Zappata Romana: il progetto degli orti di quartiere a Roma

17 Mag 2020, 10:18 | a cura di
Orti in comune da curare insieme, per autoprodursi il necessario e ritrovare il legame con la terra, ma soprattutto per stringere relazioni con gli altri abitanti del quartiere. Il progetto ambientale di un gruppo di associazioni romane.


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Zappata Romana: gli orti di quartiere

Un orto per quartiere, per promuovere gli spazi verdi, creare piccole oasi di pace, solidificare il senso di collettività e fare luce sul lavoro della terra. È questo l’obiettivo di Zappata Romana, nomignolo con cui è stato ribattezzato il progetto “Coltiviamo la città, un orto per quartiere”, voluto da oltre 70 associazioni, che hanno deciso di unire le forze e lanciare un appello pubblico al Campidoglio, per far sì che l’iniziativa venga messa in pratica con cura, seguendo dei criteri ben precisi. Insomma, un progetto da realizzare “all’interno di una visione di ampio respiro per il futuro di Roma, coinvolgendo i municipi, le associazioni e i cittadini, seguendo processi trasparenti nella scelta e nell’assegnazione delle aree da coltivare”, come hanno spiegato i promotori.

L’obiettivo di Zappata Romana

L’obiettivo del progetto – il più votato a Roma nel Bilancio Partecipativo 2019 del Comune di Roma da attuarsi nel 2020, con un budget di 550mila euro – è di dare vita ad almeno cento orti in tutta la città. Aree verdi comuni gestite dai cittadini, ma anche orti scolastici da destinare alle scuole, con l’aiuto delle comunità. Nella lettera inviata alla sindaca Raggi dai promotori, per assicurarsi sulla trasparenza dell’iniziativa, si legge il desiderio di valorizzare il ruolo dei Municipi “per l’individuazione delle aree e delle Comunità interessate attraverso incontri a livello locale e prevedendo processi partecipativi sia in fase di costruzione dei bandi per assegnare le risorse, sia nelle successive fasi di realizzazione degli orti”.

Progetti ambientali, sociale e culturali

È proprio il senso di condivisione e il bisogno di effettuare scelte comuni il punto cruciale delle richieste dei promotori. Gli orti serviranno sì a contribuire a un’autoproduzione alimentare, ma dovranno essere soprattutto intesi come “centralità di quartiere che mitighino l’ingiustizia spaziale e sociale”. Spazi aperti con valenza ecologica ed estetica, “luoghi di relazione sociale e di produzione culturale, di innovazione e di educazione ambientale”. Naturalmente, non mancano le grandi sfide del nostro tempo: food policy, salvaguardia della biodiversità, adattamento al cambiamento climatico sono tutti elementi presenti nella lista degli obiettivi. Un’occasione utile per la città di Roma per dimostrarsi in grado di abbracciare progetti ambientali innovativi e comunitari, con una visione strategica e uno scopo concreto, ben lontano dal concetto di mera opera pubblica.

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