Assaggi. Ciccio Sultano del ristorante Duomo di Ragusa Ibla

6 Ott 2014, 13:59 | a cura di Lorenzo Sandano
La cucina di Ciccio Sultano evoca tradizioni culinarie siciliane ma al tempo stesso è estremamente moderna e contemporanea grazie all'impiego di contrasti e sapori. Così, se capitate al ristorante Duomo di Ragusa Ibla, vi capiterà di assaggiare il Prosciutto di piccione con ostrica e patate schiacciate o la Transumanza Marina dove il quinto quarto di agnello si lega in maniera del tutto naturale al totano. Sono solo alcuni esempi...
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"Un'idea, un concetto, un'idea: finché resta un'idea è soltanto un'astrazione. Se potessi mangiare un'idea, avrei fatto la mia rivoluzione". In questo modo il cantautore Giorgio Gaber esprimeva un concetto molto profondo, apparentemente distante dal gesto basico di mangiare, ma rintracciabile in numerose sfumature della cucina di alcuni grandi cuochi sparsi per il mondo. A volte infatti seduti a tavola non solo è possibile "mangiare le idee”, ma anche la cultura, la storia, i costumi e le tradizioni nel significato più autentico del termine. Tutte queste componenti ad esempio sono presenti in maniera prorompente e immediata nella cucina del ristorante Duomo di Ragusa Ibla, regno gastronomico dello chef siculo Ciccio Sultano.

Incastonato tra i vicoli caldi e confortanti di un'isola nell'isola come Ibla, il Duomo rappresenta il sunto di un'attitudine culinaria profondamente siciliana, quasi senza compromessi, se non quello di essere veicolata attraverso l'estro e la sensibilità stilistica del cuoco. Nelle mani di Ciccio Sultano i piatti riescono a racchiudere una forte matrice storica e culturale, legata alla sua terra, alle sue esperienze e al suo pensiero: la "Variante Sultano". Senza mai tralasciare uno dei valori principali della tavola, ovvero quello di saziare e appagare pienamente il cliente. Così nascono piatti evocativi che rimandano alle tradizioni culinarie più antiche di una Sicilia dimenticata, ma al tempo stesso piatti estremamente moderni e contemporanei nell'impiego di contrasti e sapori. Altra caratteristica molto evidente nello stile di Sultano (contro ogni tendenza gastronomica), è quella di riuscire a far convivere egregiamente nei suoi piatti un elevato numero di ingredienti, sfruttando salinità, acidità e componenti grasse in maniera brillante.

Grande merito dello chef è stato anche quello di saper creare un team molto valido, costituito da persone in grado di capire, apprezzare e supportare nel miglior modo possibile una cucina così ricca di personalità e carattere: ecco dunque entrare in gioco il bravissimo direttore di sala Valerio Capriotti, romano di nascita e siciliano di adozione, che dopo le esperienze capitoline di Uno e Bino e di Roscioli, ha saputo rimettersi in gioco in Sicilia, portando una nuova ventata di freschezza, competenza e dinamicità nel servizio e nella carta dei vini del ristorante Duomo. Dal collaudato feeling tra sala e cucina, il ristorante di Ciccio Sultano ne esce come un locale in grado di regalare al cliente un'esperienza di ristorazione completa, a 360 gradi. Dove si naviga tra paesaggi, sapori e profumi profondamente siciliani, accompagnati da un servizio di classe e un ambiente ricercato.

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Dopo un piccolo aperitivo con Nuvole di riso croccanti allo zafferano e al peperone, giunge in tavola il benvenuto a base di Tris di ventresca di Tonno locale (55, 100 e 200 Kg), battezzato dallo chef Sultano Colazione Ragusana, in omaggio allo spuntino mattutino dei pescatori locali. Il tris racchiude un concentrato di salinità limpida e marina, riportata in un morso che evoca la texture e la struttura della carne. Uno splendido esempio di “Kobe di Mare” con ricche ed eleganti marezzature di grasso; un assaggio supportato ottimamente dal Marsala Vergine Terre Arse Florio, scelto da Valerio Capriotti.

