Hanno un alto valore ecologico, per dimensioni, età, morfologia, rarità della specie. Sono spesso habitat per alcune specie animali e hanno un’importanza storica, culturale e religiosa per i contesti territoriali. Sono gli Alberi monumentali d’Italia. Il Ministero dell’Agricoltura li ha catalogati in uno specifico elenco, che viene aggiornato di anno in anno. Nell’ottavo refresh della lista nazionale, ne sono entrati ben 95, che portano il patrimonio italiano a 4.749. Patriarchi verdi che vanno custoditi gelosamente, anche perché per molti territori rappresentano un contributo all’attrazione dei turisti.
Tra i nuovi iscritti, fa sapere il Masaf, ci sono il doppio filare di 163 robinie pressoché unico per sviluppo e integrità, lungo circa 470 metri, nel Comune di Castelnuovo Don Bosco; il noce del Caucaso nel Comune di Campiglione Fenile (Torino), con una circonferenza di 195 cm e un’altezza di circa 26 metri, con un ramo che si protende quasi fino a terra, di fronte a una villa storica; l’abete bianco di Paularo (Udine) che, con una circonferenza di 332 cm e poco più di 53 metri di altezza, è l’albero autoctono più alto d’Italia; l’ippocastano del Comune di Prepotto (Udine), nel convento dei frati cappuccini, con un età approssimativa di 150 anni e una circonferenza di 305 centimetri.
Le Regioni con il maggiore numero di alberi monumentali sono il Friuli Venezia Giulia (543), la Lombardia (431) e la Sardegna (426), mentre per quanto riguarda i Comuni spiccano Napoli (53), Caserta (51) e Trieste insieme a Priverno (48). Le specie più numerose sono la roverella (616 esemplari) e il faggio (251).
In foto la vite Versoaln (Castel Katzenzungen, in Alto Adige) che copre da sola una superficie di 300 metri quadrati
<<<< Questo articolo è stato pubblicato su Trebicchieri, il settimanale economico di Gambero Rosso.
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