Grandi e piccoli marchi
La parte del leone la fa l'esercito delle piccole e medie aziende, piรน di 700 sulle 850 aziende in guida, divise per categorie merceologiche: dall'aceto ai salumi, passando per formaggi, olio, dolci, conserve, pasta, riso, miele, cioccolato, farine, legumi e cereali, caffรจ ecc. Aziende piccole ma non piccolissime, evolute, strutturate, capaci di produrre quantitร critiche in modo da potersi affacciare al mercato estero. Certo non in modo capillare. Tuttavia proprio per questo rappresentano delle perle rare ma non impossibili, ambasciatrici del migliore artigianato gastronomico "maturo" italiano: quello che il mondo ci invidia. A seguire, la sezione dedicata ai Grandi Marchi, quasi 150 grandi aziende italiane in ordine alfabetico, molte storiche e conosciute a livello internazionale, che sono sinonimo di food made in Italy nel mondo: giร il suono del loro nome e l'immagine del loro logo evocano il cibo italiano.
La guida Top Italian Food Experience, proposta in lingua italiana (e-book) e in inglese (su carta e in formato digitale), non รจ soltanto un catalogo delle aziende, grandi e piccole che siano, corredate da schede descrittive e loghi a colori. ร anche un'opportunitร per il comparto di far conoscere i propri prodotti al grande pubblico, ad appassionati e a gourmet ma anche e soprattutto ai buyer e alla stampa estera. Infatti, siamo convinti che per il made in Italy gastronomico la sfida si vinca sui mercati globali, come sta giร avvenendo nel mondo del vino.
I comparti dell'export
Tanto che, secondo una indagine Sace โ societร del gruppo Allianz di assicurazione del credito per le esportazioni โ pubblicata in occasione di Expo 2015, i comparti a maggior potenziale di esportazione sono il vino, l'industria conserviera e l'olio d'oliva, che rappresentano oltre il 50% del maggior export potenziale (3,9 miliardi). Non a caso si tratta di beni che possono ben coniugare la qualitร italiana con processi di produzione industriali in grado di far fronte alla crescente domanda internazionale. โConsiderando che l'export agroalimentare italiano รจ stato di circa 33 miliardi di euro nel 2013โ conclude l'indagine โsi potrebbe arrivare quindi a oltre 40 miliardi, a conferma del fatto che la quota 50 entro il 2020 รจ raggiungibile in modo concreto, ossia andando a calibrare le azioni direttamente sui mercati di opportunitร e a livello di singoli comparti".
Il piano per la promozione del Made in Italy
Sullโonda di Expo Milano, a rafforzare la sua forza di fare da volano per la nostra economia, il ministro dello Sviluppo, Federica Guidi, ha siglato il disco verde per il piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e l'attrazione degli investimenti in Italia: stanziamenti per 260 milioni di euro che avranno tra gli obiettivi quello di aumentare l'export di 50 miliardi in 3 anni. Inoltre il Cda della Cassa depositi e prestiti ha approvato l'aumento delle risorse dedicate a export e internazionalizzazione: dai 6,5 miliardi di euro attuali a 15 miliardi di euro (+130%).
Spiegando il piano, Guidi evidenzia le sue linee principali: valorizzare l'immagine del Made in Italy nel mondo; ampliare il numero delle imprese, in particolare le Pmi, che operano sul mercato globale; espandere le quote italiane del commercio internazionale che hanno visto la bilancia commerciale chiudersi l'anno scorso con un avanzo record di 42,9 miliardi di euro (il miglior risultato in Europa dopo la Germania); sostenere le iniziative di attrazione degli investimenti esteri in Italia.
I dati del 2014 e i primi mesi del 2015
I trend positivi delle esportazioni sono evidenziate dai dati Istat: il 2014 si รจ chiuso con una crescita del 2%, facendo tornare la lancetta sul + dopo un 2013 piatto. A fare da traino sono stati i Paesi dell'Ue, dove l'export รจ salito del 3,7% (-0,1% fuori dai confini dell'Unione). Il 2014 ha beneficiato della performance di dicembre (+6,3% in termini tendenziali). Nel 2014 l'avanzo della bilancia commerciale ha raggiunto i 42,9 miliardi di euro โ come rilevava il ministro Gudi โ il livello piรน alto dall'inizio della serie storica, ovvero almeno dagli anni Novanta: un dato che raddoppierebbe a 86 miliardi al netto dell'energia.
Intanto, anche Coldiretti ha analizzato i dati sui primi mesi del 2015 nel settore dellโexport agroalimentare: con un aumento record che va dal +51 per cento in Cina al +26 per cento in Usa, il comparto food & wine traina le esportazioni. Il cibo tricolore cresce โ rileva Coldiretti โ su tutti i mercati, con un complessivo +13 per cento nel confronto con lo stesso mese dellโanno precedente, che sale al +19 per cento se si considerano i soli Paesi Extra Ue, grazie soprattutto al balzo record registrato in Cina e negli Stati Uniti. Ma la crescita รจ in doppia cifra anche allโinterno dellโUnione Europea, dove incassa un +11 per cento. Resta, invece, negativo il dato della Russia, dove lโembargo continua a togliere quote di mercato ai prodotti alimentari italiani (-38 per cento in valore a marzo).