Seguono due bocconi millimetrici nell'esecuzione: il Gambero che voleva essere Fritto (Cannolo salato ripieno di ricotta e verdure con caviale e gambero rosso crudo) e lo Scampo con salsa di fico d'india e il suo corallo. Esercizi di stile giocati su contrasti di tonalità dolci e saline, in veste di finger food, mantenendo un elevato livello tecnico.
Giunge anche il pane della casa, realizzato con farine siciliane: vario, caldo e fragrante. Su tutte le tipologie ricordiamo con grande piacere il mini-sfincione palermitano.

Cominciamo a giocare tra mare e terra con la Zuppetta tiepida di ricotta, arricchita da gobbetti (gamberi locali impanati alla siciliana con pane profumato alle erbe), uova di gobbetti, uova di riccio di mare, salsa di sanapo e verdure amaricanti; il tutto insieme a una cialda croccante al nero di seppia. Un piatto che vede la potenza iodata e marina del pesce, stemperata dalla nota dolce e lattica della ricotta, insieme all'amaro vegetale delle verdure e al crunch delle cialde. Capriotti centra nuovamente l'abbinamento con il Sidro di Mele Brut di Eric Bordolet, minerale e ben strutturato.

Il tonno servito all'inizio del pasto ritorna protagonista con il Tacco e Punta di Tonno: la parte iniziale e il calcagno (parte finale) della ventresca, scottate entrambe e servite con un goccio di aceto balsamico. Un trattamento del pesce che evoca quasi il sapore della carne di maiale, con uno spunto salino intenso.

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Arriva poi in tavola il Prosciutto di piccione (petto scaloppato al sangue e tagliato sottile) con ostrica e patate schiacciate all'aceto rosso. Un unico boccone (da mangiare con le mani) esplosivo e carico di contrasti in perfetto equilibrio tra loro. La salinità salmastra dell'ostrica sposa e bilancia la nota ematica/selvatica del piccione quasi crudo, allungando succulenza e sapidità. E queste note sono puntualmente ammortizzate a loro volta dalla lieve acidità amidacea delle patate.

E' il turno di un altro grande assaggio culturale: la Sarda a Beccafico Miseria e Nobiltà. Questa mette in mostra un ricco bagaglio di sapori accostati brillantemente. La filosofia di Sultano infatti recupera pezzi di storia gastronomica e li accosta senza confini, in grande armonia e coerenza: in questo caso la sarda, prima marinata e poi cotta, che rappresenta il popolo, viene presentata con un'ostrica (a rappresentare la nobiltà) condita alla beccafico con il classico battuto di odori, prezzemolo, aglio e pinoli. Completano il tutto un crostone di pane integrale e un limpido brodo di limone, acidulo e piccante. Nel piatto, così come nella filosofia dello chef, la sarda schiaccia l'ostrica, ovvero il popolo sovrasta il nobile arrogante. Qui storia, tradizione, forma e gusto sono fusi perfettamente insieme. Chapeau. La bocca viene resettata da un risolutivo boccone a base di ventresca di cernia, anguria al Martini Dry e caffè.

Proseguiamo ad alti livelli con il primo assaggio di pasta: lo Spaghetto maison trafilato in bronzo, mantecato con erbe citriche dell'orto del Duomo, con vellutata di carota di Ispica, salsa Moresca Taratatà (che evoca il rumore delle spade durante le battaglie dei Mori) alla bottarga di tonno con frutta secca e crudo di sugarello. Nel piatto troviamo nuovamente tradizione, territorio, storia e cultura, non solo, sono presenti varie sfumature tra dolce sapido iodato e acidità. Valerio Capriotti si lancia in un audace quanto riuscito abbinamento a base di Cocktail con Ginger Beer, liquore all'arancia sanguinella amara e peperoncino fresco.

Andiamo avanti con la Passeggiata in Pescheria: un assaggio robusto, di certo non per tutti i palati, nonostante la notevole capacità dello chef di saper legare molti elementi apparentemente scoordinati tra loro. Convivono in uno spigoloso quanto intrigante sodalizio la trippa di manzo bollita, i ricci di mare, il polpo lessato, gelatina di brodo di pollo e pesto di erbe amaricanti. Un vero e proprio percorso gustativo che attraversa i banchi del mercato Palermitano: tra Ballarò, il Capo e la Vucciria. Stimolante e ben studiato l'abbinamento in progressione di Capriotti con un Blend di Tè (Tè Nero al gelsomino, Verde salato con riso soffiato e Nero affumicato), giocato su tonalità speziate e tonificanti per il palato.

