Anna Dente. Dall’azienda di famiglia alla cucina
Era malata da tempo, Anna Dente. Eppure, fino a quando le è stato possibile, ha continuato a lavorare nella sua cucina, alle porte di Roma, in quello che negli ultimi venticinque anni è stato un approdo sicuro per gli amanti della cucina laziale. Classe 1943, nata nel giorno di Natale di un anno che avrebbe posto le premesse per lo sbarco alleato sul litorale romano (un mese dopo, il 22 gennaio ’44, sulle coste di Anzio e Nettuno), Anna aveva respirato sin da bambina l’atmosfera delle cucine popolari, prima al lavoro nella macelleria-norcineria di famiglia, che suo padre Emilio aveva aperto nel ’47 a San Cesareo, poi in città, accanto alla zia Ada Dente, che la iniziò ai segreti di quella cucina romanesca di cui a propria volta si sarebbe fatta custode, per molti decenni a venire. Per quarant’anni, Anna ha lavorato nella macelleria e nell’azienda agricola dei suoi genitori. Poi, la decisione di aprire un ristorante suo, col supporto di tutta la famiglia, per salvare la cucina della campagna romana, e valorizzare i suoi prodotti in modo genuino.
L’Osteria di San Cesario
Dal 1995, quando aprì per la prima volta i battenti, l’Osteria di San Cesario avrebbe assolto proprio il compito di preservare la tradizione gastronomica del territorio, presentandola con grande generosità agli ospiti del ristorante. E anche dopo il lockdown della primavera scorsa l’Osteria era tornata ad accoglierli, quegli ospiti (famosi e non) che arrivavano per scoprire i piatti della “regina della cucina romana e laziale”, come la definì Heinz Beck, nel frattempo diventata anche un volto televisivo, sempre sorridente: la pasta e ceci del venerdì e l’amatriciana, o la minestra di broccoli e arzilla e il timballo della Sora Anna (ma solo di domenica), ma anche le mitiche fettuccine alla nonno Emilio, col ragù bianco di castrato, “bollito per ore col vino bianco, cipolla bionda, pepe nero, cumino”, e per completare pecorino “come se piovesse” sulla pasta all'uovo lasciata volutamente un po' callosa. E poi il quinto quarto, di cui la cuoca - ostessa ex-contadina, come amava definirsi lei - è stata appassionata divulgatrice, in tempi non sospetti, onorando le origini familiari: fettuccine con le regaje di pollo, coratella, animelle e trippa alla romana, oltre all’imperdibile pajata di vitella. Senza scordare di celebrare l’abbacchio, e i carciofi proposti alla romana o alla giudia, rigorosamente “quann’è tempo”.
Da un paio di mesi, ricoverata in gravi condizioni presso una casa di cura, Anna era lontana dai fornelli, costretta a lasciare il lavoro di una vita. Il 17 novembre scorso, l’Osteria di San Cesario ha compiuto 25 anni: ne sono bastati una manciata, dopo l’apertura, per diventare una meta conosciuta in tutta Italia, e nel mondo. E della cucina della sua terra, Anna era diventata, non a caso, ambasciatrice eletta dal Comune di Roma e dalla Regione Lazio. Oggi la salutano i figli Angela, Emilio e Alessandro, e sono in tanti – addetti ai lavori e non – a ricordarla con affetto.