La richiesta e l'ufficializzazione
Marzo 2015. Dopo pochi mesi dalla chiusura dell'Expo, la Commissione Italiana per l'Unesco decide di premiare la pizza e l'Associazione dei Pizzaiuoli Napoletani, che insieme alla fondazione presieduta da Alfonso Pecoraro Scanio e a Coldiretti era riuscita a raccogliere 300mila firme per presentare al vaglio dell'Unesco uno dei simboli più significativi del made in Italy. Che oggi, 7 dicembre 2017, entra ufficialmente a far parte dei beni tutelati dell'Italia, 58 in tutto, di cui 9 in Campania. I lavori del Comitato Unesco si concluderanno definitivamente il prossimo 9 dicembre, e solo al termine di questa ultima sessione l’Arte del pizzaiuolo napoletano sarà iscritta nella Lista rappresentativa del Patrimonio culturale immateriale dell’Unesco, che ha twittato: “Congratulazioni Italia, il know-how culinario legato alla produzione della pizza, che comprende gesti, canzoni, espressioni visuali, gergo locale, capacità di maneggiare l’impasto della pizza, esibirsi e condividere è un indiscutibile patrimonio culturale”.
Il panorama della pizza oggi
Un riconoscimento significativo che, come ha spiegato Scanio, rappresenta “la riaffermazione di una tradizione storica che per il nostro Paese rappresenta, da secoli, un vero elemento d'unione culturale”. Un'usanza antica che contempla conoscenze artigianali uniche, tramandate di generazione in generazione, simbolo del carattere identitario di un luogo, di un popolo, quello partenopeo, indissolubilmente legato alla tavola. Quella dei pizzaioli è divenuta, negli ultimi anni, una categoria a tutti gli effetti, una schiera di professionisti che seguono la stessa filosofia di ricerca: la pizza oggi, infatti, rimane sì un cibo popolare, semplice, ma finalmente risale il podio del gradimento e del prestigio, grazie allo sviluppo di tecniche, stili e prodotti avvenuto recentemente con l'avvento di artigiani sempre più giovani e ambiziosi. E noi del Gambero Rosso lo sappiamo bene, considerando che dal 2013 registriamo annualmente il panorama dell'arte bianca da Nord a Sud nella nostra guida Pizzerie d'Italia, cominciata con qualche grande professionista da raccontare, un vuoto generazionale da colmare e dei numeri non proprio confortanti. L'ultima edizione, invece, offre un'istantanea del mondo pizza completamente diversa: 54 Tre Spicchi e 10 Tre Rotelle (massimo riconoscimento per la pizza tonda e la pizza a taglio), un vero traguardo per questo settore che sembra destinato a crescere ancora a lungo.
I commenti dei pizzaioli
L'entusiasmo pulsante di un comparto che continua la sua ascesa all'impazzata si percepisce anche e soprattutto nei commenti dei maestri pizzaioli, che hanno accolto la notizia del riconoscimento Unesco con gioia e un legittimo pizzico di orgoglio: “Una volta il lavoro del pizzaiolo era un ripiego di chi non trovava altro. Questa è la conferma che abbiamo fatto la scelta giusta”, spiega CiroSalvo di 50 Kalò. Da Caiazzo, poi, giungono anche le parole di Franco Pepe di Pepe in Grani, che aggiunge: “È la testimonianza del percorso che ha fatto la pizza come piatto, ma è giusto che ci sia un riconoscimento anche della figura del pizzaiolo”. Il segreto per diventare maestro pizzaiolo? Lo svela Enzo Coccia de La Notizia: “Tutto parte dal cervello, arriva al cuore e poi alle mani, in 60 secondi di cottura, e in secoli di storia”. Infine, tra i più giovani grandi nomi del settore, Ciro Oliva di Concettina ai tre santi, che festeggia la vittoria nel modo che preferisce: “Finalmente giovani come me non dovranno più emigrare. Invece che stappare champagne sforneremo pizze”. Per celebrare una specialità golosa che ha saputo conquistare negli anni i palati di tutto il mondo, un piatto democratico, per consumatori di ogni età e provenienza, in grado di mettere tutti d'accordo. Una ricetta che è casa, tradizione, passato ma anche presente, e che guarda al futuro con spirito di innovazione senza però dimenticare le proprie origini: “La nostra storia è nelle cose semplici. La marinara con i piscitelli, la margherita: io le paragono alla famiglia”.
a cura di Michela Becchi