Frutto di vitigni anche sconosciuti coltivati da centinaia di piccoli coltivatori in minuscoli appezzamenti, il Gragnano รจ un vino che nasce sopra i 500 metri di quota da appezzamenti a tuffo sul mare della Penisola Sorrentina. Citato da Soldati e Totรฒ, รจ vino giovane (ma non novello), rosso da bere frizzante e freddo. Magari con pizza o panuozzo. Un vino strettamente di terroir, considerato “minore” ma di grande piacevolezza e bevibilitร . Un vino decisamente non omologato che abbiamo approfondito nel mensile di dicembre del Gambero Rosso.
Dovremmo riuscire a raccontare il Gragnano senza citare Totรฒ in Miseria e nobiltร , per evitare di stigmatizzare un vino tanto letterario (e contadino) in una sola battuta, seppur pronunciata dal gigante che piรน veicola Napoli nel mondo. Gigante si chiamava di cognome il Giacinto pittore, incisore partenopeo che alla metร dellโOttocento scrisse “il vino di Gragnano, per antonomasia dette il nome a tutti i vini del napoletano, sicchรฉ bastava dir Gragnano per intendere un vino fragrante, limpido, abboccato (…) e di vitigno, non artificiale”, e ancora “di color granato, chiaro, odoroso e te ne puoi bere due bocce senza tornare a casa ubriaco”, ma su questo non tutti metterebbero la firma.
Mario Soldati, potremmo non citarlo? Parlรฒ di “profumo vinoso e campestre; frizzantino, e quando giovane addirittura spumoso di una spuma che calava subito e subito spariva per sempre; pastoso, denso ma allo stesso tempo scivoloso: come un lambrusco di piรน corpo, come un barbera di meno corpo”. E ancora: “nonostante il colore, non va bevuto a temperatura ambiente, ma freddo, e freddo di cantina, naturalmente, mai di frigorifero”, anche se un passaggio in cella, beh, perlomeno in estate non gli fa niente male, sarร che le cantine non sono piรน quelle di una volta.
Sempre giovane, mai novello, รจ il vino dei monti Lattari e della penisola sorrentina, della Valle dei Molini e della pasta di semola, di Napoli, della pizza e dโoโ panuozzo: lโimpasto รจ lo stesso, a Gragnano prende la forma di un panino allungato e lo si toglie dal forno, lo si apre a metร e lo si lascia freddare un pochino, quindi lo si farcisce (imperversano salsiccia e provola) per poi rimetterlo a cuocere: tosto, ma buonissimo. Ed รจ il vino delle terre vulcaniche, che apri la bottiglia e fa un Vesuvio da sรฉ, il nettare degli antichi greci che ai tempi degli Osci piantarono qui le prime viti.
Oggi le uve protagoniste sono piedirosso, sciascinoso e aglianico per il 60%, quindi una sequela indistricabile di varietร autoctone quali suppezza, sabato, castagnara e chissร quali altre, che magari sfuggono alla catalogazione e fanno la fortuna del Gragnano. Che รจ, innanzitutto, il vino di una incredibile rete umana, dei piccoli grandi viticoltori che di padre in figlio accudiscono questi minuscoli appezzamenti che raramente raggiungono un ettaro dโestensione, divisi dalle successioni ma strappati alla modernitร , allโomologazione e allโasperitร dei pendii, spesso oltre i 500 metri dโaltitudine. Ecco, il Gragnano รจ un vino furente e gioioso di montagna, ma sul mare, il che implica una sinergia di forze e volontร lassรน dove รจ difficile anche camminare, figurarsi vendemmiare e portarci un trattore.
Salvatore Martusciello รจ un garante di questa storia, un custode di questi custodi. Un integerrimo alfiere del territorio, della filiera giusta, del vino quale concetto culturale ancor prima che prodotto: fatica a pronunciare la parola โvendereโ perchรฉ una terra la si racconta, innanzitutto, se la vendi e basta rischi di liquidarla per sempre.
