Un'intervista con risposte a a 12 mani, quelle dei 6 fotografi di Zest. Il primo collettivo di food photographer d'Italia. Giovani, col loro progetto interpretano il concetto contemporaneo di “condivisione”. Che è soprattutto condivisione di saperi, contatti, riflessioni.
Sono Ilva Beretta, Alessandra Desole, Andrea Fongo, Raffaele Mariotti, Tatiana Mura, Laura Negrato. E noi li abbiamo intervistati.
Foto di Andrea Fongo
Cosa è Zest?
Zest è il nome che ci siamo dati come collettivo di fotografi di food. Il significato più immediato è scorza di limone o di arancia ma significa anche entusiasmo, interesse e passione. Questi tre aggettivi riassumono quello che per noi rappresenta il food. Zest è formato da sei fotografi: Ilva Beretta, Alessandra Desole, Andrea Fongo, Raffaele Mariotti, Tatiana Mura, Laura Negrato.
Come e quando ma soprattutto perché nasce l'idea del collettivo?
Siamo nati a inizio 2017. Ci siamo conosciuti in un altro progetto che abbiamo deciso di abbandonare per creare un collettivo dove siamo rappresentati solo da noi fotografi.
Foto di Alessandra Desole (dittico)
Quali sono i vantaggi di consorziarsi?
Molteplici. Vale sempre il detto “l’unione fa la forza”. Poi rappresentiamo il concetto moderno di condivisione: ci si confronta, si discutono aspetti tecnici, idee creative e progettualità. Così facendo diventiamo tutti dei fotografi migliori.
Quali sono le cose che condividete?
Tranne due di noi su Milano, gli altri vivono in altre regioni d’Italia, perciò la nostra resta prima di tutto una condivisione di know-how, contatti, idee e progetti.
Non temete che le vostre singole identità di fotografi possano essere messe in ombra dall'immagine complessiva del gruppo?
Ognuno di noi ha un suo stile riconoscibile. Comunque abbiamo voluto mantenere un equilibrio, sia nel sito sia nei nostri canali social, dove coesistono l’identità di ogni singolo autore insieme a quella del collettivo.
Foto di Ilva Beretta
Le vostre tariffe sono uniformi oppure ognuno ha un prezzario differente? E come si riesce a gestire all'esterno?
Ogni autore del collettivo gestisce il proprio lavoro autonomamente e, di conseguenza, le tariffe che ritiene opportuno applicare. Nel caso in cui, invece, il lavoro venga affidato al collettivo la tariffa viene decisa di comune accordo.
Fate solo foto di cibo o anche altri generi?
Per la maggior parte degli autori il lavoro non si esaurisce con la food photography ma copre anche altri ambiti.
Amare il (buon) cibo è necessario?
Come in ogni professione anche nella food photography la buona riuscita del lavoro non può prescindere dalla conoscenza del soggetto trattato, ma serve anche una passione per l’arte culinaria e il cibo in ogni suo aspetto.
Da quando avete iniziato a occuparvi di fotografia a oggi, come è cambiato il vostro modo di fotografare?
Il lavoro è in continua evoluzione dal momento che la food photography ha tendenze che si modificano nel tempo, quindi anche il modo di fotografare segue di pari passo le richieste del mercato.
Foto di Laura Negrato
Cosa ha portato nel vostro modo di lavorare la creazione di questo collettivo?
La creazione di Zest ha portato soprattutto dialogo ma anche appoggio e sostegno. I fotografi, in generale, lavorano da soli e per se stessi, invece fare parte di un gruppo porta con sé il confronto tra diverse esperienze, professionalità e background. Diciamocelo, anche tanta pazienza per quanto riguarda l'organizzazione visto che siamo dislocati in varie parti d'Italia.
Come definisce ognuno di voi le proprie foto?
Raffaele Mariotti: croccanti. Tatiana Mura: alternative. Ilva Beretta: risultato di un'ossessione per la luce. Alessandra Desole: pop e contemporanee. Andrea Fongo: estetizzanti. Laura Negrato: introspettive.
Per chi lavorate e come?
Siamo pronti per ogni tipo di collaborazione che abbia a che fare col cibo, che sia una commissione o anche una richiesta di immagini che facciano già parte del nostro repertorio. Il fatto che siamo un collettivo di fotografi con diverse attitudini, stili e modi di lavorare significa che possiamo coprire molteplici richieste, insomma un ampio spettro d’azione a portata di click!
Foto di Raffaele Mariotti
Capita mai che ci sia un lavoro che arriva a uno di voi e poi, invece, viene passato a qualcun altro perché ha più affinità con quel che deve fare?
Ancora non è successo ma sicuramente capiterà in futuro, è questo lo spirito che ci accomuna.ù
Fate mai dei progetti insieme?
Zest è nato da poco, e non c’è stato ancora modo di partecipare attivamente a più mani su qualche progetto ma una delle idee alla base del collettivo è proprio la condivisione, e ci stiamo infatti muovendo per collaborare insieme a workshop, mostre, e altri progetti in cantiere.
Quali sono le novità più interessanti del mondo del cibo degli ultimi anni secondo voi?
A nostro avviso la cosa più interessante è che negli ultimi anni è cresciuto in maniera esponenziale l’interesse per questo mondo, portando l’attenzione mainstream su un settore che in precedenza era riservato agli addetti ai lavori. Questo ha significato un fiorire di nuove figure professionali, nuove opportunità di lavoro e un’attenzione a volte maniacale su tanti aspetti del mondo del food, dal foodblogging agli show in tv, dai libri di qualità ai documentari.
