I migliori barman d’Italia: Benjamin Cavagna di 1930 a Milano

11 Dic 2018, 12:21 | a cura di
Conosciamo meglio Benjamin Cavagna del 1930 a Milano, tra i 10 migliori cocktail bar d'Italia per la nostra guida Bar d'Italia 2019. L'intervista.

Si cela in un anonimo negozio (sembra un alimentari etnico), di cui non si conosce ufficialmente la via, ma solo la zona (Cinque Giornate). E per andarci bisogna essere presentati da un cliente abituale oppure conoscere direttamente la proprietà o chi ci lavora. È il 1930 a Milano, tra i 10 migliori cocktail bar d'Italia per la nostra guida Bar d'Italia 2019.

1930

Fa parte del “piccolo impero del bere bene” - con Mag Café, Barba, Iter, Pokeia e BackDoor43 - che i vulcanici Flavio Angiolillo e Marco Russo hanno costruito a Milano, ed è affidato alle competenti mani di Benjamin Cavagna. Parliamo di 1930, un secret bar in piena regola, tanto che per accedervi si deve essere muniti di tessera da richiedere al Mag o al Barba, della stessa proprietà (ma è a discrezione loro concederla o meno), dove vi verrà comunicato anche l'indirizzo esatto che ufficialmente non è noto. Ma una volta varcata la soglia si dimentica il mondo fuori, “entri in un luogo che ti fa dimenticare di essere a Milano”. Parola di Benjamin James, che a dire il vero non si chiama così.

Nome, cognome e data di nascita

Tutti mi chiamano Benjamin, un soprannome che mi hanno dato anni fa quando ho cominciato a lavorare nella famiglia del Mag, ma il mio vero nome è Fabio Cavagna e sono del 1991.

Quando e come hai capito che saresti diventato barman?

A 18 anni quando ho compreso quanto mi piacesse la vita da bar, e al contempo mi annoiasse fare il cliente: l'unica soluzione era mettersi dietro al bancone a fare il barman.

Cosa ti piace di più del tuo mestiere?

Assaggiare e scoprire sapori nuovi.

Raccontaci la tua gavetta

Come molti ragazzi che approdano nel mondo della miscelazione, ho cominciato asciugando bicchieri in pub e birrerie di paese (vicino a Brescia, ndr), lì ho imparato ad avere a che fare con qualunque categoria di persona, da quello un minimo interessato al cliente che veniva solo per vedersi la partita; ed è proprio questa tipologia che mi ha formato di più: la grande sfida era farlo stare bene.

Perché ti sei trasferito a Milano?

Per studiare filosofia – attualmente mi mancano tre esami – poi ho conosciuto Flavio e Marco che avevano bisogno di un aiuto extra. Sono entrato così nella grande famiglia del Mag, ma ben presto, un po' per attitudine, un po' per carattere, mi sono spostato al 1930.

Quando sei arrivato da 1930?

Era l'inverno del 2014.

Cosa ha di speciale?

La cosa che mi affascina di più, ne parlavo ieri con un cliente, è che quando si entra al 1930 si ha la possibilità di estraniarsi totalmente dal mondo lì fuori, da Milano tutta. Si entra in un'altra dimensione, che coccola il cliente, trasmettendo sì dei tecnicismi, ma senza mai esagerare.

In che senso?

Quando sono dietro al bancone cerco di capire chi ho di fronte, se vedo che è interessato alla tecnica, agli ingredienti, al cocktail, allora glieli racconto, altrimenti servo semplicemente quel che mi viene richiesto.

È importante il ruolo dello storytelling nella miscelazione?

Se il cliente vuole ascoltare, è fondamentale. Faccio un esempio: in carta abbiamo un cocktail che si chiama Faro di Scozia, dove ci sono acqua di mare, distillato di terra, whisky affumicato, sciroppo di stout alla vaniglia e si conclude con qualche goccia di latte. Questa ricetta è bilanciata, corretta, buona, ma oltre a questo c'è anche una storia, la storia di un marinaio che riesce a vedere dalla sua nave uno scorcio di terra: è l'isola Islay, dove si producono i whisky torbati.

Ecco spiegati l'acqua di mare, il distillato di terra, il whisky affumicato, lo sciroppo di stout. Ma il latte, che c'entra?

Gli unici prodotti, oltre al whisky, che si possono trovare nell'isola sono le capre e i derivati.

La storia non finisce qui...

Per ricordare la luce del faro di Scozia abbiamo affumicato il bicchiere con la cera d'api.

Autodefinisciti in tre parole

Metodico, pensieroso, romantico.

Il tuo cocktail preferito?

Non bevo cocktail! Mi piacciono molto, e mi ci sto avvicinando in maniera romantica appunto, i vini naturali e le birre artigianali.

Se dovessi scegliere?

Cito il mio amico e chef del Krèsios Giuseppe Iannotti: il mio cocktail (per lui era un piatto) preferito è quello che deve ancora venire.

Non ci muoviamo di qui se prima non rispondi!

Allora scelgo il Brandy Crusta, un cocktail classico nato 150 anni fa, a base cognac e un mix di limone, liquore d'arancia, zuccheri e bitter. Ci sono due particolarità che mi affascinano: sulla coppa, prima di servirlo, bisogna fare una crusta con dello zucchero e come guarnizione bisogna spelare un intero limone creando una rondella a spirale appoggiata ai bordi del bicchiere; pare sia stato il primo cocktail con la tecnica della crusta.

L'altra particolarità?

È che il limone viene utilizzato non tanto come ingrediente, dato che se ne utilizzano poche gocce, ma come parte aromatica. Nell'800 è stata una cosa rivoluzionaria.

Il tuo prodotto preferito?

Siamo produttori di distillati, e uno dei miei preferiti è l'Amaro Farmily (l'ultimo arrivato della famiglia Farmily, che include anche un distillato a base di cereali e un mix botanico caratteristico del Mediterraneo e un altro più ispirato all'Asia, con spezie e piante tipiche, ndr) perché si adatta perfettamente sia prima che dopo i pasti. Anche perché, inizialmente, nella liquoristica non c'era alcuna differenza tra aperitivo e post cena.

Qual è la moda nel settore della miscelazione che proprio non sopporti?

Non me ne frega nulla delle mode!

Dopo mezcal e pisco, quale sarà il nuovo trend?

Perché mezcal e pisco sono trendy?

Cambiamo domanda: quali sono i prodotti che andranno sempre?

Whisky, whisky, whisky (sì tre volte!) e amaro.

Tre indirizzi dove andare a bere a Milano (esclusi quelli della Mag family)

Talea per la sperimentazione, Ceresio 7 perché si sta davvero bene, Mandarin Bar & Bistrot perché fa parte di un hotel a cinque stelle lusso e fa sentire a casa il cliente moderno ed esigente.

Cocktail Medigib

Che cocktail hai creato per Sanbittèr?

Medigib.

Qual è la ricetta?

Farmily Mediterraneo, Giass Gin, Sanbitter dry, liquore al finocchietto selvatico Giardini d'Amore, sciroppo di zucchero, onion brine, assenzio e Celery bitters.

Raccontaci come ci sei arrivato

L'idea era di combinare assieme un mix di sapori legati al territorio.

 

1930 – Milano - Indirizzo Segreto, zona Cinque Giornate 

Bar d’Italia del Gambero Rosso 2019 - euro 10,00 - La guida è acquistabile in edicola e libreria ed è disponibile online

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