Coronavirus

Export del vino italiano. Prospettive e riflessioni

Prima la minaccia dazi in Usa, poi lโ€™emergenza Covid: una vera altalena per lโ€™export mondiale nel primo trimestre dellโ€™anno. Ma secondo le rilevazioni dell'Osservatorio Vinitaly-Nomisma, il Belpaese ha reagito meglio della Francia. In difficoltร  i vini premium. Mantovani: โ€œRipartiremo dalla Cinaโ€.

  • 11 Maggio, 2020

Export del vino ai tempi del coronavirus: lo scenario

Ordini bloccati o rimandati, ristorazione ferma, consumi in stallo. Per settimane lโ€™Italia del vino รจ rimasta col fiato sospeso, aspettando che i terribili scenari solo immaginati o percepiti, prendessero forma nei numeri delle prime rilevazioni export nei Paesi extra Ue. Adesso si ha una certezza: la pandemia ha sรฌ modificato il quadro degli scambi vitivinicoli, ma la partita รจ ancora tutta da giocare. E soprattutto lโ€™Italia aveva iniziato con il piede giusto. Condizione che le ha consentito di arrivare al lockdown in vantaggio rispetto ai competitor.

Infatti, come era facilmente intuibile e come oggi certifica lโ€™Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, marzo ha fatto un poโ€™ da spartiacque nel commercio vitivinicolo, con il Belpaese protagonista nellโ€™avvio di partita (gennaio-febbraio), ma in ritirata nel terzo mese dellโ€™anno. Nel complesso, le elaborazioni, svolte su base doganale, segnano un andamento globale a due facce tra i top buyer mondiali. Vediamo nel dettaglio.

Stati Uniti: effetto combinato dazi-Coronavirus

Il trimestre in quello che รจ il primo mercato di destinazione per il vino italiano a valore, si รจ chiuso in terreno positivo a 477 milioni di euro (+16,8% sul trimestre 2019) e 88 milioni di litri (+2,6%) e con un prezzo medio di 5,42 euro (+13,9%). Chiaramente lโ€™exploit si รจ concentrato nei primi due mesi dellโ€™anno (+41% a gennaio e +39% a febbraio a valore rispetto agli stessi periodi del 2019), quando sul vino italiano incombeva la minaccia dazi che ha portato gli States a fare scorta di prodotto. E questo vantaggio ha attutito lโ€™inversione di tendenza di marzo (-17,4% a valore), in seguito allโ€™emergenza Covid-19. Ma resta da farsi una domanda: siamo sicuri che, con o senza Coronavirus, una volta svanita la minaccia dazi aggiuntivi, il decremento non sarebbe sopraggiunto comunque?

Come sottolinea il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani: โ€œSono due fattori esogeni, come i dazi e la pandemia, ad aver prima favorito e poi penalizzato la crescita delle nostre esportazioni di vino. Basti pensare come negli Stati Uniti si sia passati da un incremento record a valore del 40% del primo bimestre a una contrazione del 17,4% a marzoโ€.

In ogni caso, lโ€™andamento italiano in Usa รจ stato sopra la media degli altri Paesi: complessivamente le importazioni statunitensi del trimestre si sono chiuse a +10,9% a valore. Anche nel confronto con il nostro diretto concorrente, il Belpaese ne esce bene: la Francia nel solo mese di marzo รจ andata giรน del 33,3% (quasi il doppio dellโ€™Italia) rispetto allo stesso mese del 2019, dopo una crescita del +58,4% a gennaio e del +31,5% a febbraio.

un calice di vino bianco e sullo sfondo gli scaffali

Il rafforzamento della Gdo statunitense

Se si guarda ai singoli canali, cosรฌ come รจ avvenuto nel mercato italiano, anche in Usa il lockdown ha favorito gli acquisti nellโ€™off-trade (e, di conseguenza, dei vini di fascia medio-bassa). Canale in cui lโ€™Italia si inserisce bene, considerato che, per quanto riguarda i vini di importazione, detiene la seconda quota piรน rilevante per vini fermi a volume (26%), dopo solo allโ€™Australia (30%) e prima di Cile (10%) e Francia (7%).

โ€œNel 2019, le vendite di vini fermi italiani nellโ€™off-trade (gdo e liquor store) statunitense hanno raggiunto i 94 milioni di litri, che rappresentano solo il 40% delle importazioni totali della tipologiaโ€ rivela il responsabile dellโ€™Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor Denis Pantini che si chiede: โ€œChe fine farร  lโ€™altro 60% di vino fermo italiano? E soprattutto: lโ€™on-trade sarร  in grado di ripartire con i ritmi precedenti? Da qui la necessitร , specie per la fascia premium che รจ maggiormente penalizzata, di lavorare su un mix di canali che vedano protagonisti anche quelli dellโ€™e-commerce, in forte crescita non solo negli Usaโ€.

