Attualitร 

Il ristorante di Milano che alla fine degli anni Settanta anticipava le tendenze di oggi

Aperto fino alle 2 di notte era una via di mezzo tra trattoria italiana e centro commerciale americano, italianitร  e street food. E per la prima volta propose in Italia il panino con la polpetta di carne

  • 04 Febbraio, 2025

Nude Burger, avocado, pane nero, spaghetti al pomodoro e basilico e allโ€™amatriciana e pasta e fagioli. Al bar un caffรจ filtro. Oppure un Tocai o un Merlot. Sono decine i posti, piรน o meno fast o gourmettizzati, a Milano dove si puรฒ mangiare cosรฌ. Ma nel 1974 ce nโ€™era solo uno: il ristorante di Fiorucci in via Torino.

Maurizio Turchet, ufficio grafico Fiorucci – Fiorucci Ristorante, grafica per il menรน 1976 – Courtesy Maurizio Turchet, Foto Gianluca Di Ioia โ€“ Triennale Milano

Precursore in tutto, anche nel food

Aperto dal 1974 al 1979 ebbe vita breve (ma piรน lunga di molti locali dei giorni nostri): era un format probabilmente troppo โ€œalienoโ€ per quella Milano dove ancora suonavano le sirene delle fabbriche (la Marelli chiuse definitivamente nel 1981, lโ€™Alfa Romeo nel 1986, la Breda nel 1992) e dove, allโ€™ombra dello stadio di San Siro (ancora a due anelli) erano nate e operavano le Brigate Rosse. Una Milano di piombo, grigia e nebbiosa che visse, grazie a un milanese figlio di un commerciante di pantofole, una piccola rivoluzione colorata, irriverente e in qualche modo preveggente. Per capire di piรน del mondo creato da Elio Fiorucci cโ€™รจ fino al 16 marzo, la bella mostra in Triennale a Milano. Visitando la quale ci siamo imbattuti in un menรน che ci ha fatto assai riflettere. Ma qual รจ la storia dellโ€™escursione di Fiorucci nella ristorazione?

Maurizio Turchet, ufficio grafico Fiorucci – Fiorucci Ristorante, poster, 1977, Courtesy Maurizio Turchet, Foto Gianluca Di Ioia โ€“ Triennale Milano

Polifunzionale ante litteram

Il โ€œristorante caffetteria cocktail barโ€ di via Torino angolo via Valpetrosa, aperto allโ€™interno del secondo negozio milanese, faceva orario continuato โ€œdalle 12 a.m. alle 2 del mattinoโ€, aveva un banco bar, e occupava un patio con un soffitto trasparente che bagnava ci luce le piante tropicali. Era progettato da Franco Marabelli, architetto, amico e collaboratore storico che firmerร  anche il mitico Fiorucci di New York, quello frequentato da Warhol e da Madonna.

Oggi si direbbe spazio polivalente e multifunzionale, dove si poteva fare shopping acquistando non solo i mitici jeans da donna, la prima e forse piรน geniale intuizione dellโ€™imprenditore, ma anche libri, mobili, gadget, dischi, scarpe dai colori sgargianti e dai materiali inusuali, e poi mangiare, bere, ascoltare concerti e incontrare gente che viveva la notte: artisti, attori, musicisti, giornalisti dei quotidiani del centro in cerca di cibo e di un whisky 12 anni dopo il lavoro. I tavoli quadrati erano componibili, piatti e bicchieri bianchi e pesanti. Un incrocio, nel dรฉcor ma anche come vedremo nel menรน, tra una trattoria milanese e un mall statunitense. Era un crogiolo di idee innovative che verranno poi riprese nei venti o trentโ€™anni dopo. A partire dalla copertina del menรน, di Maurizio Turchet dellโ€™ufficio grafico Fiorucci: strizza lโ€™occhio ai diner americani anni โ€™50 ma รจ anche una preview dellโ€™estetica Toiletpaper.

