Ginepro e alcol distillato. Da questa base nasce il Gin, sia esso Gin, Distilled Gin o London Gin. “Si parte da questi due ingredienti per poi aggiungere, molto liberamente, botanical, erbe - ginepro, iris, limone, arancia, coriandolo, tra gli altri - cereali, aromatizzazioni. Questo fa sì che il Gin sai prodotto ovunque con risultati estremamente differenti e interessanti. Ma il gusto di ginepro, al palato, deve rimanere dominante, presente, imprescindibile. Oppure non parliamo di Gin”. Firmato Desmond Payne, master distiller di Beefeater Gin, un vero pezzo della storia britannica di questo spirit.
Lo abbiamo incontrato al Gin Day organizzato Bartender.it, svoltosi a Milano lo scorso lunedì 16 settembre, la prima giornata italiana dedicata unicamente al Gin in tutte le sue declinazioni che abbiamo visitato per voi. Ve la raccontiamo attraverso un piccolo tour di assaggi tra grandi classici e novità interessantissime.
La nostra giornata è iniziata con l’intramontabile Beefeater. Il classico dry gin, è pungente e ricco di note agrumate. Secco e caldo, emergono evidenti le note di ginepro; poi c’è 24, esperimento che Desmond Payne ha coraggiosamente introdotto nel tradizionale mondo del Gin britannico: ai classici botanical, sono state aggiunte tre tipologie di tè, cinesi e giapponesi, oltre al pompelmo. Il tè non aggiunge solamente qualcosa in termini di gusto, ma modifica chimicamente il rapporto tra gli elementi creando un sapore totalmente diverso. Il Gin è fresco, balsamico, verticale al palato e molto morbido. Chapeau, Mr. Payne.
Dal classico al nuovo: l’assaggio di Xellent Swiss Edelweiss Gin, prodotto in Svizzera con erbe alpine fresche e a base vodka (anziché semplice alcol distillato), ci propone qualcosa di diverso, curioso. È un prodotto dove si sente l’utilizzo di acqua di sorgente, è liscio, pulito, molto morbido e delicatamente profumato. E poi c’è un’altra azienda che sull’acqua, che rappresenta il 60% di questo spirit, ha puntato molto: Martin Miller’s Gin utilizza acqua “viva”, ricca di sali minerali, proveniente dall’Islanda. Questo regala al Gin un gusto molto, molto pulito ed elegante. Sicuramente ottimo per cocktail dal gusto sottile e fine, a nostro avviso ha tutte le carte in regola per essere gustato con piacere anche liscio.
Si torna al classico con il Plymouth, vera istituzione inglese, in due versioni: classico (41% di alcol), fresco e godibilissimo, e in versione più alcolica (57%), caldo e avvolgente, con una marcia in più anche se si deve fare i conti con ben 16° extra. Passiamo poi al Bombay Sapphire, un altro prodotto dai grandi numeri, che negli anni ha modificato la ricetta originale per arrivare oggi a utilizzare un range di erbe molto ampio. A fare la differenza nel gusto è il filtraggio tramite rame dei botanical che vengono solo attraversati dall’alcol e non macerati per un risultato più delicato: in effetti all’assaggio si sente ogni elemento, ma sempre in modo molto soft, con una percezione tattile sul palato estremamente liscia. Il gusto è appena dolce, il che spiega anche la predilezione del mercato americano per questo prodotto. È stata quindi la volta di Hendrick's, storica azienda scozzese che nel ciclo di produzione utilizza due alambicchi: in uno i botanical vengono lasciati macerare nell’alcol, nell’altro vengono filtrati per ottenere solo l’essenza. Vengono poi miscelati con aggiunta di rosa, che si sente distintamente al gusto e caratterizza questo Gin, e cetriolo.
C’è poi un capitolo a parte, ovvero i Gin olandesi, gli antenati del Gin attuale: Parliamo dei Jenever, distillati che si avvicinano molto al whisky che gli inglesi avrebbero copiato per farne una bevanda alcolica leggermente differente. Gli inglesi, a quanto sembra, sarebbero rimasti affascinati da questa bevanda conosciuta proprio in Olanda nei primi del ‘600, ma essa presentava due ostacoli: la base, oltre al ginepro, era malto, assai costoso all’epoca, e la distillazione andava effettuata tre o quattro volte. Il processo fu allora ridotto, fu eliminato il malto, e nacque il Gin inglese che oggi conosciamo.
Ci sono aziende che oggi cercano di recuperare questo stile di produzione come Bols Genever e Zuidam. Nel Jenever della prima azienda emergono cereali, note vegetali nettissime, è un po’ ruvido, ma di gran carattere. Il secondo Jenever, quello di Zuidam, viene distillato tre volte, invecchiato in botti nuove di quercia americana e ricorda molto il whisky: note di anice e liquirizia, con una dolcezza di fondo molto spiccata e, anche se il naso ci lascerebbe pensare a un alcolico forte e robusto, al palato risulta delicato, soffice ed elegante. Una vera sorpresa, ma in effetti siamo al cospetto del progenitore del Gin attuale e che oggi, a detta di alcuni produttori, è il next generation Gin. Staremo a vedere. Di sicuro c'è che l’ampia scelta a disposizione, tra classici, novità, guizzi geniali e sguardi al passato, ci consente di scegliere prodotti eccellenti e per tutti i palati. Purché ginepro sia.
a cura di Alessio Noè