogene.
ร, ovviamente, il primo caso che ci interessa: nella vulgata gourmand non รจ inusuale, ad esempio, sentir parlare di botrytis cinerea, la leggendaria muffa nobile che aggredisce l’uva e rende possibile la produzione di pregiatissimi vini dolci, come il Sauternes. Nel regno dei fungi fa parte dellโordine degli ascomiceti, come il lievito di birra (ceppi selezionati della specie saccharomyces cerevisiae) o come la famiglia delle aspergillacee, che comprende, tra gli altri, i penicillium: quelli da cui trae origine la penicillina, direte voi? Si, ma a noi in questa sede interessano perchรฉ sono il genere di appartenenza dei penicillium roqueforti, camemberti o glaucum, insomma i responsabili di quel miracolo del gusto che sono Roquefort, Camembert, Blu d’Auvergne o il nostranissimo Gorgonzola, i grandi formaggi blu (o erborinati) e a crosta fiorita.
I penicillium sono oggi oggetto di sperimentazione in alcune avanzatissime cucine contemporanee, insieme ai loro fratelli, gli aspergillus, il genere di appartenenza della vera superstar della cucina mondiale, il koji (aspergillus oryzae), la muffa che cresce sullโorzo, utilizzata originariamente per alcune delle preparazioni simbolo della cucina asiatica, dal miso al sake. E non solo. Dato che in molti ristoranti, primo fra tutti il Noma di Copenaghen, รจ il principe degli ingredienti preposti a raggiungere il nirvana della cucina, l’agognatissimo umami.
In principio fu una fetta di pane. Marcio. O, almeno, cosรฌ all’occhio appariva. Ed era una provocazione, ovviamente, cibo quotidiano del Mugaritz di Andoni Luis Aduriz, chef basco da sempre dedito a stupire, far riflettere e a rompere i pregiudizi attraverso l’alta cucina. Le fermentazioni erano entrate nella sperimentazione di Andoni da qualche anno e la fetta di pane ammuffita era in realtร un pan brioche inoculato con un penicillium roqueforti: il โpan azulโ del 2014, se respingente alla vista, rivelava al gusto un sorprendente sapore di pane e formaggio, evolutosi l’anno successivo in โpan azul y anchoaโ, un delizioso cannellone di pane erborinato ripieno di acciughe.
A segnare un prima e un dopo, perรฒ, accendendo gli animi del suo pubblico in maniera sensibile, รจ stata, nel 2017, una mela. Biblicamente divisiva. Con il dessert โpodredumbres noblesโ (letteralmente: marciume nobile) Aduriz ha sparigliato le carte rispetto al pregiudizio che vuole assimilare la decomposizione alla spazzatura: allโaspetto una mela imputridita, difficile da considerare commestibile, in realtร farcita dโarancia e colonizzata da penicillum roqueforti e penicillum camemberti, fino a essere completamente ricoperta dal micelio, in pairing con una serie di vini โmuffatiโ, i famosi vini dolci plasmati dallโazione della botrytis cinerea sullโuva, dal Tokaji ungherese al Sauternes. Un accostamento delizioso, teso a superare i pregiudizi, riassunti bene dalle teorizzazioni di Claude Lรฉvi-Strausse sulla dicotomia tra putrido e fresco e sul triangolo culinario, che vede il putrido come trasformazione naturale del crudo (mentre il cotto sarebbe la sua evoluzione culturale).
Sui penicillium si sono incrociati teoricamente e praticamente i cammini di Aduriz e di Terry Giacomello, chef dellโInkiostro di Parma, discussa insegna di cucina dโavanguardia nel regno della piรน radicata tradizione culinaria italiana. Con trascorsi spagnoli di gran caratura in curriculum (dal Bulli al Mugaritz stesso), Giacomello ha lanciato negli anni scorsi il suo personale omaggio alla mela di Aduriz con un dessert che gioca sugli stessi principi: una mela sbucciata e cotta nella calce viva, poi infusa nel lattosio e inoculata con il penicillium camemberti (quella dei formaggi a pasta molle e crosta fiorita, per intenderci) che va a formare una vellutata coltre bianca esterna; l’interno รจ farcito con mela verde al bergamotto e cardamomo. Ma la sua sperimentazione sull’argomento non iniziava nรฉ si รจ fermata alla mela: un cammino cominciato nel 2011 – a quanto riferito da Giacomello in una intervista a Reporter Gourmet – e culminato nella sua personale pietra dello scandalo, di nuovo un dessert, il โLimone dimenticatoโ.
