Troppo grasso, troppo rustico, troppo forte e puzzolente quando stagionato, troppo monocorde. Insomma… Troppo. Come se con il latte ovino si potesse fare solo โpecorinoโ. Vuoi mettere la mucca, con un ventaglio di prodotti che va dal latte fresco ai parmigiani invecchiati! Eppure, alla pecora in Italia bisognerebbe erigere un monumento, grande almeno come il Big Merino di Goulburn, in Australia. Non solo perchรฉ il nostro Paese รจ uno degli importanti produttori europei di formaggi ovini, al quinto posto dopo Grecia, Spagna, Portogallo e Francia.
โIl latte di pecoraโ, spiega Milena Brasca, ricercatore responsabile della sede di Milano del CNR, Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari, โoltre a un maggior contenuto di lipidi, proteine e zuccheri, possiede una quantitร superiore di vitamine liposolubili, come il retinolo, e di acidi grassi considerati assai benefici per la salute, come l’acido capronico che favorisce il regolare ricambio cellulare, il caprilico e il caprico, che hanno effetti ipocolesterolemizzanti e antivirali. I globuli di grasso sono piรน piccoli, quindi piรน digeribili e piรน ricchi di fosfolipidi, composti organici con diverse proprietร beneficheโ.
Iacentinu
A differenza degli altri animali della catena alimentare, allevati prevalentemente in stalla, la pecora in genere vive allโaperto in pascoli naturali buona parte del tempo. Sgamba, sceglie quello che mangia, si nutre di erba fresca; se i prati sono polifiti, le essenze spontanee ricche di elementi influiscono positivamente sulle caratteristiche nutrizionali e organolettiche dei suoi derivati. โTra i fattori che determinano la qualitร del formaggio, il latte crudo non influisce piรน del 10%โ. Sfata unโopinione comune Roberto Rubino, presidente di Anfosc e ideatore del Metodo Nobile: โIl grosso รจ dato dallโalimentazione dellโanimale, il resto dalla stagionatura e dallโassenza di fermenti di laboratorioโ. Cโรจ poi il risvolto ambientale e socioeconomico: lโallevamento ovino vuol dire dare valore ad aree marginali dove non possono essere praticate altre attivitร e destinate altrimenti allโabbandono. Insomma, un antidoto contro lo spopolamento delle aree interne e dellโItalia dei borghi cosรฌ tanto di moda in questi mesi di emergenza epidemiologica.
Crosta fiorita
A parte piccole enclave circoscritte, lโItalia dei formaggi รจ divisa in due da una specie di linea gotica: lโarea dalla pianura padana in su รจ il regno della vacca, dalla Toscana in giรน domina la pecora (proprio in questโultima regione si producono alcuni dei pecorini piรน buoni dโItalia). I formaggi ovini sono concentrati soprattutto in Sardegna, Sicilia, Lazio e Toscana (che rappresentano i 3/4 del patrimonio ovino nazionale). Gli oltre 7 milioni di capi allevati in 88mila aziende (di cui il 20% perlopiรน orientate allโautoconsumo) danno oltre 463mila tonnellate di latte, che si traducono in quasi 76mila tonnellate di formaggi ovini, dei quali piรน della metร Dop e Igp (stime 2018). La Sardegna tiene lo scettro con le sue 51mila tonnellate di prodotti, con e senza certificazione (se volete approfondire, eccone alcuni). Dei 17 caci italiani Dop e Igp, comunque, il pecorino romano (qui la lista dei migliori 10 produttori italiani) domina la scena: in volume (oltre lโ80% della produzione certificata), sul mercato interno (al primo posto, seguito dai pecorini toscano e sardo) e su quello estero (che rappresenta i 3/4 dellโexport dei formaggi ovicaprini). Principale Paese di destinazione gli Stati Uniti che, assorbendo il 70% delle esportazioni, condizionano le sorti del comparto: se il mercato Usa crolla, come รจ successo nel 2018 (-30%), precipitano i prezzi non solo del romano ma anche degli altri formaggi ovini.