Foto di Tatiana Mura
I clienti capiscono la differenza tra un professionista e uno improvvisato?
Purtroppo c’è molta improvvisazione e approssimazione. A volte si fatica a far percepire la qualità del proprio lavoro con alcune tipologie di clienti e questo è dovuto sia alla poca preparazione del cliente sia a una saturazione del settore fotografico. Spesso vige il concetto del “good enough”, in cui quello che viene richiesto è alla portata anche di un non professionista, e si innesca un meccanismo da cui è difficile uscire.
Ora con le nuove tecnologie alla portata di tutti, dagli smartphone e alle fotocamere amatoriali sempre più sofisticate, come cambia il vostro lavoro?
Ci sono lati sia positivi che negativi: quello positivo è che le persone sono più propense ad avere una visuale estetica e recepiscono l'importanza di usufruire di una buona immagine per presentare il proprio prodotto. D'altra parte, con la democratizzazione del mezzo fotografico, molti "fotoamatori" accettano lavori pagati in visibilità o retribuiti pochissimo e questo va ad incidere sul lavoro del professionista che investe tempo e denaro per fornire un servizio professionale.
Foto di Andrea Fongo
Cosa vi piace e cosa non vi piace del mondo del cibo e della food photography?
Per molti versi è un mondo meraviglioso, il cibo oltre che coinvolgere tutti i sensi è anche nutrimento sia per il corpo che per la mente. Oggi, più che nel passato, si lavora per rendere il cibo più sostenibile e di alta qualità e questa è la giusta direzione per il futuro. Il cibo però è diventato anche un bene di consumo e lo spreco alimentare è un tema urgente da affrontare.
La food photography si è evoluta tanto ed è diventata, nel presente, un genere riconosciuto e di spicco e di questo ovviamente noi siamo contenti! Il rovescio della medaglia è che basta dare uno sguardo ai social come Instagram per esempio, e si noterà la tendenza all'uniformazione dell'immagine. È per questo che pensiamo che Zest sia utile per i compratori, art directors e clienti commerciali: perché offriamo una scelta di sei differenti modi di rappresentare il cibo, tutti diversi e distinti e assolutamente in linea con le tendenze.
A proposito: come la mettete con le app tipo Istagram?
Instagram è una grandissima risorsa. È vero: nei social in generale domina il foodporn ma usare in maniera intelligente i social permette di farti conoscere da un vasto pubblico senza dover ricorre a spese pubblicitarie.
Foto di Laura Negrato
Cosa manca all'Italia del cibo e soprattutto al racconto per immagini del cibo?
L'Italia sta iniziando ad aprirsi ad influenze esterne, viene usata molta più luce naturale e la "golden light" che ha dominato fino a ieri sembra che stia svanendo, aprendo la strada a delle immagini più naturali. Ovviamente c'è ancora molta strada da fare per uno stile che sia fresco, internazionale ma con un distinto e riconoscibile tocco italiano.
A cosa puntate? Carta stampata? Web? Campagne pubblicitarie? Libri? E come cambia i lavoro rispetto a queste variabili?
Ognuno di noi si dedica maggiormente ad un settore rispetto ad un altro ma come collettivo ci muoviamo su differenti generi fotografici. Una foto pubblicitaria può essere molto diversa rispetto a una editoriale. Cambia lo stile, cambia il messaggio talvolta possono cambiare anche gli strumenti. L'importante è non perdere mai di vista cosa si vuole comunicare attraverso la foto.
La differenza tra una foto commerciale e quella per un libro o un altro prodotto?
Per una campagna pubblicitaria il prodotto sarà il vero protagonista dell'immagine, per una rivista o un libro di cucina anche la preparazione del piatto è importante e bisogna riuscire a trasmetterla con uno scatto.
Foto di Raffaele Mariotti
Il cibo più difficile da fotografare?
Il cibo più difficile da rendere appetibile è sicuramente la carne. Ma gli alimenti più difficoltosi da fotografare sono quelli facilmente deperibili. Il gelato, per esempio, che si scioglie velocemente o le verdure a foglia verde che se non trattate da un food stylist con prodotti ad hoc appassiscono in fretta.
Analogico o digitale? Luce naturale o luce artificiale?
Preferiamo il digitale. Per ogni shooting si scattano moltissime foto e il digitale è sicuramente la scelta più appropriata, anche per la postproduzione. Per la luce alcuni di noi preferiscono la luce naturale, altri quella artificiale. Non c'è una regola, dipende dal proprio gusto, stile e soprattutto da cosa vogliamo ottenere.
Foto di Tatiana Mura
I trend nella fotografia di cibo secondo voi.
Tra i linguaggi visivi più usati abbiamo quello Pure white, nel quale predomina il bianco molto lineare e pulito. Un altro stile molto in voga al momento è quello Mystic light che a differenza dello stile citato in precedenza vuole un gioco di luci e ombre, qui dominano i contrasti. Potremmo citare anche lo stile pop che si ispira alla pop art ricco di colori, provocatorio e mai banale o lo stile legato ai simboli, alternativo in cui il cibo perde il suo significato originale.
Zest | https://www.zestphotocollective.com/
a cura di Antonella De Santis
foto di apertura di Ilva Beretta