Certosa District: l’area dismessa di Milano che riparte dal vino (naturale)

2 Lug 2023, 14:58 | a cura di
Apre a Milano Certosa District, un progetto di rigenerazione urbana che ha nel cibo e nel vino (quello naturale) uno dei punti chiave

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Lo si riconosce da lontano, annunciato da quel murales lungo 57 metri progettato da CamuffoLab che delimita la Forgiatura, campus integrato di 30mila mq in un'area industriale un tempo dismessa. Siamo a Milano, zona nord ovest, quartiere Certosa. È qui, con la stazione a un passo, che un progetto di rigenerazione urbana ha trasformato il polo di produzione in distretto dell’innovazione, grazie a un progetto di co-factory che vuole riportare l'industria in città ma con un format innovativo di fabbrica green condivisa, con robot con braccio antropomorfo, stampante 3d, aree per prototipazione e start up, che in un futuro non lontano avrà anche spazi espositivi e per l'intrattenimento, e ora promette di creare uno dei più interessanti esperimenti ristorativi italiani.

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Certosa District. La Forgiatura. Foto: Tornanti

Certosa district: la storia

Il progetto Certosa District prende vita una dozzina di anni fa, quando una società di sviluppo immobiliare comincia l'opera di rianimazione dell'area, circa 100mila metri quadrati nel quadrante compreso tra via Varesina, via Giovani da Udine e via Barrella, non un unico lotto, dunque, ma spazi diffusi su un'area circoscritta, che impongono interventi con tempistiche e modalità diverse. Con un investimento che a oggi è oltre i 300 milioni di euro, ma a progetto concluso – tra 3 o 4 anni – si muoverà intorno al mezzo miliardo. Si comincia creando i primi spazi direzionali, gli uffici oggi sedi italiane di alcune multinazionali, e poi lab di innovazione, cui si aggiungono man mano spazi residenziali, aree verdi, luoghi di intrattenimento e ristorazione, senza che nulla venga lasciato al caso, ma con una regia a dirigere il tutto. È quella di RealStep Sicaf, società guidata da Stefano Sirolli e partecipata da Pietro Guidobono Cavalchini e Francesco Sironi, la stessa che un quarto di secolo fa ha dato vita alla rinascita di Tortona per intenderci, circa 300mila mq oggi centro nevralgico della moda e del design, un tempo spazi in disuso. “Siamo rigeneratori urbani di aree che hanno complessità varie, ambientali o urbanistiche” spiega Vincenzo Giannico, 34enne direttore generale della società, che semplifica: “acquistiamo immobili dismessi e operiamo bonifiche e reindirizzazioni” in maniera diretta o con convenzioni, cercando quanto più possibile di mantenerne il carattere originario. Con il plus – in questa circostanza - di una conoscenza acquisita nel tempo che consegna una prospettiva molto chiara, “quando abbiamo fatto Tortona, non eravamo consapevoli: in quel momento c'erano delle opportunità e le abbiamo colte, senza la visione di insieme che oggi abbiamo”.

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RealStep. Vincenzo Giannico. Direttore Generale Certosa District

Oggi si definiscono developer con know how rigenerazione che consente loro di intercettare i bisogni e offrire servizi, attraverso i tenent che si insediano, che sono non solo aziende, ma anche singoli imprenditori, ristoratori, galleristi. “L'obiettivo” spiega “è crescere e continuare ad acquisire metri quadri con un mix funzionale e così che le persone possano avere qui tutto il quotidiano e immaginarsi nel quartiere. Quel che conta” continua “è la comunità che si insedia nello spazio”. E in questo, un ruolo di primo piano ce l'ha la ristorazione. E qui arriva il bello, perché è proprio sul cibo che si esprime una visione chiarissima.

