Giusto qualche mese fa, uno studio pubblicato sulla rivista americana Pediatrics accendeva il dibattito sui kidinfluencers, le giovani celebritร di YouTube che intrattengono i propri coetanei con clip subdole e accattivanti, promuovendo il consumo di cibo spazzatura. Facile riconoscerli: sfiorano i 30 milioni di fan e pubblicizzano senza sosta snack dolci e salati, dagli hamburger alle merendine infarcite di zuccheri. Vista la popolaritร , non sorprende che queste piccole star del web rappresentino un utile mezzo di comunicazione per i colossi del junk food, disposti a pagare profumatamente i loro video (visualizzati in media 48 miliardi di volte). Il problema, perรฒ, non si limita allโAmerica: basta qualche click per appurare l’esistenza di casi analoghi in Italia, dove i dati piรน recenti sull’alimentazione infantile sono tutt’altro che incoraggianti; secondo la Societร Italiana di Pediatria, infatti, ad oggi 2 bambini su 10 risultano in sovrappeso, e 1 su 10 รจ obeso. Ma lo schermo del computer non รจ l’unica fonte di insidie: a confermarlo, uno studio condotto da due istituti di ricerca italiani sul contenuto e la frequenza degli spot pubblicitari trasmessi da alcuni canali TV per bambini e adolescenti (e sarebbe interessante espandere).
Fresca di pubblicazione sul Public Health Nutrition Journal, lโindagine italiana sugli spot per lโinfanzia conferma che la televisione รจ ancora molto lontana dal proporre contenuti adeguati al livello di consapevolezza degli spettatori. A raccogliere e analizzare i dati, i ricercatori dellโIstituto di Ricerca Farmacologica Mario Negri e dellโIIPH (Italian Institute for Planetary Health) di Milano, che tra ottobre 2016 e gennaio 2017 hanno registrato piรน di 180 ore di trasmissioni sui canali preferiti dai bambini: Rai1, Rai3, Canale 5, Italia 1, La7 e Boing. Il risultato? Tanta, troppa pubblicitร dedicata al cibo, con un focus specifico sugli snack meno salutari della grande distribuzione.
I dati, commentati dal portale di letteratura scientifica Pubmed, lasciano poco spazio allโinterpretazione: nel campione preso in esame, su un totale di 810 annunci consecutivi, 90 (lโ11%) sponsorizzavano prodotti alimentari per la fascia piรน giovane dei consumatori; fra questi, lโ84, 5% risultava inappropriato rispetto agli standard imposti a livello europeo dal modello indipendente per lโalimentazione dellโOrganizzazione mondiale della sanitร (WHO-ENPM). Inoltre, secondo gli studiosi, il 55, 6 % violava esplicitamente i criteri nutrizionali stabiliti dal protocollo delle aziende leader nel settore dellโUnione Europea (EU-PNC). Stando alle conclusioni dei ricercatori, dunque, il 70% degli intervalli che spezzano la programmazione incoraggia i bambini a consumare cibi confezionati di dubbia qualitร , dalle merendine alle bevande zuccherate: di alimenti freschi e nutrienti, nemmeno l’ombra.
Per fortuna non tutti i canali TV seguono la stessa prassi: come ha sottolineato la nutrizionista pediatrica della Fondazione De Marchi Silvia Scaglioni, coautrice dell’articolo pubblicato sulla rivista britannica, un esempio virtuoso รจ quello di Rai Yoyo, che da maggio 2016 ha rimosso dal proprio palinsesto tutte le inserzioni a scopo commerciale. Nel frattempo, con la speranza che questa inversione di rotta possa coinvolgere anche le altre emittenti, gli studiosi lanciano un appello alle istituzioni. Per riprendere le parole di Silvano Gallus, epidemiologo dellโIstituto Mario Negri e dellโIIPH: โIn unโepoca in cui lโofferta di mezzi di comunicazione รจ crescente e accessibile a un pubblico sempre piรน giovane, รจ necessaria una rigida vigilanza e unโauspicata regolamentazione delle pubblicitร che vi sono trasmesse, per tutelare le generazioni future da una cattiva educazione alimentareโ.
Per maggiori informazioni: www.marionegri.it / Pubmed
a cura di Lucia Facchini
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