Cina: l’Italia perde meno

Ad Oriente, gli occhi erano tutti puntati sulla Cina, eterna scommessa per il vino italiano e punto di partenza per lโ€™emergenza Covid-19. Un Paese che non aveva di certo brillato nel 2019 in quanto a importazioni di vino (complice la precedente scorta di prodotti). E il trend negativo sembra non essersi interrotto neppure nel primo trimestre del 2020, quando la pandemia ha investito in pieno e per primo il Paese del Dragone: il decremento delle importazioni ha sfiorato a valore il 20% rispetto al pari periodo 2019, ma lโ€™Italia โ€“ sempre in terreno negativo โ€“ ha comunque contenuto le perdite: -13,5% a valore; -14% a volume. Ne esce molto peggio la Francia, che ha chiuso il trimestre a -37,2%. Un piccolo vantaggio da cui ripartire. Ne รจ convinto il direttore di Veronafiere: โ€œNei prossimi mesiโ€ ha detto โ€œlโ€™impatto della pandemia sui mercati internazionali sarร  ancora piรน evidente, ma ci piace pensare che questo autunno lโ€™Italia sarร  la prima a ripartire proprio in Cina, laddove รจ iniziato con effetto domino il lockdown sullโ€™on-trade del vinoโ€. Ed รจ proprio da lรฌ che, infatti, ripartirร  Vinitaly, con la prima edizione del Wine to Asia di Shenzhen (9-11 novembre) e con gli altri eventi di Vinitaly Hong Kong (5-7 novembre), e Chengdu.

Dal Canada al Giappone salgono le importazioni del trimestre

Per Canada, Giappone le importazioni complessive del trimestre si son mantenute in terreno positivo dopo gli exploit del 2019, mentre sono in rosso quelle dalla Svizzera (-10,8%). Se si guarda solo alle importazioni dallโ€™Italia, a valore gli unici segni negativi, oltre alla Cina, riguardano la Norvegia (-1,1%) e il Brasile (-8%), rispettivamente a 24,3 milioni di euro e poco piรน di 7 milioni di euro. Buoni, ma senza troppe sorprese, i risultati in Canada (81,1 milioni di euro; +2,4%) e in Giappone (39,6 milioni di euro; +2,1%), pressochรฉ stazionari in Svizzera (89,7 milioni di euro; +0,4%).

Il Covid colpisce soprattutto la Francia

Tra i mercati produttori, รจ la Francia che sembra accusare il colpo Covid-19 piรน degli altri Paesi. Soprattutto a causa dellโ€™affermarsi dellโ€™off-trade, terreno in cui lโ€™Italia si trova a concorrere soprattutto con i vini australiani, cileni e statunitensi. Per i cugini dโ€™Oltralpe, nel trimestre, si registra, inoltre, una virata in negativo in Giappone, ma anche delle forti perdita in Svizzera (-24,6%) e in Cina (-37,2%). Paese, questโ€™ultimo, dove il mese di marzo ha visto una caduta del 33,3% rispetto allo stesso mese del 2019, a fronte del -17,4% dellโ€™Italia. Unica nota positiva, lโ€™andamento degli sparkling negli Usa dove, nei primi tre mesi dellโ€™anno, il timore dei dazi al 100% ha fatto lievitare le importazioni di Champagne a +93%. Ma cosa succederร  nei prossimi mesi?

Vini premium in difficoltร : si abbassa il prezzo medio

Se cโ€™รจ un trend riscontrabile in quasi tutti i mercati extra Ue, รจ il calo del prezzo medio. Sono, infatti, i vini di qualitร  superiore che sembrano accusare maggiormente la variazione negativa di marzo: in Svizzera il lockdown della ristorazione ha infatti portato a una contrazione del prezzo medio allโ€™import del 14,6% rispetto allo stesso mese dello scorso anno, negli Stati Uniti un calo del 10,5%, nella Cina del 9,5%, in Norvegia dellโ€™11,5%. Lโ€™andamento riguarda anche lโ€™Italia che nel trimestre 2020 ha visto scendere, rispetto allo stesso periodo del 2019, i prezzi in Svizzera (-0,3%), Giappone (-4,1%), Norvegia (-7%) e Corea del Sud (-2,2%).

a cura di Loredana Sottile

Articolo uscito sul numero di Tre Bicchieri del 7 maggio

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