La sua famiglia segnรฒ tappe fondamentali per il rinascimento vitivinicolo della Campania con Grotta del Sole, azienda nata nel 1991, importante per numeri e qualitร espressa nel tempo, illuminata dalle visioni pionieristiche del padre Angelo e dello zio Gennaro, che studiรฒ in quel di Conegliano. โE ricordo quando mamma Elena, la prima presidente delle Donne del Vino proveniente dal Sud, ci riuniva per lunghe domeniche di discussioni e bicchieri colmi. Lo zio era un vero integralista e occultava le bottiglie in tavola, affinchรฉ io e mio fratello Francesco ci affidassimo al nostro gusto, alla veritร della bevuta, e non alle etichette di moda nel periodoโ. Si trovavano davanti a un bivio e vinse โuna linea di archeo-viticolturaโ, come la chiama Salvatore, piuttosto che lโidea di investire su zone dellโAvellinese giร piรน conosciute e facili da commercializzare.
โFu quindi grazie al lavoro della mia famiglia che nel 1991 nacquero tre nuove aree a Denominazione di Origine Controllata, ovvero Campi Flegrei con Falanghina e Piedirosso, lโAsprinio dโAversa, e per la Penisola Sorrentina le denominazioni Gragnano e Lettereโ, questi ultimi due fratelli gemelli, identici per uve e tradizione ma divisi dai confini comunali, diversi nel bicchiere per esposizione e altitudine dei terreni.
Vennero quindi delle Doc rigide, restrittive, a lungo rivendicate da questa sola azienda laddove โtutti producevano Gragnano, spesso dolciastro e dozzinale: non cโera piรน una tracciabilitร , una riconoscibilitร territorialeโ. Non a caso, lโazienda aveva da tempo escogitato un collarino che sulla bottiglia ricordava i nomi dei viticoltori/conferitori, definizione che suona riduttiva: โNegli anni sono diventate persone di famiglia, con cui ho condiviso i momenti piรน belli e piรน brutti della vitaโ. Come, nel 2014, la fine di Grotta del Sole, โuna mazzata, visto che avevo contribuito a farla nascere e diventare grandeโ, e tuttora Salvatore stenta a trattenere le lacrime.
Di certo non rimase seduto a leccarsi le ferite. Con la moglie Gilda, che giร lavorava in azienda, ripartรฌ da zero mettendoci la faccia e il nome, tornando a occupare lโenorme cantina di Quarto e a stringere patti con quellโumanitร da cui si era dovuto separare. Numeri piรน piccoli e filosofia che punta allโeccellenza, โvini di persistenza provenienti solo dalle DOC giร citate: non vendo o compro sfuso, non produco IGT o vini da tavola, non ho secondi marchi o linee di ricaduta per un lavoro piรน massivoโ. E il successo lo premia. Settevulcani porta in bottiglia le uve della Falanghina e del Piedirosso dei Campi Flegrei, Trentapioli รจ lโAsprinio dโAversa da vigne ad alberata (vedi box); Ottouve, โnome omaggio ai vitigni minori che nessuno conosceโ, identifica il Gragnano e il Lettere, vini vivi ancor prima che vivaci, precisi e fragranti, complessi oltre la schiettezza avvolgente del sorso. Per ancorarli ancor piรน al passato, Salvatore Martusciello sposa la contemporaneitร e pone in etichetta un QR code, a lanciare un video in cui si accenna anche alla โtrafficaโ del Gragnano, ovvero la vecchia tratta di compravendita tra contadini, commercianti e mediatori: il vino giovane, ancora zuccherino, partiva alla volta di Napoli in un clima di festa per lโaccordo trovato; al momento di aprirlo, avrebbe miracolosamente acquisito la sua magica, irresistibile schiuma. Altro che alambicchi.
Il racconto completo lo trovate nel mensile di dicembre del Gambero Rosso.
a cura di Emiliano Gucci
QUESTO ร NULLA…
Nel mensile di dicembre del Gambero Rosso trovate tutto il racconto con le testimonianze del Gruppo Palumbo, Raffaele La Mura, Poggio delle Baccanti, la famiglia Iovine. Uno speciale di 13 pagine che include anche un focus sul vino Asprinio, gli indirizzi dove bere e mangiare bene, le 12 tavole da non perdere sulle strade del Gragnano e dell’Aprinio. E ancora i contributi del sommelier della Taverna Estia Mario Sposito, di Giuseppe Di Martino produttore di pasta di Gragnano e i 5 abbinamenti della chef Marianna Vitale.
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