Siamo appena entrati nellāautunno più ācaldoā degli ultimi anni. La combo pandemia-guerra non lascia scampo alle imprese italiane e il caro-energia ha di fatto scatenato un effetto domino che si ĆØ ripercosso sui prezzi di tutti i prodotti utilizzati per la produzione di vino.
A lanciare lāallarme lāOsservatorio Uiv-Vinitaly che, attraverso unāanalisi compiuta nellāultima settimana sulle imprese del Belpaese (un panel in rappresentanza del 30% del mercato) ha evidenziato che solo per i costi dellāenergia (780 milioni di euro) e dei cosiddetti dry-good (2,4 miliardi di euro tra tappi, capsule, carta, cartoni e vetro) il prezzo da pagare ĆØ di quasi 3,2 miliardi di euro, con un surplus di 1,5 miliardi di euro. Un miliardo e mezzo in più che deriva da +425 milioni di euro (+120%) di caro-energia e da oltre un miliardo in più (+74%) di materie secche, giĆ da mesi sottoposte a pressioni, non solo di tipo inflattivo, ma anche distributivo.
Se, poi, si sommano tutti gli altri costi, il conto diventa ancora più salato. In particolare, la componente principale resta lāacquisto di materia prima, quindi uva e sfuso (6,6 miliardi di euro con un aumento contenuto a +14%). In ascesa la voce spese generali, dove rientrano anche i costi commerciali (circa 2,4 miliardi e a +25%), dovuti alla ripresa delle attivitĆ fieristiche, che nel 2021 erano ancora sospese. In leggero aumento anche i costi del personale, a 650 milioni di euro (+7%), sebbene sia interessante notare come per la prima volta il costo energetico (780 milioni di euro) abbia superato quello per la forza lavoro.
Il totale di tutte queste voci ĆØ di 12,9 miliardi di euro, con un aumento dei costi totali di questāanno del 28%, ovvero 2,8 miliardi di euro. La domanda, quindi, ĆØ: come coprire queste spese in più?
Di fronte a questa situazione, le aziende hanno cercato di rivedere in corsa i listini, provando a spostare a valle i costi. Operazione riuscita solo in parte. Di fatti, lāincremento dei listini stimati dallāOsservatorio nei primi 9 mesi di questāanno ĆØ del 6,6%, un dato che resta insufficiente per coprire una variazione al rialzo dei prezzi che le imprese hanno richiesto ai distributori nellāordine dellā11%. Il gap equivalente ĆØ di 4,4 punti percentuali, pari a 600 milioni di euro di costi non coperti da ricavi che il vino italiano ĆØ costretto a sostenere per rimanere sul mercato.
Inoltre, se fin qua la distribuzione si è dimostrata in grado di fare da cuscinetto, cercando di assorbire parte dei costi per non scaricarli sui consumatori, adesso ci si chiede per quanto tempo gli argini protettivi riusciranno a tenere. La misura è quasi colma. E a pagare il conto più salato saranno le piccole e medie imprese che producono, vinificano e imbottigliano tutto, o quasi, in casa propria.
āLāindagine dimostra come la crisi in atto non risparmi il nostro settore, che non ĆØ energivoro ma in molte sue componenti ne subisce conseguenze diretteā, ĆØ il commento del presidente di Unione italiana vini Lamberto Frescobaldi che propone āun patto di filiera per consolidare tutte le dinamiche che possano produrre un effetto cuscinetto a garanzia di competitivitĆ e mercato. Produttori, industriali, cooperative e distributori dovranno perciò assorbire parte degli aumenti per non scaricarli completamente sui consumatori ed evitare una pericolosa depressione dei consumiā. Anche perchĆ© nei prossimi mesi il caro bollette si ripercuoterĆ anche sui consumatori che inizieranno a tagliare proprio dai consumi, vino in primis. Specialmente se i prezzi dovessero lievitare troppo.
Prova a guardare il bicchiere mezzo pieno, lāamministratore delegato di Veronafiere, Maurizio Danese: āQuanto sta succedendo impatta fortemente anche sul vino, ma cāĆØ la consapevolezza che i fatti di oggi, come quelli di due anni fa, rappresentino fattori esogeni e non strutturali che agiscono su un comparto comunque in saluteā. RiuscirĆ il vino a superare anche la prova bollette?
a cura di Loredana Sottile
Lāarticolo completo ĆØ stato pubblicato sul Settimanale Tre Bicchieri del 13 ottobre
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