Ristorante Da Vittorio. È l'holding di famiglia (Cerea) l'arma vincente

17 Set 2018, 11:30 | a cura di

In oltre 50 anni i Cerea sono diventati un autentico impero dell'enogastronomia di qualità made in Italy, dentro e fuori il Belpaese. Nel numero di settembre del mensile del Gambero Rosso abbiamo studiato la loro holding per carpirne i segreti. Qui un'anticipazione.

 

Dagli ingredienti alle cotture espresse – anche in catering enormi (sì, pure quello del matrimonio dei Ferragnez) – dalle selezioni di prodotti alle autoproduzioni, tra ristorazione e regalistica, la galassia fondata dal mitico Vittorio vanta un fatturato da 15 milioni e mezzo di euro l'anno. Ecco come ci sono riusciti.

Gli esordi

In principio era il giovane Vittorio. Classe 1936, estrazioni umili, il primo dei Cerea entrò diciassettenne come garzone al Nazionale, che all'epoca era il bar più in vista di Bergamo. Era così svelto ad avvitare i portafiltri che nel giro di due mesi mise la freccia su tutti i banconieri e i baristi che stavano lì da un pezzo. Nemmeno maggiorenne, era già capobarman di un locale che serviva qualcosa a metà tra i 2 e i 3mila caffè al giorno, cifre oggi impensabili. Passò poi al Balzer, altro luogo simbolo della città, coi suoi 9mila krapfen sfornati quotidianamente, facendosi ossa ancora più spesse. Nel 1960 si mise in proprio: rilevò coi fratelli l’Orobica, una piccola insegna. Ma il successo lo costrinse a ingrossare l’ambizione: il 6 aprile 1966 aprì il ristorante che portava il suo nome, in viale Roma.

Da Vittorio, vista del dehors. Foto di Matteo Zanardi

Oltre mezzo secolo dopo l'apertura

Cinquantadue anni dopo quel dì, Da Vittorio è un’azienda che fattura 15 milioni e mezzo di euro all’anno e dà lavoro a 142 persone, che quasi raddoppiano sotto le festività. Cifre da holding, inarrivate nel gastro-mondo italiano. Una multinazionale del buono così ramificata che anche Enrico, Bobo, Francesco, Barbara e Rossella - i 5 figli del patriarca, scomparso nel 2005 - non sanno bene come riepilogare tutti gli asset. Ci proviamo noi. Oggi Da Vittorio è prima di tutto uno dei 9 ristoranti a 3 stelle Michelin d’Italia e uno dei Tre Forchette del Gambero dall’edizione 2013 della guida. Un’insegna da 70/80 coperti a servizio e forse l’unico locale iper-blasonato d’Italia capace di mettere a sedere una trentina di persone anche nei pranzi infrasettimanali. Ma soprattutto, un luogo in cui l’accoglienza – risale al 2005 il trasferimento da Bergamo centro alla Cantalupa a Brusaporto - è così incredibile e sorridente che costringe la clientela a tornare più e più volte, anche solo per rilassarsi in una delle 10 camere della Dimora sovrastante. In tema di cucina d’autore c’è anche una quarta stella Michelin, quella dell’omonimo ristorante contenuto nel Carlton Hotel di St. Moritz, una vetrina nel cuore posh dell’Alta Engadina svizzera (e ce ne fu una quinta, il ristorante Acquacotta dell’Hotel Terme di Saturnia ma lì la consulenza è cessata). Da Vittorio splende dunque oltreconfine grazie al lavoro dei cuochi Luca Mancini e Gianbattista Bergamelli, due ragazzi allevati nelle cucine di Brusaporto.

{gallery}Piatti di Da Vittorio{/gallery}

I maestri del catering

Ma la vera parte del leone nella galassiadel business deiCerea è recitata dalle attività di catering, germogliate alla fine degli anni Settanta: un patrimonio che oggi assorbe addirittura il 50% del fatturato. Il punto è che nessuno sa fare ristorazione esterna come loro: cucinano in Italia e nel mondo un centinaio di volte l’anno e capitano giorni, come durante l’ultimo Salone del Mobile di Milano, in cui sono impegnati per quattro eventi in contemporanea. Hanno spadellato in esterna per Bill Clinton, i coniugi Obama, la Regina Elisabetta, Hussein di Giordania. Hanno accompagnato eventi di Prada (memorabile quel ricevimento per 250 persone a Shanghai), Armani, Buccellati, Cartier, Gucci, Versace… Organizzato matrimoni faraonici, come quello di Gaia Trussardi all’isola d’Elba, per 400 invitati. O cene di gala su atolli maldiviani così estesi che occorre l’autostop per passare da una cucina all’altra. Il segreto? Lo riassume Enrico “Chicco” Cerea, il maggiore dei fratelli: “Scegliere sempre la via meno facile. In un catering di stampo classico il grosso delle preparazioni è svolto il giorno prima: sottovuoto, precottura, stoccaggio, abbattimento... Ed è rigenerato nel giorno dell’evento. Cerchiamo invece di preparare e cucinare sempre tutto in loco, espresso. Ho visto catering per 150 persone, con solo due cuochi. Noi per 50 invitati impieghiamo 8 o 10 persone. E non ci formalizziamo di fronte a location improponibili: ieri abbiamo fatto un evento in una cucina di 3 metri per 2. Lavoravamo in 8. Ho fatto 3 docce in due ore”.

Non solo catering, nel mensile di settembre si parla anche delle molteplici consulenze e di regalistica, altro segmento in grande crescita.

 

a cura di Gabriele Zanatta

foto di Matteo Zanardi

 

QUESTO È NULLA...

Nel numero di settembre del Gambero Rosso, un'edizione rinnovata in questi giorni in edicola, trovate il racconto completo con l'intervento del sindaco di Brusaporto Roberto Rossi. Un servizio di 10 pagine che include anche un'utile timeline con le tappe più significative della storia di famiglia, un focus sul business del catering in Italia e la bio di tutti i protagonisti di questa bella storia.

 

Il numero lo potete trovare in edicola o in versione digitale, su App Store o Play Store

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