Maurizio Turchet – Fiorucci Ristorante, illustrazione per il menu 1976 – Courtesy Fiorucci

Cosa si mangiava da Fiorucci in via Torino

Il menรน era un semplice ma stupefacente mix di grandi classici della cucina italiana (spaghetti al pomodoro e basilico, allโ€™amatriciana, al pesto a 700 lire, 3,26 euro di oggi) e novitร  assolute, come lโ€™hamburger che pare Fiorucci sia stato il primo a portare nella ristorazione italiana (anche se i piรน agรฉe si ricorderanno le โ€œsvizzereโ€, sorta di polpettone che da bambini ci rifilavano le mamme ansiose di propinare lโ€™indispensabile carne rossa). Idee captate, come spesso faceva Elio Fiorucci, nei suoi viaggi tra la swinging London e New York.ย 

Come che sia, gli hamburger con panino e farcitura (che in un volantino promozionale sono scritti addirittura senza h: dimenticanza o tentativo di italianizzazione? Chissร ) compaiono qui sette anni di Burghy, la prima catena fast food che debutta in piazza San Babila, quasi a fianco del primo Fiorucci, nel 1981. Era proposto in tre versioni: Hollywood โ€œcon carne di manzo ricoperta da un uovo fritto e contornata da patate fritteโ€, Technicolor โ€œpolicromia di lattuga, pomodoro, cetriolo, thousand islands sauce, patate fritteโ€ e Splash Down โ€œcon formaggio gratinato e baconโ€. Tutti a 1600 lire, circa 7,50 euro odierne. Non mancano le opzioni โ€œhealthyโ€: avocado in vari modi (immancabile la versione con i gamberetti, che sia รจ un poโ€™ perduta nel tempo) ma anche mezzo pompelmo e mezzo melone e la โ€œSan Francesco pea soupโ€ (zuppa di piselli con crostini). Sul versante street food compaiono la pannocchia di granoturco e la โ€œpatata in giacchettaโ€ (ovvero la jacket potato di britannica memoria).

Maurizio Turchet – Fiorucci Ristorante, illustrazione per il menu 1976, Courtesy Fiorucci

Al bar arriva lโ€™americano (per poi risparire)

Non meno rivoluzionario, anzi anche di piรน se si considera che ancora cinquantโ€™anni dopo in Italia entriamo in un bar chiedendo un caffรจ dando per scontato che sia un espresso, il menu delle bevande. Che vede in cima alla lista il โ€œCona Coffeeโ€ o caffรจ americano, unโ€™estrazione che prevede (in teoria) un macchinario di vetro a due sfere che ricorda un Syphon e fu perfezionato nel 1947 da Abram Games. Segue il โ€œcaffรจ allโ€™italianaโ€ che immaginiamo essere il nostro amato e tradizionalissimo espresso, a 300 lire (1,40 euro odierni, ohibรฒ).ย Ci vorranno decenni prima che le caffetterie specialty (dopo iol 2013) e poi l’arrivo di Starbucks (nel 2018) riproporranno l’estrazione a filtro in maniera seria eย circostanziata.

Gli intramontabili Gin tonic e vodka tonic chiudono il menรน delle โ€œbevande hardโ€, a 1500 lire. Cosa sarebbe successo se la relativa meteora della ristorazione made in Fiorucci fosse durata di piรน, non ci รจ dato sapere. Avrebbe forse cambiato il corso o anticipato lโ€™evoluzione gastronomica, tradizionalmente piuttosto lenta a muoversi anche nella cittร  che ritiene di essere la piรน cosmopolita dโ€™Italia? Comunque sia, passeggiando per le stesse vie degli anni ’70 con le insegne e i menรน standardizzati della Milano dโ€™oggi vien da pensare che un poโ€™ di audacia e di creativitร , anche in cucina, potrebbe forse anche oggi provare a sfidare la banalitร  e financo lo spirito dei tempi.

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