Dove si esporta il nostro agroalimentare?
Quali sono i Paesi piรน affamati di Made in Italy alimentare? โPer la debolezza di alcuni mercati emergentiโ spiega Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare โnel 2014 รจ stata lโUE (+3,6% sui primi nove mesi 2014) a dare i migliori risultati. Fuori dellโEuropa, torna a crescere la Cina (+5,3% nei primi 9 mesi), mentre gli effetti dellโembargo e lโarretramento del Pil ridimensionano la Russia, con +3,9% che anticipa una decelerazione piรน marcata nel lungo periodoโ. Continua ancora ScardamagliaโTra i pesi massimi del nostro export รจ stazionaria la Germania (+0,5%), vanno molto bene gli Usa (+6,5%) che rappresentano il terzo sbocco del food & drink nazionale (il primo per il vino)โฆ Gli Stati Uniti pongono ancora importanti barriere non tariffarie che penalizzano tutti i comparti. E, soprattutto, hanno anche il non invidiabile primato in tema di contraffazione e Italian sounding: negli Usa solo 1 prodotto alimentare su 8 tra quelli venduti come made in Italy รจ realmente tale. Una truffa che ci toglie circa 60 miliardi di euro lโannoยป.
Gli Stati Uniti e il vino
Se dallo scorso anno โ a sorpresa โ gli Usa sono diventati i maggiori consumatori di vino al mondo, davanti a Francia e all'Italia, con i quasi 30 milioni di ettolitri consumati, gli italiani sono il primo paese fornitore di quel nettare di Bacco che conquista gli States. โIl nostro paeseโ afferma Coldiretti โรจ il principale fornitore straniero di vino degli Usa per un quantitativo di circa 2,4 milioni di ettolitri, superiore di 1 milione di ettolitri a quello dell'Australia, secondo paese di riferimento. Del resto, il vino rappresenta il prodotto agroalimentare Made in Italy maggiormente esportato per un valore di 5,1 miliardi nel 2014: oltre il 20% รจ diretto verso gli Stati Uniti che lo scorso anno hanno acquistato bottiglie per 1,1 miliardi, il massimo di sempreโ.
I piรน amati dagli americani? I toscani Chianti e Brunello di Montalcino e il piemontese Barolo sono in pole position. Poi, Pinot Bianco e Prosecco. โDatiโ spiega Coldiretti โche sono determinanti per compensare il calo dei consumi interni di vino in Italia che sono scesi al minimo storico attorno ai 20 milioni di ettolitri, con un taglio del 19% dall'inizio della crisi nel 2008โ.
La Gran Bretagna e l'olio extravergine di oliva
โEssere flessibili e innovativi; coltivare tradizione e innovazione; puntare su qualitร , rispetto per lโambiente e consumo eticoโ. Sono le cinque regole dโoro per essere vincenti sul mercato britannico. Il consiglio viene da Antonietta Kelly, trade analyst dellโufficio Agenzia Ice di Londra, la quale โ invitata da Unaprol a un workshop con i produttori โ afferma che vi sono buone opportunitร per le imprese olivicole del nostro Paese in Gran Bretagna, ma occorre puntare su alcune nicchie di mercato come specialitร alimentari e ristorazione di alto livello. Nel 2014 (dati Agenzia ICE), le esportazioni italiane di prodotti alimentari e bevande verso il Regno Unito hanno fatturato 2,29 miliardi di sterline rispetto ai 2,17 miliardi del 2013 (+5,52%). In valore la quota di mercato detenuta dallโItalia nel 2014 รจ stata pari al 6,39%, in aumento rispetto al 2013 che corrispondeva al 5,92%. In quantitร la quota di mercato dellโItalia รจ aumentata dal 5,13% del 2013 al 5,52% nel 2014.
โQuello inglese รจ un mercato molto sensibile alla qualitร del cibo, e ovviamente anche a quella dellโolio extra vergine di olivaโ afferma la Kelly โNel 2014 abbiamo esportato oltre 50milioni di sterline di prodotto italiano per un controvalore di 63 milioni di Euro. Il nostro paese รจ il secondo fornitore di olio di oliva in generale e con la sua quota di mercato, pari al 41%, copre abbondantemente oltre un terzo di tutto lโolio di oliva introdotto in Gran Bretagna. Le prospettive nel settore agroalimentare rimangono positive per gli esportatori italiani con un trend in costante aumento grazie anche al cambio favorevole sterlina /euroโ.
a cura di Francesco Seccagno
Articolo uscito sul numero di Luglio 2015 del Gambero Rosso. Per abbonarti clicca qui