Andare all'estero è una delle tappe del percorso di formazione di uno chef. Momento di crescita professionale, di acquisizione di esperienze, riconoscimenti e ispirazioni. Non fa notizia chi vola via, per un periodo più o meno lungo. Fa notizia chi invece torna indietro, proprio dalla stessa località da cui è partito, un piccolo centro di provincia e non una metropoli di respiro internazionale. Perché è la prova tangibile che lavoro e passione possono convivere anche senza ricorrere a esili forzati. Che puntare al successo, a volte, può significare tornare, non solo partire.
Accade nel luglio 2010 quando, dopo oltre 10 anni fuori, tra Roma, Shanghai, Hong Kong, Jakarta e Mauritius, Angelo Sabatelli, classe 1969, ha inaugurato il ristorante che porta il suo nome presso l’Antica Masseria Spina. Una struttura cinquecentesca nella fertile e generosa campagna di Monopoli (Bari), proprio dove ha iniziato la lunga gavetta che lo ha portato, tra i più acclamati chef pugliesi del momento: due forchette del Gambero Rosso e 1 stella Michelin appena conquistata.
Diamo un rapido sguardo al menu di stagione: Tortelli di fave con aglio forte, Orecchiette con ragù e fonduta di canestrato DOP, Pasta mista con fagioli, cozze e cime di rapa, ma anche Ombrina arrosto con zabaione di ostriche e carciofi, Polpettine di “incrapriata” con scampi alla piastra,infuso di peperone e filone soffiato ripieno di cicorie amare, Melanzana fondente con battuto di maiale, sponsali, zenzero e foie gras. Per dessert, Bon bon di cioccolato, lampascioni canditi, liquore al carciofo, Mela, fave fritte e caramello, Bocconotto di mandorle e pere con gelato crema e salsa di cioccolato calda. Sì la Puglia c’è ma ancor di più emerge il tocco originale dello chef.
Dalla Puglia all'Estremo Oriente e ritorno. Come è iniziata questa avventura?
Dopo gli studi alberghieri cominciai subito a lavorare nelle cucine di alcuni noti locali della provincia barese, fino all’impiego presso la Masseria Spina di don Peppino Meo Evoli dove un cliente, professionista del settore, apprezzando il mio lavoro, mi spalancò le porte della Capitale. A Roma furono anni intensi e bellissimi, coronati dalla preziosa esperienza al Convivio Troiani dove, insieme a una squadra affiatatissima, a 25 anni conquistai la prima stella Michelin. Poi, la decisione di raccogliere nuove sfide, di esplorare territori nuovi. Il risultato sono stati 12 anni trascorsi in Oriente, occupandomi per lo più della gestione delle cucine di prestigiosi complessi alberghieri. Jakarta, Hong Kong, Shanghai e infine Mauritius. Arrivai al punto di coordinare contemporaneamente 8 ristoranti, con brigate composte da 15-20 elementi: un vero e proprio lavoro da scrivania, molto lontano dal mio primo amore, la cucina. Infine, la voglia di tornare sul campo di battaglia divenne insostenibile. E tornai a casa.
Cambiando così tante destinazioni, viene naturale pensare alla contaminazione. Che tipo di cucina proponeva?
Posto che sono un fiero fautore della qualità al 100%, il punto di partenza è sempre stata la cucina italiana, molto apprezzata all’estero, nei limiti della reperibilità del prodotto e dei gusti delle pubblico coinvolto. A Hong Kong avevo a che fare con le richieste una città interazionale, a Jakarta l'elemento con cui confrontarsi era la convivenza fra diverse etnie e religioni, mentre Shanghai si è subito dimostrata affezionata alla tradizione. In ogni caso, ora come allora, la mia rimane una cucina di cuore, che mantiene un legame con la tradizione ma in definitiva è frutto della mia espressione personale.
E, tornando in Italia, ha conservato un tocco d’Oriente?
Nessun esperimento fusion. Dall’esperienza all’estero ho portato con me solo alcune tecniche e qualche accorgimento estetico. La mia cucina è pur sempre legata al territorio pugliese, che finisco per reinterpretare in base all’ispirazione del momento, sostenuto da tanta curiosità e tanta passione. I miei piatti sono semplici, essenziali, poco lavorati perché incentrati sul prodotto – fiori ed erbe compresi - che prendo in considerazione solo quando arriva a parlarmi, a comunicarmi un’emozione da tradurre a tavola attraverso le mie ricette.
Quindi, in definitiva, perché è tornato?
Mi mancava il contatto con i clienti, mi mancavano gli ingredienti. L’Italia è una tera meravigliosa su cui si può ancora scommettere, unendo duro lavoro, passione e competenza. È anche una fucina inesauribile di nuovi talenti sparsi per la penisola, con tanta voglia di fare, a cui andrebbe data più visibilità da un punto di vista mediatico. Infine, credo sia fondamentale fare degli investimenti, a tutti i livelli, a partire da quelli necessari alla formazione del personale. All’estero mi colpiva la grande preparazione della gente con cui lavoravo, dalcommis al sommelier, segno di una grande attenzione alla qualità del servizio che veniva sempre ripagata. Insomma, se non si spende, non si guadagna: io credo profondamente in quest’adagio.
E in Puglia, nello specifico, cosa sta accadendo?
Da noi ci sono dei grandi esempi di eccellenza, colleghi bravissimi con cui intercorrono rapporti di stima. Ma c’è ancora tanto da fare in termini di cultura del buon cibo e della ristorazione di qualità. La gente è affezionata alla cucina di casa propria, e quando decide di uscire cerca innanzitutto di tamponare il più possibile le spese, senza dare importanza a ciò che viene servito nel piatto. E poi, nonostante il recente fermento turistico, la Puglia enogastronomica ha ancor tanto da raccontare. La mia speranza è che ci siano sempre più appuntamenti e occasioni in grado di valorizzarla appieno nella sua bontà e nella sua infinita bellezza.
Angelo Sabatelli Ristorante | Monopoli (Ba) | viale Aldo Moro, 27 | tel. 080.802396 | www.angelosabatelliristorante.com
a cura di Daniela Dioguardi