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Prima Israele, ora il Canada. Il latte coltivato potrà essere venduto

La proteina usata per produrre il latte coltivato è stata autorizzata da quattro amministrazioni sanitarie diverse. L'ultimo via libera arriva dal Canada, che potrà ora commercializzare i nuovi prodotti

  • 09 Febbraio, 2024

Prima Israele, ora il Canada. Se la carne coltivata è oggetto di discussione un po’ ovunque, di pesce o latte coltivato si parla ancora poco. Ma la startup israeliana Remilk nel progetto ha creduto fino in fondo e ora anche il governo canadese ha dato il via libera per l’uso e la vendita della proteina che riproduce quella del latte vaccino, la beta-lattoglobulina (BLG), ottenuta senza lo sfruttamento degli animali.

Il latte coltivato in Canada

«Il Canada è un mercato importante per noi e siamo orgogliosi di essere i primi a entrarvi con l’opportunità di offrire un’esperienza casearia senza pari», ha dichiarato Aviv Wolff, cofondatore e ceo di Remilk. Il suo è un progetto nato nel 2019 con l’intento di riprodurre le proteine del latte attraverso un processo di fermentazione a base di lievito.

Questo non significa che il sapore sia identico a quello del latte vaccino, «quasi uguale» dicono dall’azienda, ma sicuramente può essere un’ottima alternativa per chi non può consumare proteine del latte, lattosio o chi semplicemente non vuole sostenere il sistema degli allevamenti.

Approvato il latte coltivato da 4 paesi

In Israele la produzione è partita a maggio 2023, con il supporto del premier Benyamin Netanyahu, che in visita allo stabilimento di Remilk ha definito il progetto come «l’inizio di un balzo in avanti, una pietra miliare in un’area in cui Israele è già un leader tecnologico». Ora tocca al Canada sperimentare con latte, gelato, yogurt, formaggi coltivati, mentre un anno fa la Food and Drug Administration statunitense ha rilasciato all’azienda la «No Questions Letter», ovvero il via libera per usare l’ingrediente in questione.

L’okay è arrivato anche da Singapore, per un totale di quattro approvazioni da parte di amministrazioni sanitarie nazionali, che hanno condotto «esami approfonditi sulla nostra proteina», spiegano dall’azienda. Sempre con risultati positivi, che l’hanno ritenuta «equivalente alla sua controparte tradizionale».

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