Starsene in aperta campagna, ma aperta veramente, a venti minuti di auto dal centro di Roma è già un privilegio non indifferente. Stare all’interno del Parco dell’Appia Antica aumenta la suggestione e la magia. E poi c’è tutto il resto: contenuti di qualità e di coraggio che le tre “A” della discendenza Antinori (AlessiStarsene in aperta campagna, ma aperta veramente, a venti minuti di auto dal centro di Roma è già un privilegio non indifferente. Stare all’interno del Parco dell’Appia Antica aumenta la suggestione e la magia. E poi c’è tutto il resto: contenuti di qualità e di coraggio che le tre “A” della discendenza Antinori (Alessia, Allegra, Albiera), ovvero le tre figlie del Marchese Piero, hanno concentrato in questa tenuta tutta compresa nel Comune di Roma.
Riavvolgiamo però un istante il nastro perché questa storia, prima di essere raccontata, ha bisogno di un antefatto. Rewind al 1946 quando il Principe Alberico Boncompagni Ludovisi, quintessenza della nobiltà romana con almeno due papi in un albero genealogico che parte dall’anno Mille, eredita i terreni della Tenuta di Fiorano alle porte della Capitale. Decide, in anticipo rispetto a quello che si fece molti anni dopo in Italia, di impiantare vitigni internazionali anche seguendo i consigli di Tancredi Biondi Santi (merlot e cabernet sauvignon per i rossi, malvasia di Candia e l’assai insolito sèmillon per i bianchi) in quella che diventò ben presto la prima azienda agricola biodinamica del Paese. Per cinquant’anni questa etichetta e il suo ideatore vissero nel mistero: produzione minima, vini eccellenti se non leggendari, modi spiccioli con clienti e compratori, fin quando Alberico, anziano e malato, decise alla fine degli anni Novanta e senza apparente motivo di sradicare tutto e interrompere la produzione. Della vendita delle bottiglie in magazzino si occupò Luigi Veronelli in persona dopo aver organizzato un panel per la scelta dei giusti mercanti a cui affidarle e quando il Principe morì, nel 2005, l’azienda venne spacchettata tra i diversi eredi. Da una parte il pronipote del Principe, Alessandrojacopo Boncompagni Ludovisi che già nel 2002 iniziò a reimpiantare e che lo scorso ottobre, con il Fiorano Bianco, si guadagnò i Tre Bicchieri 2013 del Gambero Rosso. Dall’altra le tre figlie di Piero Antinori che del Principe sono nipoti dirette e che nel 2011 hanno iniziato un percorso di rilancio del leggendario Fiorano reimpiantando il taglio bordolese, la malvasia di Candia, ma anche, come il nonno aveva fatto, il sèmillon. Quest’anno saranno pronte le prime bottiglie.
Il progetto-Fiorano delle tre sorelle Antinori è tuttavia molto più ampio e va oltre il comparto enoico. Intanto un fantastico restauro e il recupero di uno dei tanti edifici disseminati nella tenuta. Con uno sforzo notevole sia dal punto di vista economico che dal lato burocratico. Poi un orto, bellissimo, di un ettaro. Un piccolo caseificio dove trasformare latte per ora comprato, ma un domani munto in loco. Uno spaccio di prodotti biologici realizzati in fattoria: l’olio, i mieli, i succhi (in questo periodo imperdibili quelli a base di melone), le conserve, i sottoli e la verdura.
Fiorano | Roma | Via di Fioranello, 34 | tel. 342.3658581 | http://www.fattoriadifiorano.it/
a cura di Massimiliano Tonelli