Certosa food district. La scelta dei ristoranti

Responsabile del progetto food è proprio Giannico, appassionato di cibo – ottimo cliente e buon cuoco casalingo – che dice: “la ristorazione è un asset strategico per la rigenerazione di un distretto”. Soprattutto se sviluppata con coerenza attraverso ristoratori che condividono idee, stili, prospettive. Al punto da definire una sorta di manifesto cui i tenant devono aderire con una clausola nel contratto che riguarda un approccio che punta alla sostenibilità, e passa anche per birre artigianali e vini naturali, su cui continua il dibattito in seno alle nostre comunità e a cui sono devote molte delle insegne più interessanti di Milano. “Non obblighiamo nessuno, ma gli imprenditori sono tutti allineati”. Così, con i possibili locatari Giannico parla di vino. Insolito che un operatore immobiliare entri così tanto in dinamiche ristorative: “pensiamo che abbiano molto valore, e idealmente crediamo che questo sia fare le cose per il futuro” spiega. “Umanismo immobiliare” lo chiama.

RealStep_Certosa District_murales in via Varesina (c) Fotografo Tornanti

Certosa District. Murales in via Varesina. Foto: Tornanti

Determinante in tal senso l'incontro con Hippolyte Vautrin, proprietario di Røst e Kanpai, che ha sposato il progetto sia come consulente business food, sia come imprenditore dato che qui ha aperto il suo terzo ristorante, Lafa.Con Hippolyte abbiamo questa sinergia, mi fido del suo giudizio che mi è indispensabile per frenare il mio entusiasmo” racconta. Parte del lavoro consiste nella selezione dei locali, niente grandi marchi del food, quelli che spesso dominano la scena di hub aggregativi: “non abbiamo nulla contro le catene, che hanno una loro funzione nella società; anche se per noi è più lungo scegliere i singoli locali, ma lo spazio che immaginiamo va verso un'altra tipologia di offerta, quella della ristorazione indipendente, con imprenditori e chef che hanno girato l'Europa e che stanno aprendo un secondo locale o un nuovo format” insomma: “persone che hanno tecnica, formazione e basi per correre da soli, hanno una visione moderna e dinamica, informale ma di alta qualità e hanno una forte capacità di aggregare una comunità che ne condivide le istanze”.

La dimensione del progetto è quella di quartiere ma capace – se se funziona – di richiamare persone anche da fuori, perché ci sono posti per i quali la gente si sposta. “Crediamo si possa creare un movimento interessante per un certo tipo di persone, come quelle che lavorano qui e magari vorranno anche abitare qui e vivere il distretto”. E chissà che non si possa replicare anche altrove? “Prima dobbiamo consolidare e completare questo progetto, quando sarà un business case - speriamo lo diventi - saremo pronti a esportare il modello adattandolo, inserendo nuove direttrici di caratterizzazione. Non escludo ci saranno altri distretti in giro per l'Italia” continua “la filosofia in generale è la stessa, ma ogni rigenerazione ha una storia a sé” nata da spunti diversi, spesso dati dalla lettura del territorio.

crosta varesina

Loste e gli altri locali

Il taglio del nastro la prima settimana di luglio con Loste Caffè con una parte di lab che interpreta dal punto di vista gastronomico il concetto di innovazione e sperimentazione di questi spazi, seguito da Apecesare, uno street food di tradizione romana in via Varesina 162, Lafa di Vautrin al civico 204 e poi da Crosta di Giovanni Mineo e Simone Lombardi. Non finisce qui: “ne abbiamo N in negoziazione: saranno una ventina entro il 2026, scelti con attenzione e solo dopo tante visite, tutti con la stessa visione e filosofia”. Anche se la differenza vera poi la fanno le persone. E poi i vini naturali. Ma perché? “Guada chi li consuma: giovani, in carriera e in crescita economica, con un livello culturale alto: è quello il target a cui vogliamo rivolgerci, credo sia perfetto per qualsiasi operatore che voglia immaginare la città del futuro”. Mai pensato che il vino naturale possa essere una moda? “Non penso sia un'ondata che si può esaurire, ma un paradigma che cambia lo status quo. L'attenzione che hanno le nuove generazioni verso l'ambiente è cresciuta e così certe scelte sono entrate nelle abitudini, e ancora è un mercato piccolo rispetto a quello potenziale”. Un esempio che di nuovo arriva dall'estero: “A Parigi, negli anni il tasso di produzione e consumo di vini naturali è aumentato anche il 10% l'anno, un trend che deve far ragionare a chi affitta spazi”. Non parla di immobili, ma di visione, “il resto è una conseguenza”.

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