Vini Piceni. Intervista ad Angela Velenosi

13 Dic 2016, 17:31 | a cura di Gambero Rosso

Angela Velenosi non ha bisogno di presentazioni. Dal 2013 guida come Presidente il Consorzio di Tutela dei Vini Piceni, mandato che sta per portare a termine. 

Tracciamo con lei il bilancio di questi anni, ripercorrendo i successi raggiunti da questa zona delle Marche ancora tutta da scoprire.


 

A dicembre scadrà il mandato. Come sono andati questi tre anni da Presidente?

Ricoprire questa carica è stato per me un onore, un’occasione che mi ha segnata come persona e come professionista. All’inizio pensavo di non essere all’altezza di questo incarico, visti i difficili obiettivi da raggiungere, tra cui coprire un bilancio in perdita. I primi passi sono stati i più difficili ma oggi il Consorzio fattura 2.600.000 € e ha chiuso un bilancio con 70.000 di attivo. Sono ancora molte le cose che vorrei realizzare, ma il triennio è quasi compiuto. Ho ripresentato la mia candidatura per il consiglio di amministrazione e non mi dispiacerebbe continuare questo percorso.

 

Se dovessi descrivere il Piceno a qualcuno che non lo conosce, cosa racconteresti?

Lo descriverei come un posto del cuore. Il Piceno ha la fortuna di essere rimasto molto fedele a se stesso nel tempo, mantenendo una grande continuità con la propria tradizione. Per questo ha un’inclinazione naturale a produrre e offrire prodotti enogastronomici di qualità. Ciò che amo più del Piceno, però, è il carattere forte della sua gente, quella testardaggine bonaria che è anche orgoglio per la propria terra.

 

Il Gambero Rosso celebra i suoi 30 anni: tre decenni in cui è letteralmente rinato il vino moderno e in cui la ristorazione e la cucina italiane hanno raggiunto una dignità e una consapevolezza che le porta a essere veri e propri ambasciatrici del made in Italy nel mondo. Come il Piceno ha vissuto questi 30 anni? Quali passi decisivi sono stati fatti?

A trent’anni si è adulti con ancora il profumo dell’adolescenza. È un’età bellissima e sono contenta di poterla festeggiare con Gambero Rosso. Sicuramente il Piceno ha una storia più lunga, ma la nostra capacità di articolarci come parte di questo Made in Italy è abbastanza recente. Insomma, abbiamo un patrimonio antico, ma abbiamo iniziato a parlarne solo da poco. Il Piceno ha vissuto anni di trasformazione, pur rimanendo molto fedeli alle strutture che ci contraddistinguono, si pensi per esempio a quante aziende sono ancora a conduzione familiare. Quello che abbiamo fatto in 30 anni è stato guardare fuori dai nostri confini, acquisire una struttura e formare un consorzio, intercettando anche nuovi modi di fare viticoltura, come il biologico.

 

Come si è intrecciato il vostro percorso con quello del Gambero?

Da circa tre anni abbiamo iniziato con il Gambero Rosso un percorso di promozione del nostro territorio e delle nostre Doc e siamo molto soddisfatti. La scelta di collaborare con il vostro gruppo editoriale è nata per via dei rapporti professionali già esistenti. Ho sempre ammirato la professionalità con cui il Gambero Rosso ha lavorato nel settore; scegliere questo staff come partner è stata una soluzione quasi naturale. Credo molto nella promozione ed era fondamentale per me avere al mio fianco il meglio che potessi trovare.

Che importanza ha avuto nel mondo del vino una pubblicazione come la Guida Vini d'Italia? Che importanza ha avuto per il Piceno?

La Guida dei Vini d’Italia è la Bibbia del vino italiano nel mondo. Ha questa fama per via della chiarezza con cui spiega la non sempre facile situazione della viticoltura italiana. Inoltre ha sempre dato spazio a territori anche emergenti, raccontando con buon senso quelle che sono le potenzialità di alcune aree meno conosciute. In questo senso la Guida Vini d’Italia è uno strumento che rende onore alla vivacità del nostro Paese in campo enologico, e ha aiutato anche il Piceno a posizionarsi in questo orizzonte. I redattori sono molto bravi a mettere in luce le peculiarità di ogni territorio e ad evidenziarne i pregi. Il Piceno ha beneficiato di questa analisi e sicuramente può ambire a risultati migliori. Ogni tanto ci sentiamo penalizzati per via della nostra giovanissima reputazione, ma sappiamo che ci sono ampi margini per costruire un’identità forte che emerga anche tra le pagine di questa importante pubblicazione

 

C’è un aneddoto particolare che possa raccontare un aspetto importante della vostra storia negli ultimi decenni o che coinvolga in qualche modo il Gambero intrecciando i percorsi?

Ricordo che circa 25 anni fa incontrai Daniele Cernilli a Sidney. Con molta franchezza gli dissi che a mio avviso lui trascurava il Sud delle Marche e che non era bello che un comparto così importante non trovasse nessun interprete degno di menzione sulla sua guida. Sul momento penso di essergli sembrata una produttrice un po’ fuori di testa, ma credo abbia capito che parlavo per amore della mia terra e per la reale fatica del non vedersi mai rappresentati nell'Olimpo del vino italiano. Daniele ha capito che dietro questa franchezza si celava un invito e da lì a poco venne a trovarmi nel Piceno. Ricordo che gli feci fare un tour dei produttori, dando una prospettiva da produttore e non da giornalista sul mio territorio. Da questa avventura nacque un articolo che conservo con grande amore: “La Marremma dell’ Est: Il Piceno”.

 

Facciamo il "Gioco dell’Amarcord"… Come vi vedevate nel 2002, quando il Consorzio è nato?

Sicuramente la prima cosa che rivedo è una strada in salita, un percorso ad ostacoli e tante preoccupazioni. Se guardo indietro mi rendo conto di quanta determinazione ed energia ho impiegato nel Consorzio, certamente senza calcolo. La metafora sportiva rivela però anche un lato molto positivo: quello della sfida. Ad oggi rifarei tutto, perché quegli ostacoli li abbiamo superati. Penso che un inizio così duro sia l’allenamento migliore per ogni nuovo obiettivo che vorremo prefiggerci.

 

Come sarà il Consorzio e il Piceno tra 30 anni? E come sarà il mondo del vino italiano e internazionale?

Volendo scherzarci su vorrei dire che magari nei prossimi 30 anni riusciremo a prenderci un giorno di ferie, visto che abbiamo lavorato a testa bassa per tutto questo tempo. Sicuramente abbiamo in serbo grandi evoluzioni, vista la natura del settore, di per sé in costante cambiamento. La rapidità del mercato e l’avvicendarsi dei player rendono molto difficili le previsioni così a lungo termine, ma sappiamo dove vogliamo arrivare. Abbiamo dato un forte colpo di reni per uscire dallo stadio di anonimità in cui versava il Piceno. Da qui in poi dobbiamo continuare a investire per la nostra promozione, in modo da rinforzare la presenza dei vini Piceni sia in Italia che all’estero e la tenuta della loro reputazione. Le prossime decadi richiedono quindi da un lato profonda costanza, dall’altro la capacità del Consorzio di trovare soluzioni innovative per non rimanere mai troppo uguali a noi stessi e crescere sempre.

 

www.consorziovinipiceni.com/it

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