Lโaspetto รจ quello del classico limone che ritroviamo imputridito dopo giorni di dimenticanza del frigorifero, la sostanza tuttโaltra. Sbianchito e candito in acqua e zucchero, il limone viene spennellato con il penicillium roqueforti sciolto nel latte, sottoposto poi ad ammuffimento controllato, per raggiungere la giusta consistenza spugnosa sulla scorza e il sapore piccante, che va a sposarsi con la spuma di farcitura, aromatizzata al limone bruciato.
Un pensiero affine (e anche esperienze condivise, come il passaggio al Mugaritz) unisce Terry Giacomello e Rodolfo Guzman, chef del Boragรฒ di Santiago del Cile, visti insieme recentemente in una cena a quattro mani proprio a Parma. Al Boragรฒ, affiancato da un centro di ricerca che lavora strenuamente sulla biodiversitร cilena e sulla ricerca di materie prime autoctone ed endemiche (alla stregua del Mater Iniciativa di Virgilio Martinez), oltre che su tecniche e usanze 100% cilene, da qualche anno si investiga sull’argomento muffa, con sperimentazioni sui piรน svariati ingredienti: ma piรน che per estetica o texture, per raggiungere la proteolisi (degradazione delle proteine attraverso gli enzimi) che conferisce il gusto umami e puรฒ rendere gli alimenti piรน digeribili. A partire da un pomodoro nativo di Limache, trattato proprio come un formaggio, o da una chirimoya โ frutto raro, risalente alla civiltร Inca, cremoso e zuccherino โ tutta ricoperta di spore: โNon siamo interessati tanto all’aspetto esteriore, quanto al gusto umami sviluppato dalla proteolisi nella polpa, follemente deliziosoโ, scrive sul suo instagram Guzman che utilizza il frutto trattato in abbinamento a un dessert cileno, la โchirimoya alegreโ, con chirimoya e succo d’arancia.
Nella comunicazione del suo lavoro, cosรฌ come cerca di spostare l’attenzione dal semplice aspetto respingente del cibo ammuffito al sapore che con questa tecnica si raggiunge, Guzman utilizza il termine scientifico โFungiโ al posto di muffe. โIl controllo della proteolisi in sรฉ โ sostiene lo chef cileno โ puรฒ diventare piรน complesso della fermentazione o del semplice far aderire il fungo al vegetale (che sicuramente ha anche un buon risultato). Preferisco usare la parola โfungiโ poichรฉ la muffa รจ sempre associata alla decomposizione delle verdure. Quelli su cui noi ci siamo concentrati sono soprattutto quelli che l’occhio umano non puรฒ facilmente vedere ed รจ affascinante, sempre per la ricerca di nuovi saporiโ. La tecnica utilizzata resta invisibile nei piatti, come nel pomodoro di fine estate condito con il โpomodoro-formaggioโ e i suoi succhi, quel che importa รจ il sapore, in questo caso un’incredibile accoppiata di umami-amaro.
Se la ricerca del Boragรฒ ha approfondito molto la reazione di vegetali e frutta, la carne non รจ un ingrediente meno studiato. Tra le sperimentazioni portate avanti nel laboratorio cileno, un’anatra rapidamente affinata nel koji, che muta nel sapore (molto floreale) e nella struttura, con risultati che preannunciano ulteriori potenzialitร di questa tecnica. Potenzialitร , per altro, giร carpite โ da un estremo all’altro del mondo โ da Giuliano Baldessarri all’Aqua Crua di Barbarano Vicentino. Lo chef parte da una grande passione per l’universo delle fermentazioni, oggetto di crescente attenzione nel suo ristorante, e ha creato scalpore, nel corso di quest’anno, servendo in menu un piatto denominato โLa Muffaโ, un controfiletto di Fassona inoculato con penicillium candidum o camemberti e stagionato per quattro settimane alla temperatura controllata di 20 gradi. Qui la tecnica รจ tutt’altro che nascosta: una fitta coltre bianca ricopre il rosso della carne bovina, l’azione del fungo muta la consistenza del filetto crudo, che va ad avvicinarsi a quella di un salume, la delicatezza del sapore si potenzia con le note di formaggio.
