Pizza. Riflessioni sulle ultime tendenze del settore

6 Nov 2018, 11:00 | a cura di

Per molti è la gallina dalle uova d'oro. Ma quali sono le tendenze del mondo della pizzeria? Cosa va di moda e cosa sembra aver perso terreno? Ecco una nuova analisi su questo argomento che abbiamo affrontato varie volte. 

 

C'è una nuova corsa all'oro. È quella della pizza, che appare come un moderno fiume Yukon da cui attingere pepite a piene mani. Ne abbiamo già parlato in un precedente articolo svelando che, dati alla mano, le cose non sono proprio così semplici; nonostante questo la pizza (forse insieme al sushi), è ancora una delle scelte obbligate per chiunque voglia intraprendere oggi una attività nel mondo della ristorazione. Vediamo quindi quali sono gli orientamenti che si stanno profilando in questo momento.

La pizza in Campania

Negli ultimi due anni circa c’è stata una rivoluzione proprio là dove maggiore era l’integralismo relativo alla pizza, ovvero Napoli e la Campania in generale, con la nascita di pizze dal cornicione estremamente pronunciato e con sofficità e morbidezza ancora maggiori. Anche i condimenti sono andati oltre le classiche Margherita e Marinara, facendo comparire sempre più spesso, nei menu delle pizzerie campane, parole chiave come “territorio” e “ricerca”. A questo si aggiunge un uso sempre più aggressivo dei social da parte dei giovani pizzaioli che ha generato un'accelerazione del fenomeno e una diffusione a catena altrimenti impossibile.

Il resto d'Italia

La diffusione di questi elementi non è stata altrettanto pervasiva nel resto d’Italia, dove l’attenzione del pubblico riguardo alla pizza non è così alta e coinvolge sui social i pizzaioli nazionali meno di quanto avvenga per i colleghi campani, per i quali il disco di impasto è motivo culturale, di orgoglio campanilistico eanche di rivalsa sociale, non ultimo per le affermazioni economiche che sta portando ad alcuni di essi. Il modello esportato da Napoli dai pochissimi nomi che si avventurano al di là del Garigliano, è però ancora quello classico dei loro locali storici, con relative variazioni sui condimenti.

Diversificare per attirare clientela

La cosa che però accomuna quanto fin qui descritto con l’analisi del precedente articolo è quella della “diversificazione” del prodotto come elemento fondamentale per attirare clientela. Insomma: per emergere dalla massa è necessario proporre qualcosa di nuovo, così come lo è nel momento del “following” di una determinata scoperta di successo. Abbiamo, proprio per questo, visto nascere forme di pizza sempre più strane, variate nella rotondità o nelle ripiegature, nell’ampiezza del disco o nella commistione di ingredienti anche, a volte, immiscibili tra di loro per senso logico e gastronomico.

Da pizza gourmet a pizza chef

L'ultima innovazione diffusasi a livello nazionale è stata la cosiddetta pizza gourmet,dopo la quale abbiamo assistito - qui e là sul territorio - alla nascita di pizze che ospitano ingredienti cotti separatamente in cucina, di lingue di pizza chiamate pale, e poi racchette, fiori, di pizze dipinte e chi più ne ha, più ne metta. L’ultima definizione attualmente in voga è quella di pizza chef,per rientrare nella quale il pizzaiolo si completa di competenze proprie della cucina al fine condire in maniera più professionale il disco di pasta che stende. Purtroppo, però, queste figure si fermano troppo spesso solo alle foto da social con sac à poche e pinzette in mano, in pose degne di chef di blasone. Nella deriva peggiore pochi sono coloro che si applicano in studi di cucina e/o si affiancano a validi cuochi per tempi superiori a una esibizione o a una foto. In parole povere: la cucina c'è, ma solo in foto. Sono le conseguenze della diffusione, scriteriata, di un fenomeno che potrebbe avere risvolti positivi, se perseguito con impegno.

Chi sale. La riscossa della ripiena

Da questo indubbio fermento, comunque, pare scorgersi un diffuso interesse verso la riscoperta della pizza ripiena, definita Calzone a Roma o anche Ripieno a Napoli, con una affermazione crescente anche della variante fritta, e non solo come street food, ma anche come pietanza da gustare al tavolo. Contestualmente si riscopre la possibilità di giocare con le farciture, aprendo il tutto a nuove sperimentazioni. Stesso discorso anche per la pizza a taglio, proposta sempre più di frequente tagliata nel suo mezzo e farcita, spesso completata da un condimento anche in superficie, dando così impulsi inaspettati alla fantasia dei pizzaioli.

Chi scende. Il salutismo estremo non è più di moda

Appaiono invece in calo gli impasti realizzati con farine alternative e, in genere, ciò che si rifà a principi salutistici, complici le inchieste giornalistiche che hanno smontato alcune false credenze e, in genere, lo sgonfiarsi della moda “salutistica” nelle sue estremizzazioni, come una insensata lotta al glutine e quella ancora più accanita al lievito di birra, prese di posizione immotivate, come dimostrato da varie fonti scientifiche facilmente reperibili anche sul web.

Il rilancio del fritto sembra poi assecondare il trend mondiale che vede (da sempre) numeri più alti nel cibo non definibile “salutare”. Anche in questo, però, la ricerca di una maggiore qualità trova riscontro in un fritto sempre più asciutto e dal maggiore apporto gustativo. È una ricerca che pare essere solo agli inizi ma promette sviluppi interessanti.

In conclusione. L'impasto al centro

Si può affermare che l’orientamento generale riconduca l’impasto al suo ruolo primario di contenitore. Un piatto millenario che ospita i pasti delle popolazioni di tutto il mondo a questa latitudine, dal Messico all’Estremo Oriente, ognuno con la farina dei cereali locali, con nuove forme a vantaggio della fruibilità e del gusto complessivo, ma che solo il genio italico ha saputo trasformare da piatto a pizza, nobilitandone l’essenza.

a cura di Marco Lungo

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