La Transumanza Marina (nome ideato dal cantante Roy Paci) è sicuramente il piatto del viaggio: transumanza nel concento, nel pensiero, ma anche nel palato. In questo piatto, che nasce da un assaggio casuale del cuoco, il polmone di agnello lasciato quasi al sangue evoca sentori marini. Ecco dunque che il quinto quarto si lega al totano, nella sua cottura possente, veicolato dalla salsa ridotta al mosto di Nero d'Avola e dall'aglio dolce cotto in camicia, insieme al suo fiore aromatico e pungente. Il passaggio della transumanza poi, non può non prevedere il tocco grasso e acidulo del formaggio, in questo caso un cacio di Capra Girgentana. Elementi forti, potenti come il carattere di Sultano, che definiscono un piatto estremo, audace e senza mezzi termini. Una volta assaggiato però, tutto si risolve in bocca senza alcuna perplessità, con consistenze e sapori pronti a sposarsi cordialmente tra loro, come se questo piatto fosse un classico già assaggiato, come se polmone e totano fossero nati per questo bizzarro accostamento.

Si torna a sapori più familiari con la Triglia Rossa di Razza A Pisciruovo: ovvero triglia appena scottata, servita con un filetto di razza, su pane imbevuto al pomodoro, salsa al succo di triglia, cracker croccante alle erbe e quinto quarto di triglia. Un piatto dallo spessore iodato molto forte, a tratti salmastro grazie all'apporto delle interiora di triglia, mitigato dalla delicatezza della razza e dall'acidità del pane imbevuto con limone e pomodoro. L'abbinamento scelto da Capriotti questa volta è tagliente: un indovinato Catarratto 2012 Porta Del Vento, vino dall'acidità sorprendente.

L'ennesimo grande omaggio alla tradizione si materializza nelle Fettuccelle fatte in casa (con farina siciliana) mantecate al limone con tonno cotto e crudo, cipollotto, capperi locali, peperoncino fresco e insalata di limoni. Dolce, sapido, amaro, acido, piccante: wow! Qui si eleva ai massimi livelli un semplice piatto di pasta con il tonno.

L'intermezzo defaticante prima della portata principale è affidato a un ottimo Gelato al Tartufo locale di Palazzolo Acreide: intenso e aromatico.

Il secondo piatto racchiude un inno alla lussuria carnivora in 3 T: Territorio, Tecnica e Tradizione. Un succulento Maialino Nero dei Nebrodi laccato al carrubo, ripieno con Farcia Chiaramontana (frutta secca, salame di Nero dei Nebrodi, aromi, ritagli del maiale), salsa di melone Cantalupo, carota al forno e polvere di porchetta: tanto apparentemente ricco e opulento, quanto raffinato ed equilibrato all'assaggio.

Puntuale e molto apprezzato il pre-dessert con rimandi orientali a base di Sorbetto di limone con infusione di erbe citriche dell'orto del Duomo, Tè verde e croccante di caramello all'arancia: fresco, acido, rigenerante e piacevolmente agrumato.

Tocchiamo un nuovo apice del pasto con il dolce in chiusura: il Cannolo Siculo di Ciccio Sultano. Cialda croccante al punto giusto, ricotta vaccina ragusana dal sapore ricco, lungo e seducente, zuppetta calda di fichi d'India di San Cono e sorbetto di Mandorla Pizzuta d'Avola.

Chiusura definitiva con una vastissima e ben confezionata piccola pasticceria, servita insieme ai classici bicchierini di gelo di mellone: ennesimo omaggio alla tradizione in veste moderna ed elegante, segno distintivo di questa grande tavola del Sud.

Ristorante Duomo | Ragusa Ibla | Sicilia | Via Bocchieri, 31 | +39 0932 651265 | http://www.cicciosultano.it/ristorante-duomo/

a cura di Lorenzo Sandano

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