Il pasticcere più famoso d’Italia, Iginio Massari, replica all’infinita polemica che da giorni riguarda le sue chiacchiere (qui la ricetta) vendute nei suoi negozi a 100 euro al kg, prezzo giudicato da molti troppo elevato per il tipo di prodotto. «Sa qual è la differenza tra caro e costoso? Caro si dice di un prodotto che non vale il prezzo che ha. Costoso si riferisce a qualcosa di eccellente che non tutti si possono permettere. È la stessa differenza che c’è tra una persona idiota e una intelligente: restano due esseri umani che, però, sono distanti anni luce», dice Massari al Corriere della Sera.
Qualche addetto ai lavori le ha paragonate a un articolo di lusso. «Le persone che lo sostengono sono male informate», dice il pasticcere nell’intervista. Guardando al prezzo: «Vero, detta così può fare impressione: 100 euro al chilo sono tanti, specie per un dolce che viene ritenuto tradizionale. Ma tradizione non significa banalità né scarsa qualità. Il nostro obiettivo, mio e dei miei figli, è valorizzare un alimento storico, facendolo nel miglior modo possibile. Alla fine, una porzione di chiacchiere costa come un cappuccino e una brioche: un prezzo più che equo per un prodotto artigianale di alto livello».
Massari si mette a fare i conti pur di spegnere le polemiche: «Ogni nostra chiacchiera pesa tra i 10 e i 15 grammi. Questo significa che una porzione normale di tre chiacchiere arriva a 40 grammi circa e costa 4 euro, mentre una porzione abbondante di 5 costa 6 euro». Polemiche gratuite, quindi? «Esatto. Socialmente e logicamente. Socialmente perché sono fini a loro stesse: se non portano a un confronto costruttivo, ma a una controversia, non si va da nessuna parte. Logicamente perché il valore non dipende dal peso». Secondo il pasticcere, «il volume di un chilo di chiacchiere è considerevole e decisamente fuorviante se rapportato a un consumo familiare standard».
Massari, insieme ai due figli Debora e Nicola, preparano le chiacchiere artigianalmente: «Le stendiamo a macchina fino a uno spessore di 2 millimetri, poi le tiriamo a mano per renderle ancora più sottili. Se le posa sopra il quadrante di un orologio, leggerà l’ora. Quindi le friggiamo in olio di alta qualità. Una volta fritte, le mettiamo in verticale affinché l’eventuale olio in surplus scivoli via. Un processo certosino che richiede l’attenzione di sei persone: una che tira la pasta, tre che la modellano e due che cuociono le chiacchiere man mano che vengono realizzate. Passaggio importantissimo per evitare che si arriccino».
L’olio è uno degli elementi che più incidono sul food cost del prodotto: «Cambiamo 100 litri ogni due ore. Lo scartiamo quando gli iperossidi sono ancora lontani dal punto di ossidazione. In questo modo riusciamo ad evitare che si formi la creolina, sostanza nociva per l’organismo». Insomma, nessuna operazione di marketing, assicura Massari che conclude: «Certa gente, ignota, prova interesse per il nome Massari. E così si procaccia visibilità. Direi che la vera operazione di marketing è questa».
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