Nino Barraco dice addio alle fiere di vino naturale: “L'anno prossimo vado al Vinitaly con i siciliani”

2 Mag 2024, 18:18 | a cura di
Il vignaiolo marsalese prende le distanze dalle fiere del mondo naturale, a suo avviso, veicolo di un messaggio ormai conservativo. Ma non risparmia critiche neppure al Consorzio della Doc Sicilia: "Hanno snaturato il grillo piantandolo in tutta l'isola"

Nel padiglione Sicilia del Vinitaly lo salutano tutti Nino Barraco, anche se lui uno stand nella Fiera di Verona non ce l'ha (anzi, ha avuto un banchetto a Vi.Te, il salone satellite dedicato ai vignaioli naturali all'interno del polo fieristico). Quest'ultima edizione l'ha vissuta più da visitatore (tranne la sera con un impegno nel fuori salone di Drink With Love). Stringe mani, saluta amici, assaggia e si sbottona sulle sue intenzioni per il prossimo anno, partecipare con la sua azienda nello spazio Sicilia – Padiglione 2.

Al Vinitaly per promuovere lo stile ossidativo

Il produttore marsalese non nasconde un certo fastidio verso le etichette, verso una in particolare, quella di produttore di vino naturale e la scelta di entrare dalla porta principale della fiera di Verona ha a che fare con questa avversione: «Dopo 20 anni di lavoro e di riconoscimenti è arrivato il momento di spendermi al meglio per il mio territorio – spiega Barraco - Marsala e la Sicilia e anche per uno stile di vino, quello ossidativo». Non rinnega l'impegno collettivo – gli anni passati nelle fiere “naturali” dove a contare era più il messaggio che il nome aziendale – ma proprio quella “lotta” (per Barraco fare vino è un gesto politico, ma lo chiariremo meglio dopo) ha reso tutti troppo uguali. Ed è qui che nasce il disappunto del produttore: «Lo spiego facendo un paragone con l'arte: in tanti credono che l'astrattismo sia possibile a tutti. Invece non è così perché la cosa copiata non ha lo stesso valore. Produttori come Paolo Vodopivec e Benjamin Zidarich sono degli artisti perché hanno un'idea e una consapevolezza, portano avanti un messaggio. Tanti altri si sono semplicemente infilati in una corrente, pensando che bastasse fare lunghe macerazioni ai vini. Questa è gente improvvisata e, cosa peggiore, anche in malafede».

Basta con le fiere dei vini naturali

Come si fa allora a prendere le distanze? Uscendo dai ranghi di un movimento/moda/corrente diventati per Barraco troppo stretti e provando a scommettere tutto sul proprio nome: «Sono incavolato con chi generalizza, ecco perché non mi piace l'appellativo di produttore naturale. Io voglio essere presentato come Nino Barraco e credo di meritarmi una critica al mio lavoro per quello che è e non per quello che rappresenta. Non siamo tutti uguali». Il produttore parlerà di sé e dei suoi vini al prossimo Vinitaly, con uno stand tra nomi conosciuti, conosciutissimi e meno noti, tra vignaioli e imprenditori vitivinicoli.

Di certo i suoi estimatori - che sono tanti – lo cercheranno nel Padiglione 2 e non è difficile immaginare un bell'assembramento di gente. Il fatto è che se certe assenze non sono pesate negli anni (vedi articolo sui grandi assenti di Vinitaly 2024), vero è che le nuove presenze si faranno notare (si vocifera di un Arianna Occhipinti in linea con Barraco). Il produttore marsalese, nello grande spazio siculo, porterà soprattutto l'uva a lui più cara, il grillo. Declinata, però, in etichette Igt, facendo così un po' da contrappunto al vino grillo in veste Doc Sicilia, definito da Antonio Rallo, presidente dell'omonimo consorzio, nell'ultima edizione del Vinitaly un «fenomeno unico nel panorama enologico del Paese» (secondo i dati Nielsen il grillo cresce nel 2023 di un + 20% a volume e di + 19% a valore). «Non ho mai fatto mistero – continua Barraco – di non condividere la logica adottata dal consorzio su quest'uva a cui, secondo me, è stato sottratto l'apice territoriale. Le sue radici sono a Marsala e nelle sue contrade. Tutto quello piantato altrove è una replica. Anche questo racconterò allo stand, il legame reale tra un vitigno e un territorio. Il punto è che il vino è anche un prodotto storico-culturale e piantare grillo qui e non altrove significa preservare la storia e la cultura di un posto».

Il modello Mediterraneo di fare vino

Grillo grappolo (1)

Ecco l'impegno politico del vignaiolo Nino, figlio di un mezzadro, che si è messo a fare vino un in posto dove i soldi si facevano con il Marsala – questa volta inteso come vino – da usare in cucina. Il successo è arrivato – anche in termini di solidità economica – e la chiusura del cerchio è rappresentato dall'Alto grado, il marsala pre-british, (quello che i marsalesi facevano per casa senza l'aggiunta di fortificazione voluta dagli inglesi) che lui fa solo con la migliore uva grillo: «Ecco un'altra bella storia da raccontare - continua il produttore – sempre più produttori a Marsala hanno ricominciato a fare questo vino antico che poi è molto contemporaneo. Lo aveva capito Marco De Bartoli nel 1980 con la prima annata di Vecchio Samperi: prese un vino contadino e lo nobilitò. Mettere al centro del racconto lo stile ossidativo vuol dire anche parlare di “modello Mediterraneo”, perché esistono tanti modelli di vino ed è sciocco pretendere da un vino siciliano colori, sapori, parametri che non gli appartengono (qui si veda alla voce “vino rivedibile o bocciato secondo le commissioni per assegnazioni della Doc, cosa accaduta anche a Barraco tra il 2020 e il 2021; ndr)».

La frecciatina al mondo della critica enologica

Il discorso della valutazione di un vino accende in Barraco un'altra insofferenza, quella per gran parte della critica enologica e dei degustatori, a suo dire, incapaci di fare dei distinguo: «E questo succede – continua – perché nel mondo del vino non c'è libertà, ci si si pone davanti a un bicchiere già con la volontà di esaltarlo o di distruggerlo. Non c'è critica, ma solo giudizi». Di giri di parole il viticoltore non ne usa, il movimento aggregativo dei “vinnaturisti” è finito e se è ancora importante - e per Barraco lo è - sottolineare l'approccio sostenibile del proprio lavoro, ciò va fatto con un'azione individuale: «Questo non vuol dire girare le spalle ai colleghi e amici produttori – aggiunge il viticoltore - ma cercare altri spazi dove confrontarci e dialogare. Molti di noi sentono l'esigenza di parlare di vino uscendo dalla comfort zone delle piccole fiere che veicolano un messaggio univoco e che trovo ormai conservativo. Così non c'è vera crescita». Se la Barraco vini è pronta a indossare la maglia della Sicilia alla prossima edizione della fiera scaligera, viene anche da chiedergli se il passo successivo sarà l'iscrizione ad Assovini Sicilia (associazione che riunisce oltre cento realtà dell'isola), ma la sua risposta, con il sorriso, è: «Non esageriamo adesso!».

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