“Dovremmo avere il coraggio di proporre la chiusura di diversi ristoranti! Così come chiudono gli ospedali 'inutili' o che non fanno buona sanità, allo stesso modo dovrebbero esser chiusi anche i ristoranti dove non si fa buona salute, dove anzi si fa pessima salute”. Il professor Antonio Gasbarrini, gastroenterologo, epatologo e docente al Policlinico Agostino Gemelli di Roma, lancia la sua provocazione davanti alla platea del Gambero Rosso in occasione del convegno sulla Formazione, presso la Città del gusto di Roma. “C’è chi demonizza la frittura”arringa la platea “si fa del terrorismo quando si avverte: i malati di fegato non devono mangiare il fritto! Ma non è vero, assolutamente. Bisogna evitare le fritture fatte male, con olio riutilizzato, pieno di sostanze tossiche e degradate. Certo, mica dico di mangiare sempre il fritto… Ma una buona frittura, fatta bene e con l’olio giusto non è certo un dramma”
Ecco, parte in quarta il prof nell’esporre quella che sembra essere sempre più la necessità primaria della gastronomia: fare bene alla salute. Oltre che stuzzicare il palato e dare piacere. “Le due cose possono e devono andare insieme. L’Italia ha una gastronomia ricchissima, abbiamo prodotti di eccellenza, una tradizione e una cultura che tutti ci invidiano. Pensate se oltre a ciò potessimo anche dire: non solo è buonissimo, ma fa anche benissimo alla salute”.
Insomma, il buono non basta più?
Mangiare è la prima modalità con cui diamo vita al nostro corpo, ci sono persone sane, per le quali il cibo è nutrimento e serve a prevenire le patologie; ci sono persone malate per cui il cibo oltre a nutrire ed essere buono deve e può anche curare. Chiaro, la tavola non può essere intesa come una terapia, una cura medica: soffocheremmo il gusto e il piacere che invece sono essenziali. Il maîtreo lo chef non possono essere dei medici. Ma è anche vero che non ho mai sentito chiedere agli ospiti se qualcuno soffra di pressione alta o di diabete o se vuole stare attento all’obesità… Lo chef e il cameriere devono sapere che ciò che propongono può far bene, ma anche male. Nei ristoranti si vende salute, ma si possono anche vendere malattie. Se un ospite vuole gustarsi un bel piatto robusto e calorico, magari un piatto tradizionale molto ricco, il maîtree il cuoco devono avere la forza di consigliargli caldamente di non prendere altro se non un’insalata. Lo studio dei cibi, delle materie prime, degli ingredienti e di come si combinano tra loro rispetto alla salute del corpo deve essere centrale nella formazione degli operatori dell’enogastronomia. Anche pensare a un bicchiere da vino più piccolo, per non togliere il piacere della degustazione ma abbassare la quantità di alcol, può avere la sua importanza: piacere e salute, occorre trovare un punto di incontro.
Un esempio?
Beh, prendiamone uno semplice semplice. Basta guardare l’olio extra vergine di oliva: in un supermercato ne troverete di tutti i tipi, dai 3 ai 15 euro. Come scegliere e perché? Qual è la differenza tra i prodotti? Il ristorante non è uno studio medico, ma nel ristorante si può fare davvero molto per la salute e per far crescere la consapevolezza e la cultura alimentare dei consumatori. Del resto, anche per la celiachia è andata un po’ così: anni fa chi aveva intolleranza al glutine non trovava nulla o quasi; oggi ci sono una marea di piatti e di menu dedicati.
Ma come far crescere questa attenzione alla salute nelle cucine?
Sicuramente attraverso la formazione: nelle scuole, saper fare bene una torta o un arrosto deve avere la stessa importanza di sapere cosa fanno quel cibo o quella cottura. E, soprattutto, questo messaggio deve partire dall’alto: pensate se in programmi come Masterchef o al Gambero Rosso Channel, oltre al piatto e alle tecniche si parlasse di come quel piatto agisce sul nostro corpo, per cosa o per chi faccia bene… Diventerebbe una moda, tutti ci andrebbero dietro.
Ma è così grave mangiare male?
Si. Io credo che mangiare male faccia molto peggio che fumare. Se sui pacchetti di sigaretta c’è scritto “il fumo uccide”, perché non scrivere lo stesso su un cibo che fa male? Del resto, le principali cause di malattia sono oggi legate all’alimentazione: malattie cardiovascolari, ipertensione, diabete… Su 100 di questi casi clinici, solo 20 sono in relazione a fattori genetici: l’80% dipende da ciò che si mangia.
a cura di Stefano Polacchi