Versi di vini. Vino e poesia, dalla Cina alla Persia

8 Dic 2015, 15:30 | a cura di

La cultura, inclusa quella del cibo, passa anche attraverso la poesia. Così abbiamo deciso di parlarvi del vino mediante le liriche più belle a esso dedicate. Partiamo da dove ha inizio la vite e la trasformazione dell'uva in bevanda alcolica. In cammino dall'Oriente antico ai giorni nostri.

Quella che state leggendo è la prima puntata di una rubrica dedicata alla poesia e al vino, connubio conosciuto in tutte le culture, da Noè fino ai giorni nostri. Non c’è quindi alcuna difficoltà a cercare e trovare le liriche “vinose”, semmai il problema è stato: come impostare questa prima puntata? La logica seguite è stata una: dalla Bibbia sappiamo che Noè, dopo il diluvio, coltivò la vite e ne ricavò il vino (con tutto quello che successe dopo). L’arca di Noè si è fermata sul monte Ararat nel Caucaso, dove le colline ai piedi dell’imponente montagna erano coltivate a vite fin dal 7000/5000 a.C. e inoltre, è dimostrato che nell’antichità la vite prosperava sia in Persia (odierno Iraq) in Cina. Quindi l’Asia è stato il punto di partenza anche per noi.

 

Li Po (701-762)

Li Po, 701-762, considerato in Occidente il più grande poeta cinese di tutti i tempi ci ha lasciato un migliaio di poesie Per la sua somma arte, Li Po venne incoronato “Talento Immortale” e per la sua smodata passione per il vino, denominato“Immortale del vino”. Eccovi di Li Po due liriche di struggente bellezza:

 

Bevendo da solo sotto la luna

 

Una brocca di vino in mezzo ai fiori:

bevo da solo, non ho compagnia.

Alzo il bicchiere e invito la luna:

ecco la mia ombra, così siamo in tre.

Che importa se la luna non sa bere

e la mia ombra non fa che seguirmi?

Per ora godo la loro compagnia:

restiamo allegri finch’è primavera.

Mentre canto la luna vaga intorno,

mentre danzo la mia ombra si sparpaglia.

Da sobri stiamo lieti in compagnia,

ebbri,ciascuno va per la sua strada.

Legati da amicizia spassionata,

c’incontreremo nuovamente in cielo.

 

Ricordo d’un addio in una taverna di Nanchino

 

Con il vento entra nella taverna

un profumo di salici in fiore.

La bella di Wu che mesce il vino

mi chiama che assaggi.

Gli amici di Nanchino

son venuti a farmi compagnia:

chi parte, chi resta,

ognuno vuota il bicchiere.

Prova chiedere al fiume

che scorre verso oriente

se la tristezza degli addii

è più lunga o più breve del suo corso.

 

Abu Nuwas

Vero nome Al Hasan ibn hani, detto anche Il ricciutello. Nato in Persia nel 758 e morto nell’814, Abu Nuwas fu uno dei maggiori poeti arabi e la sua opera si colloca nel quadro del vasto rinnovamento della poesia preesistente. I temi principali della sua vasta opera sono quelli erotici e bacchici, trattati ora con delicata sensibilità, ora con realismo oppure con tagliente ironia. Due liriche esemplari sono quelle che vi proponiamo qui.

 

Ella si levò col suo boccale, nella notte

fitta, e dal suo volto brillò nella stanza un bagliore.

E dalla bocca del bricco versò un vino

puro, che basta gurdare per essere presi dal sonno.

Troppo sottile per l’acqua, che ad esso

non si adatta in finezza e nella sostanza gli ripugna.

Se ci mescolassi luce, essa si mescolerebbe

con lui, e ne nascerebbero altre luci e fulgori

 

 

Il vino è un rubino, la coppa è una perla

di mano di una fanciulla

dalla svelta taglia.

Essa ti versa un vino dagli occhi e uno

dalla mano: una duplice ebbrezza

cui non puoi sottrarti.

 

 

a cura di Giuseppe Brandone

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