Prodotti del mese. Marzo, il carciofo e la ricetta di Andrea Golino

1 Mar 2018, 11:06 | a cura di

Fiori di carne vegetale, i carciofi si trovano sul mercato da novembre fino a maggio ma è indubbio che le varietà primaverili sono le migliori per tenerezza e sapore. La rustica dolcezza e l'amabile forza amarognola li rendono degli ortaggi duttili che si prestano a ogni tipo di preparazione.

Pochi sanno che l'Italia è il maggiore produttore mondiale di carciofi, non è un caso che vengano coltivati praticamente lungo tutta la Penisola. Vi raccontiamo alcune tra le tipologie più interessanti, ordinate per latitudine.

Le varietà

Sul mercato esistono moltissime varietà di carciofi che possono essere classificate in base a diversi fattori. Possono avere forma tondeggiante o allungata, possono essere di colore verde intenso o di diverse sfumature, oppure caratterizzati da venature violacee. Alcune varietà presentano spine alle estremità delle brattee (foglie), altre sono inermi, cioè sprovviste di spine. In base poi al comportamento nel ciclo fenologico si distingue fra varietà autunnali o rifiorenti e varietà primaverili o unifere. Una volta appurato questo, vediamo le tipologie più interessanti.

Le tipologie più particolari nel Nord Italia

Andando da Nord verso Sud, partiamo dal Violetto di Sant'Erasmo: da secoli nella laguna di Venezia, e in particolare nell'isola di Sant'Erasmo, si coltivano questi teneri e carnosi carciofi. Caratterizzati da una forma allungata e dalle brattee (foglie) esterne di color violetto cupo, i Violetti di Sant'Erasmo sono amati soprattutto per le “castraure” - il frutto apicale della pianta di carciofo che, tagliato per primo, consente lo sviluppo di altri 18-20 carciofi laterali detti botoli - dal sapore unico. Sempre violetto è quello coltivato in Toscana, soprattutto in Maremma. Parliamo del Violetto di Toscana, un carciofo piccolo, tenerissimo e senza spine, anche lui di forma allungata simile a un fuso e di colore viola intenso. In Emilia-Romagna, invece, c'è il Carciofo Moretto di Brisighella, un prodotto che beneficia di un particolare clima e di un terreno argilloso, tipico dei calanchi dell’Appennino brisighellese. A differenza dei due “violetti” si tratta di una varietà rustica, in quanto non ha mai subito interventi genetici. Il che si traduce in un carciofo con le spine e le foglie grandi, e dal sapore lievemente amaro, ma allo stesso tempo fresco e piacevole. Spostandoci in Liguria troviamo il Carciofo Spinoso di Albenga, coltivato nell'omonimo paese e in alcuni comuni della piana di Albenga, viene chiamato anche “Violetto di Albenga” o “Violetto spinoso di Albenga”. Uno degli elementi caratterizzanti è la consistenza delle brattee interne, che sono tenere, croccanti e dolci, il che ne fa un carciofo ottimo da mangiare anche crudo.

Centro e Sud Italia

In diverse aree del Lazio viene coltivato il Carciofo Romanesco IGP. Le cultivar più conosciute sono il Castellammare, particolarmente precoce, e il Campagnano, una varietà tardiva. Detto anche cimarolo (termine che solitamente indica il cuore, la parte più pregiata dell'infiorescenza commestibile) o mammola, questo carciofo si distingue per la forma rotondeggiante, il colore tra verde e violetto, il diametro superiore ai 10 centimetri, la particolare morbidezza del cuore, e per la mancanza di spine e la maggior dolcezza al gusto. Scendendo lungo la Penisola arriviamo in Campania con due carciofi molto famosi:il Carciofo Bianco di Pertosa e quello di Pietrelcina. Il primo è un presidio Slow Food coltivato esclusivamente a Pertosa e nei comuni limitrofi di Auletta, Caggiano e Salvitelle. Chiamato in dialetto locale carcioffola, è il carciofo più tardivo d'Italia (si raccoglie dalla metà di aprile alla fine di maggio, secondo l'andamento stagionale), è privo di spine ed è caratterizzato dal colore verde chiaro e bianco all'interno. Il Carciofo di Pietrelcina si coltiva invece in questo piccolo paese del Sannio Beneventano. Le caratteristiche? È grande, saporito e tenero grazie all’usanza di proteggerlo dal sole con le sue stesse foglie, ma soprattutto all’alchimia tra clima e terreno; non si è ancora scoperto il segreto per cui solo in determinati appezzamenti crescono dei carciofi straordinari, mentre a pochi metri di distanza il risultato è notevolmente diverso. Sempre campano è il Carciofo di Paestum IGP, appartenente alla famiglia dei carciofi romaneschi, è rotondo, privo di spine e con le foglie verdi con particolari sfumature violetto-rosacee. Rotolando verso sud arriviamo in Puglia, che vanta la maggior produzione di carciofi d'Italia, con larga diffusione in tutto il territorio, dal Gargano al Salento.Una particolare menzione va al violetto di Trinitapoli, un carciofo che raggiunge le sue migliori caratteristiche organolettiche a novembre.

Le isole

In Sicilia prevale la varietà “Violetto”, dal Violetto Catanese o Ramacchese al Violetto Gagliardo, dal Niscemese al Carciofo di Lentini. E c'è chi addirittura gli ha dedicato un monumento, come il comune di Cerda. Mentre inSardegna, tra i tanti, c'è lo Spinoso Sardo (coltivato anche in Liguria con il nome di Carciofo spinoso d'Albenga)caratterizzatoper un capolino conico di colore verde con sfumature violetto-brunastre, spine di colore giallo e gambo poco fibroso e tenero. Il profumo è intenso e floreale, la consistenza carnosa, tenera e croccante. Al gusto risulta poco astringente, grazie al caratteristico equilibrio tra note amare e dolci. Ora, una ricetta tratta dal libro GolFinger di Andrea Golino.

 

Carciofi alla romana di Andrea Golino

La ricetta di Andrea Golino: Carciofo alla romana con acqua di provola e cialde di mais

Ingredienti

4 carciofi

1 spicchio d'aglio

20 cl di vino bianco

2 limoni

Olio extravergine d'oliva

125 g di provola

Per la cialda

500 g di acqua

25 g di farina di mais fioretto

2 g di sale

3 rametti di prezzemolo

3 rametti di mentuccia

15 g di olio extravergine d'oliva

Portare a bollore l'acqua con il sale grosso, unire la farina di mais a pioggia e mescolare con un cucchiaio di legno, cuocendo per circa 30 minuti. Tritare le erbe, unirle all'olio e incorporare alla polenta calda. Stenderla tra due fogli di carta forno per ottenere uno strato sottilissimo. Infornare a 140° C fino a doratura, quindi ricavare delle cialdine.
Procedere con i carciofi: mondarli, eliminando le foglie dure e la barba interna, e tenerli un po' in acqua acidulata con il succo di limone. Rosolarli in una casseruola con olio extravergine per pochi minuti. Sfumare con vino bianco, ricoprire con acqua e olio fino a metà della loro altezza. Coprire con alluminio e cuocere a fuoco medio.

Per l'acqua di provola, mettere il formaggio in una ciotola, coprire con la pellicola, infornare nel microonde alla minima potenza per 15 minuti. A questo punto emulsionare il liquido ottenuto con un cucchiaio dell'acqua di cottura dei carciofi.
Impiattare, ponendo l'emulsione al centro dei piatti, sopra poggiare il carciofo e finire con una cialdina di mais.

 

a cura di Annalisa Zordan

 

 

 

 

 

 

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