Conciato di San Vittore
A parte le tre Dop siciliane (pecorino, piacentinu ennese e vastedda del Belice) e i pecorini delle Balze Volterrane, del Monte Poro, di Filiano e di Picinisco, tutti a latte crudo, per gli altri formaggi ovini certificati รจ consentita la termizzazione o la pastorizzazione della materia prima, quindi รจ necessaria lโaggiunta di fermenti. E mentre in alcuni prodotti il disciplinare prescrive lโimpiego di pecore di razze rustiche autoctone, lโallevamento tradizionale semibrado, a pascolo spontaneo libero e ricovero notturno in ovile, in altri รจ consentito lโimpiego di razze importate docili, ad alta produzione di latte e che si prestano alla stabulazione fissa (come la francese Lacaune), lโallevamento in stalla e lโuso di mangimi. In questo modo va a farsi benedire gran parte della tipicitร del formaggio. โLe Dop tagliano le punteโ, dice il maรฎtre fromager Alberto Marcomini, โquelle in basso ma anche quelle in altoโ. Viene tagliato fuori chi fa un prodotto pessimo, ed รจ un bene, ma anche chi fa un prodotto eccellente, ed รจ un problema. Anche per questo alcune aziende decidono di non richiedere la certificazione e, lรฌ dove esiste, di non farne parte.
LโAbruzzo รจ legato storicamente alla tradizione della transumanza, dal 2019 Patrimonio Unesco, con la rete di tratturi lungo i quali pastori e pecore si spostavano a inizio autunno dagli stazzi di montagna dellโAppennino per raggiungere il Tavoliere delle Puglie, lโAgro Romano e piรน a sud il Casertano e la Terra di Lavoro. E anche se oggi si fa la transumanza verticale (da valle a monte nello stesso areale), essa conserva una vocazione per i formaggi ovini (ve ne abbiamo parlato nel dettaglio anche qui) e assicura una grande biodiversitร e ricchezza di essenze: solo nel Parco della Majella sono state censite oltre 1.800 specie vegetali. Eppure, lโAbruzzo, regione cuore verde dโEuropa, non ha una certificazione europea ovina. โNonostante le diverse tipologie di pecorini e oltre 290mila pecore, siamo riusciti ad ottenere solo riconoscimenti Pat, ovvero di Prodotto artigianale tradizionaleโ fa osservare Antonio Di Caro, informatore scientifico e ambasciatore delle eccellenze agroalimentari abruzzesi. Le cause? La riduzione drastica del numero di aziende e di pecore, tanto che sono nati Presidi Slow Food per tutelare perle casearie in via dโestinzione, come il canestrato di Castel del Monte e il pecorino di Farindola.
Lโassenza di riconoscimenti si deve anche alla mancanza di risposte e di investimenti da parte delle istituzioni, allโemigrazione, alla crisi della lana, allโindustrializzazione dei processi produttivi incompatibili con i disciplinari della Dop. โTranne che nel mondo del vino, dove esistono tante cooperative, lโAbruzzo non ha vissuto fenomeni di aggregazioneโ spiega Raffaele Cavallo, storico esponente di Slow Food Abruzzo, centrando uno dei problemi cardine. Da anni si parla di unโunica Dop regionale che rappresenti le identitร territoriali, โun compromesso ragionevole, con le diverse sottozone e piccole differenze nel disciplinareโ, spiega Ugo Ciavattella, presidente del Consorzio di tutela del pecorino di Farindola. Ma le resistenze vengono anche da alcuni produttori, che in una certificazione regionale non vedono rispettate le differenze dovute alle essenze botaniche del pascolo.
Per saperne di piรน:
Anfosc โ Viale del Basento 108, 85100 โ Potenza (PZ) โ Basilicata – 097154661 โ www.anfosc.it
Slow Food Abruzzo-Molise โ Corso Roma 53, 66034 โ Lanciano (CH)- Abruzzo -3382680783 – www.slowfoodabruzzo.it
Consorzio di Tutela del Pecorino di Farindola โ Via San Rocco, 65010 – Farindola (PE) โ Abruzzo -3398218613 โ www.pecorinodifarindola.it
a cura di Mara Nocilla
illustrazioni Daniela Breacco
QUESTO รจ NULLA…
Nel mensile di ottobre del Gambero Rosso potete leggere lโarticolo completo, che continua con la descrizione dei formaggi ovini sardi e siciliani. Vi raccontiamo poi le criticitร della produzione casearia italiana insieme allโagronomo Roberto Mazzei, al produttore crotonese Raffaele Maiorano e al ricercatore Massimiliano Venusti. Trovate anche approfondimenti sui formaggi di nicchia, il latte nobile, la ricotta e il processo di affinamento con i consigli degli esperti, dal maรฎtre fromager alla nutrizionista. In piรน, i grafici con i numeri del settore in Italia, una lista di libri dedicati ai formaggi e le migliori botteghe in cui acquistarli (e degustarli!).
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