Cosa, anzi chi, c’è dietro alla Prosecco-mania negli Stati Uniti? A rivelarlo è l’analisi dell’Osservatorio Uiv sui dati Iwsr, secondo cui il 60% dei consumi delle bollicine del Triveneto è in quota rosa. Sono, quindi, le donne a sostenere Oltreoceano le vendite del re degli sparkling made in Italy. Non solo. Le consumatrici sono anche più informate sull’offerta enologica rispetto agli uomini: con un tasso di awareness al 76% contro il 69% dei maschi. Le bollicine trivenete, in particolare, raggiungono un livello di notorietà del 48% tra le donne, mentre si fermano al 31% tra i maschi.
Ma – rileva l’Osservatorio – dietro il “fenomeno Prosecco” negli Usa, che tra gennaio e febbraio hanno registrato una corsa alle scorte pre-dazi (+42% il valore dell’export nel primo bimestre), non c’è solo la variabile di genere. Se si guarda al portafoglio, a stappare bollicine made in Italy sono nel 65% dei casi i consumatori che guadagnano oltre 80mila dollari l’anno, e più di un quarto dei Prosecco-lovers (27%) dichiara redditi per più di 150mila dollari.
Ma quanto costa bere bollicine italiane negli States? Nel fuori casa 7 consumatori americani su 10 spendono più di 20 dollari al litro per il Prosecco, mentre si ribalta la proporzione nell’off-premise, dove il 61% dei consumatori sceglie a scaffale prodotti sotto i 20 dollari al litro.
Sotto il profilo geografico, la Prosecco-mania incrocia la costa Atlantica ma anche quella Pacifica: oltre la media figurano i consumatori del New England, del South e Middle Atlantic fino al Pacific.
«Negli Stati Uniti il Prosecco è simbolo di eleganza, moderazione e stile di vita italiano – spiega il responsabile dell’Osservatorio Uiv, Carlo Flamini – non è un caso se è apprezzato in tutte le fasce di età, con picchi tra le over 55. Ma la vera scommessa, oggi, è quella multietnica».
In un momento in cui la società americana sta cambiando profondamente, a sopravvivere saranno quei prodotti capaci di parlare a gusti e nazionalità differenti. «Il Prosecco sino ad oggi è presidio dei consumatori bianchi, che rappresentano quasi l’80% del mercato – continua Flamini – mentre fatica a raggiungere gli ispanici, i neri e gli asiatici. È proprio in queste coorti, sempre più rilevanti anche da un punto di vista demografico, che dobbiamo recuperare per attirare nuovi appassionati. Si tratta di attivare leve comunicative efficaci e promuovere la dimostrata versatilità dello sparkling made in Italy».
Oggi l’Osservatorio Uiv rileva come il Prosecco sia di gran lunga il prodotto enologico italiano più acquistato negli Usa con una quota del 33% sul totale delle vendite made in Italy. Il re degli spumanti rappresenta ormai un terzo dei volumi complessivi di sparkling consumati oltreoceano, grazie a una progressiva erosione di quote ai danni delle bollicine statunitensi e di quelle francesi.
In termini di export, conclude l’Osservatorio, il 2024 si è chiuso con spedizioni di Prosecco verso gli Stati Uniti in crescita a valore del 15%, pari a 491 milioni di euro, complice l’accelerazione impressa da importatori e distributori per anticipare il più possibile lo spauracchio dei dazi e garantire – per quanto possibile – continuità nello speciale rapporto con i consumatori.
Riuscirà la sete di Prosecco a superare i capricci di Trump?
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