Il mio viaggio alla scoperta dei formaggi d’Italia mi porta questa volta in Abruzzo, dove nella Valle del Sagittario, nei pressi di Scanno – uno dei borghi più belli d’Italia – sono accolta da boschi, foreste rigogliose, gole tortuose, montagne dalla maestosità mozzafiato, fiumi, laghi... non a caso l’Abruzzo è chiamata la Regione Verde d’Europa! Ma In Abruzzo, anche il formaggio ci può emozionare, raccontandoci una storia fatta di cultura gastronomica e tradizione pastorale millenaria.
Ricottina maritata della Porta dei Parchi
Il primo formaggio che vado ad approfondire non è un formaggio! Quando si parla di ricotta la categoria esatta è “latticino” perché nella lavorazione della ricotta non si usa la cagliata del latte, bensì una semplice “ri-cottura” del siero.
Più che sottoprodotto, la ricotta è un ‘effetto collaterale’ della lavorazione del latte per fare il formaggio. Quando nella produzione di un formaggio si spurga il siero del latte (principalmente ovino) dalla cagliata, questo viene tenuto da parte e riscaldato. Come per magia, il siero riscaldato – effettivamente cotto per una seconda volta, da cui il nome ‘ricotta’ – fa affiorare fiocchi candidi e leggeri, una nuvola sublime. Esistono ricotte ottenute da latte vaccino, dal gusto più delicato di quello ovino, ma anche ricotte da latte caprino o addirittura di bufala, così come ne vengono prodotte di miste, con due o più tipologie di latte.
La ricotta aromatizzata, detta “maritata” che ho avuto il piacere di assaggiare io è un latticino straordinario, ottenuto dal siero del latte di pecora Sopravissana, che al gusto delicato della sua forma “base” va ad aggiungersi una sinfonia di aromi e sapori.
Lavorazione
La ricotta è priva di caseina, la proteina del latte. Nella ricotta avviene un affioramento delle proteine del siero, cioè della parte liquida che si separa dalla cagliata, in questo caso non avviene infatti la coagulazione della caseina.
Come si faceva anticamente, si riscalda semplicemente il siero a circa 80°-90° C e si aspetta l'affioramento della ricotta in superficie.
La massa così coagulata viene poi raccolta in recipienti perforati (anticamente si usavano cestini di vimini o di canne) per far scolare il liquido in eccesso, detto scotta.
Aromatizzazione
La ricotta è consumata fresca, meglio se subito e a breve distanza dal luogo di produzione. La ricotta può essere però anche affumicata nonché condita in superficie con tutta una serie di spezie ed erbe. La ricotta affumicata nasce anticamente dall’esigenza di conservare più a lungo il prodotto. Dopo una leggera salatura e che ne favorisce il rassodamento, l’affumicatura delle ricotte avviene a freddo nel corso di più notti consecutive, in celle chiuse dove si fanno ardere senza fiamma piante aromatiche come il ginepro e il mirto, i rami e le foglie secche di castagno, oppure felci ed erica.
Ulteriori aromatizzazioni della ricotta fresca possono prevedere una copertura di svariate erbe e spezie: erba cipollina fresca sminuzzata, peperoncino e pomodoro, cipolline stufate, tartufo, cumino, santoreggia.
Esiste inoltre la ricotta salata che in pratica è ricotta addizionata di sale per la conservazione e poi lasciata essiccare. Quella infornata invece è una ricotta che perde quasi tutta la sua umidità dopo un passaggio in forno caldo non ventilato. La buccia si abbrustolisce e la pasta indurisce, acquisendo così un gusto eccezionale. Entrambe, salata e infornata, possono essere grattugiate. La ricetta abruzzese tradizionale degli “anellini alla pecorara” prevede l'uso di ricotta essiccata. Si tratta di un piatti che i pastori preparavano durante la transumanza, quando cioè non era possibile trasportare prodotti freschi.
