Sorriso sornione, la “R” arrotolata tipica del romanesco d’una volta, la risata contagiosa, e quel bagliore di derisione negli occhi celesti. Attore estroverso e mondano, ma molto geloso della sua vita privata, veniva spesso dipinto come un uomo avaro, ma era solo un pettegolezzo. Alberto Sordi, amante della tavola semplice, soprattutto della pastasciutta, in un programma televisivo, descrive la sua domenica tipo: passeggiate, messa e poi un piatto unico: la famosa “magnata alla romana”, che è un’istantanea del personaggio (e di un’epoca) che ci manca tanto.
Il palato di Sordi non era quello di un VIP: niente ostriche e champagne, meglio un piatto di pastasciutta, che mangiava tutti i giorni. La domenica specialmente, celebrava la sua pietanza preferita con un “rituale”. Ospite da Pippo Baudo a Domenica in nel dicembre del 1980, per scusarsi col pubblico di non essere mai stato ospite della trasmissione, malgrado i ripetuti inviti, racconta il motivo spiegando la sua domenica in un monologo epico. Nell’intervista delle Teche RAI, Sordi spiega con dovizia di particolari questo rito. «Io sono romano e la domenica compio un’azione che non mi permette più di muovermi: la magnata alla romana», racconta a Baudo. «La domenica mattina mi alzo verso le otto e mezzo, mi bevo un caffettino poi esco, mi faccio una passeggiata, e vado a messa. Poi finita la messa ritorno a casa, leggo un po’, sbrigo un po’ di corrispondenza, e all’una precisa mi metto a tavola. Quello che mangio te lo dico subito, perché è sempre la stessa cosa da quando sono nato: la pastasciutta».
«Ma c’è pastasciutta e pastasciutta» precisa Sordi. «Quella lunga, quella corta, quella grossa: rigatoni, conchiglioni, bombolotti, bucatini: ogni settimana io cambio. La salsa di pomodoro varia secondo il tipo di carne: involtini, polpettine, brasato tagliato a fettine. In un altro tegamino si cuociono dei fegatini, sempre nella salsa di pomodoro, e nell’altro tegamino dei filetti di melanzane, sempre con la salsa di pomodoro. Tutti questi ingredienti aspettano che si cuoce la pasta. Se poi è stagione invernale», aggiunge, «allora si mette uno strato di ricotta prima di versare la pasta. Poi si versa la pasta, è poi tutto il resto sopra» ridendo, si rivolge al pubblico, «V’ho fatto venì fame, eh?»
E prosegue con la ricetta, «Poi una spolverata di parmigiano, e questo io lo chiamo “piatto unico”. Oddio, se c’è qualcuno un po’ leggerino, malato di stomaco, non glielo consiglio, ma comunque una volta alla settimana, di domenica si può fare». Il rituale continua: «Con calma, la prendo per il suo verso. Un’ora, un’ora e mezza ci metto per consumare questo piatto unico. Poi mi alzo – molto lentamente – mi sdraio su una poltrona, m’accendo una sigaretta, bevo un liquorino, e guardo la televisione, e vedo a te».
Tanto quanto amava la pastasciutta, Sordi aveva delle vere e proprie avversioni per altri cibi. Nella biografia Alberto Sordi segreto, firmata dal cugino Igor Righetti, sono riportate alcune sue manie. La pasta sempre, ma mai in bianco; no piatti pasticciati, bandite quindi panna e besciamella. Amava il pesce, ma non voleva che gli venisse servito già pulito dalle lische. No secco ai funghi che lo terrorizzavano, temendo fossero velenosi.
«Per un’ora io sto attento e divertito davanti alla televisione. Poi me prende come un torpore, mi si annebbia tutto, sento suoni di campane, echi di organi, di flauti lontani. Allora mi alzo con un sorriso, mi avvio in camera da letto, mi spoglio, mi metto in pigiama, e mi ficco sotto. Spengo la luce e perdo i sensi».
«Dopo due ore e mezza, anche 3 ore, mi sveglio un po’ rincoglionito – ma molto riposato – accendo il televisore che sta in camera e tu stai sempre là, e io mi rammarico di non essere mai venuto. Ma vedi che con delle abitudini del genere, la domenica io proprio non mi posso muovere. Non ho avuto mai una moglie che ha cambiato questa mia abitudine, ho fatto sempre il comodo mio perché sono in piena libertà, e queste abitudini le ho conservate, come vedi, fino a oggi».
Dopo una vita lunga e straordinaria, solo in parte raccontata dai rotocalchi, Sordi (che non amava essere chiamato Albertone) si addormenta l’ultima volta il 24 febbraio 2003, e l’Italia perde per sempre un pezzettino di allegria.
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