Con i penicillium ha sperimentato anche Mattia Baroni, chef di stanza, dalla scorsa primavera, al Bad Schรถrgau di Sarentino, piccola valle a nord di Bolzano dove, grazie alla sinergia con il patron Gregor Wenter, si stanno condensando le ultime tendenze della gastronomia internazionale. Con la LaFuGa (Laboratory for Future Gastronomy), Baroni lavora su fermentazioni e affini, per una cucina sana e vitale, basata sui principi della probiotica. Nel piccolo laboratorio a 35 gradi c’รจ molta vita, tecnologia e poco spettacolo tra phmetri, rifrattometri digitali, vari contenitori di garum, miso e, soprattutto, koji. Quasi tutto nasce in effetti dal koji e dall’azione del tempo, senza forzature. Alla base cโรจ sempre la ricerca dellโumami e del potenziamento del sapore, della digeribilitร degli alimenti, ma anche unโottimizzazione dei processi di cucina con la circolaritร delle materie prime. Anche attraverso il recupero di tecniche ancestrali. ยซStudiare cosa facevano le popolazioni in passato e poi applicarlo al momento e al luogo in cui si opera, รจ la stessa la filosofia da cui รจ nato il Noma, poi fraintesa con gli insetti e il restoยป, sottolinea Baroni raccontando la genesi di alcuni piatti. Fonte dโispirazione per la โpolenta con le pereโ, ad esempio โ preparazione che sfrutta lโazione del penicillium sulla polenta โ รจ stato il โkishk al khameerโ, antica specialitร di recupero di Libano e Medio Oriente. Il bulgur avanzato veniva assemblato in palline, lasciato seccare e fermentare finchรฉ non fosse ricoperto di muffa, raggiungendo aroma e struttura di formaggio e sapore piccante: polverizzato o reidratato, era poi utilizzato come insaporitore per altre preparazioni. โร quello che giร facciamo con i garum, ad esempio. Comunque dopo aver letto del kishk al khameer ho sperimentato con la semola: molto interessante, ma, dato che nella nostra cucina spesso avanza la polenta, รจ su questa che abbiamo puntatoโ. Tradizionalmente come starter della fermentazione si aggiunge lo yogurt: โNoi abbiamo provato col kefir e poi con il koji. Giร cosรฌ assumeva aroma di Parmigiano, con delle note acide che ricordavano quelle di un erborinatoโ. Ecco che entra in gioco il penicillium, anche se non si vede: โNon facciamo formare il blu. Le muffe non sempre arrivano in fase vegetativa e questo non esclude che ci siano: basta guardarle al microscopioโ. Da qui รจ stata quasi naturale lโaccoppiata con la pera (sottoposta a blackening, a 64 gradi per 5 settimane), a ricordare il formaggio con le pere.
Baroni non รจ un penicillium addicted, non considera solo uno dei vari strumenti possibili: โDei tanti Penicillium, il Roqueforti รจ uno dei pochi a essere utilizzabile in cucina, ma รจ difficile da far crescere e apporta un sapore che non va molto oltre la muffa in sรฉโ. Infatti, come dicevamo, a Bad Schรถrgau รจ il koji a essere protagonista: โNon per il sapore della muffa, ma per tutto quello che riesce a creareโ. Le spore dei vari Aspergillus utilizzati in cucina (come oryzae e luchuensis) vengono acquistate in Giappone, dove sono un simbolo nazionale: โSono molto versatili perchรฉ creano lโattivitร enzimatica, a partire da amilasi e proteasi: questo รจ cibo vivo, che fa bene, difficile da produrre a livello industrialeโฆ Non mi interessano le ricette in sรฉ, mi interessa il metodo, la diffusione della conoscenza su alcuni processi naturali che possono avvenire in cucinaโ. Approccio che non ha lasciato indifferenti le istituzioni altoatesine: โAbbiamo l’appoggio del Noi Techpark, centro di ricerca finanziato dalla Provincia Autonoma, tra i piรน avanzati dโEuropa. Sono affascinati da ciรฒ che facciamo e dal fatto che in cucina lavoriamo con metodo scientificoโ.
Ed eccolo il lieto fine di questa storia: delle semplici muffe si pongono al centro delle relazioni tra cuochi, ricercatori, istituzioni, universitร e enti locali. A metร tra scienza, cucina, cultura e artigianato. Allโesatto confine tra tradizione e innovazione.
a cura di Pina Sozio
disegni di Marcello Crescenzi
Articolo uscito nel mensile di Gennaio del mensile del Gambero Rosso.ย Il numero lo potete trovare in edicola o in versione digitale, su App Store o Play Store
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