Assaggio
Candida e impalpabile, la ricotta non aromatizzata ha un sapore dolce. Quella aromatizzata o affumicata sposa al gusto del latte anche il sapore del condimento, e mantiene una consistenza talvolta friabile o cremosa a seconda del trattamento e della stagionatura. Questo consente di impiegare queste ricotte aromatizzate in antipasti o primi piatti, o addirittura come alternativa magra al burro aromatizzato! Avete già stappato il Trebbiano freddo?
Gregoriano della Valle Scannese
Faccio una premessa. Chi legge questi resoconti di viaggio ormai sa quanto è importante sapere che dietro ad ogni formaggio c’è un uomo (spesso anche una donna!). E il secondo formaggio sotto la lente d’ingrandimento oggi, insieme ad altri assaggiati a Scanno, è l’espressione di un uomo, un pastore e fine imprenditore abruzzese di nome Gregorio Rotolo. Gregorio realizza una quindicina di formaggi, per una produzione di circa 150 quintali nella sua azienda agricola. I suoi formaggi a latte crudo – che vanno dal pecorino a lunga stagionatura, al Formaggio dell’Orso, passando per il pecorino Brigantaggio, la ricotta scorza nera, il caciocavallo barricato, ovvero affinato sotto crusca e vinacce – trasmettono col loro gusto e carattere, l’antica cultura contadina e le tradizioni pastorali abruzzesi. Punta di diamante della produzione di Gregorio è però il Gregoriano, un pecorino morbido, aromatico, dalle tipiche forme schiacciate e arrotondate sullo scalzo.
Lavorazione
Il Gregoriano è un pecorino tenero, felice combinazione tra il latte crudo delle pecore a pascolo libero, e la tecnica di produzione a “coagulazione lattica”, nella quale non è previsto l’utilizzo del caglio, ma solo i fermenti lattici naturali del latte o inoculati dal casaro. Questa è una lavorazione che richiede tempo e pazienza, ma che viene premiata da un sublime risultato. La coagulazione presamica, invece, avviene solo con l’utilizzo di caglio coagulante, ed è la lavorazione più comunemente utilizzata in Italia.
Assaggio
Il Gregoriano è un ottimo pecorino semi-stagionato. La crosta è sottile, bianca o lievemente verdastra, ed è edibile. La pasta del Gregoriano acquista – contrariamente al solito – una magnifica morbidezza con la stagionatura, fino a diventare molle dopo 3 mesi, quasi uno stracchinato. Il gusto è avvolgente, leggermente acidulo e il calore della bocca nella masticazione sprigiona dolci note floreali ed erbacee. Esprime al meglio il suo carattere degustato filante su pane sciapo o con frutta secca come le noci. A temperatura ambiente, è ottimo anche con marmellate dal gusto deciso come more, mirtilli e rosa canina e mieli amari, come castagno o corbezzolo. Si abbina in maniera eccelsa a vino rosso deciso e tannico, oppure ad uno liquoroso come il moscato dolce o il passito.
Questa prima incursione nel panorama dei formaggi abruzzesi mi ha affascinato, scopro con ogni visita in allevamenti, cascinali e caseifici un mondo fatto di personaggi carichi di perseveranza, passione e dedizione. Assodato che dietro ogni formaggio c’è un uomo con la sua personalità unica, di riflesso, ogni formaggio ha un suo carattere. Che gioia conoscerli!
Questi ed altri formaggi li racconto in A B Cheese, viaggio nell’Italia dei formaggi, un programma che va in onda tutti i giovedì su Gambero Rosso Channel SKY 412 alle ore 21:30.
a cura di Eleonora Baldwin
Per leggere A B Cheese: Eleonora Baldwin e i formaggi. Pecorino romano e caciofiore clicca qui
Per leggere A B Cheese: Eleonora Baldwin e i formaggi. Mozzarella di bufala a Conciato romano clicca qui
Per leggere A B Cheese: Eleonora Baldwin e i formaggi. Fiordilatte e Provolone del Monaco Dop clicca qui
Per leggere A B Cheese: Eleonora Baldwin e i formaggi. Pecorino affinato in botte e stracchino clicca qui