La pasta italiana in Lombardia. 20 formati tipici e la ricetta dei tortelli di zucca

25 Ott 2018, 11:30 | a cura di

Carne, pesce di lago, polenta ma anche tanta pasta. La Lombardia a tavola si presenta con sapori sinceri e intensi, paste all'uovo dalle farce golose e saporite. Gli assaggi da non perdere e la ricetta dei tortelli mantovani. 

 

Una cucina solida, eterogenea, sfaccettata eppure integra, saldamente legata al passato e ai sapori di una volta, quelli più autentici e sinceri di una tavola povera, frutto di un'antica pratica pastorale, che lascia spazio però alle incursioni del pesce di acqua dolce. Elegante e discreta, sul fronte gastronomico la Lombardia sa presentare quanto di buono riserva un territorio composito e variegato. C'è Bergamo, con i suoi piatti corroboranti e sostanziosi, Brescia con la sua cucina contadina delle valli e dell'entroterra, e poi il bacino d'acqua dolce più grande d'Italia, il lago di Garda, circondato dalle montagne custodi di un'oasi microclimatica che stupisce con oleandri e ulivi, aranci e palme. Milano, ormai da anni in pieno fermento gastronomico, la tradizione rurale di Mantova, il lago di Iseo, fonte inesauribile di ricette a base di pesce locale. A unire le tante facce della stessa anima lombarda è la regina indiscussa della cucina nazionale: la pasta. Che qui assume sfumature succulente e sontuose, con una serie di tortelli e ravioli ripieni con gli ingredienti più disparati. Ecco quali sono i formati più caratteristici.

 

agnolini mantovani

Agnolini mantovani

Già preparati alla corte dei Gonzaga, gli agnolini sono una pasta ripiena di stracotto di manzo, salamella di suino, pancetta e parmigiano, racchiusi in un impasto di farina, semola, uova e acqua (talvolta sostituita con il latte). L'origine della ricetta viene attribuita tradizionalmente a Libussa, cuoca al servizio della duchessa Isabella, che realizzò per prima una pasta pressoché simile alla versione attuale. Il formato è simile a quello del tortellino emiliano, ma si differenzia nel ripieno e nelle dimensioni leggermente più grandi. Viene servito generalmente in brodo.

Bardele coi morai

Tagliatelle particolarmente spesse e a base di farina, foglie di borragine, uova e sale: sono le bardele coi morai, condite con burro, salvia e parmigiano e diffuse nella provincia di Bergamo e nel Veneto. Per realizzarle, occorre impastare la farina con le foglie di borragine (i morai, appunto) lessate e tritate finemente o passate al setaccio, aggiungere poi uova e un pizzico di sale. Una volta riposato, l'impasto viene tirato non troppo sottilmente e tagliato in striscioline.

Bertù

Un tempo il bertù veniva preparato ogni 7 ottobre, in occasione della festa della Madonna del Rosario, istituita dal Papa per ringraziare la Madonna che aveva protetto le armate cristiane contro i turchi nella battaglia di Lepanto del 1571. Infatti, si dice che la forma a mezzaluna di questi ravioli sia dovuta proprio al simbolo dei vessilli turchi catturati a Lepanto. Chiamati anche gai, che in dialetto significa orecchie d'asino, i bertù si preparano con farina, uova e sale e vengono farciti con cotechino, parmigiano e uova, conditi poi con burro e pancetta. Sono diffusi in tutto il Bergamasco, in particolare a San Lorenzo di Ravetta.

 

bigoli

Bigoli

Una sorta di spaghetto (ma molto più spesso) di grano tenero e acqua, molto diffuso nella Lombardia orientale e in Veneto, caratterizzato da una consistenza piuttosto ruvida che trattiene bene sughi ricchi e robusti. Ne esistono diverse varianti, da quella scura con farina di grano saraceno a quella all’uovo, ma in qualsiasi caso, la peculiarità resta il diametro ampio, di circa 3-4 millimetri. Per realizzarli, in passato veniva utilizzato il bigolaro, un torchio con trafila in bronzo creato da Bartolomio Veronese, maestro pastaio di Padova noto come “Abbondanza”, che nel 1604 ottenne il brevetto dal Consiglio comunale per questa sua invenzione. Fra i condimenti più utilizzati, il pocio, termine che fa riferimento al recipiente di coccio nel quale veniva preparato il sugo di pollo, ma anche una salsa a base di cipolla, tonno e acciughe, oppure con il brodo di anatra o con le aole, sardelle di lago. Sulla nascita del nome, due diverse teorie: dal latino bycolus, bacherozzo, per sottolinearne le umili origini, oppure dal dialettale bigat, bruco, per via della forma.

Cadunsei

Diffusi soprattutto in Val Camonica, in particolare ad Artogne, i cadunsei sono protagonisti di molte sagre e feste di paese regionali. Si tratta di mezzelune all'uovo ripiene di un misto di carni, salame, amaretti, odori e formaggio grattugiato, un tempo preparati invece con interiora di pollo e nocciolo di pesca. In alcuni borghi, si aggiunge anche un po' di menta piperita. Per gustarli al meglio, si utilizza un condimento semplice, solo un po' di burro fuso per far risaltare i sapori della farcia.

 

casonsei

Casonsei

Detti anche casunziei o casonzieri, ciraoncié, i casonsei sono dei ravioli di farina, uova e sale, ripieni di carni aromatizzate con noce moscata nel Bresciano, oppure patate, salame agliato, salsiccia, spinaci e formaggio in Val Camonica. Vengono consumati con burro e formaggio e sono tipici soprattutto delle valli bergamasche e della provincia di Brescia. Fra le prime tracce scritte, il “Baldus” di Teofilo Folegno della prima metà del Cinquecento, ma altre fonti attestano la loro presenza già dalla fine del Trecento. Sono solitamente preparati per le grandi occasioni e le ricorrenze religiose.

Caicc

In dialetto bresciano caicc significa cuneo: il termine fa infatti riferimento alla forma di questo raviolo che un tempo, in mancanza degli amaretti, veniva profumato con il nocciolo delle pesche o le mandorle amare. Oggi viene preparato con un impasto fatto di poche uova, acqua e farina, e farcito con carni, amaretti, bietole, aromi e formaggio grattugiato. In passato, invece, erano le rigaglie di pollo, insaporite con farina di mais e aceto e cotte in un fondo di burro e cipolla, le protagoniste della ricetta. I caicc vengono conditi con burro, salvia e formaggio e sono generalmente consumati durante la di festa di San Valentino.

Calhù

Fra i piatto simbolo dell'alta Val Camonica, i calhù, che devono il loro nome al costume tipico dei paesi della valle, un pantalone di ampie dimensioni indossato tradizionalmente dagli uomini. Oggi sono tra le specialità più prelibate della ristorazione locale, ma per molto tempo sono stati preparati solo in occasione delle feste. Per realizzarli, occorrono farina, acqua e poche uova, da lavorare a lungo fino a ottenere un impasto liscio e sodo. Dalla sfoglia tirata sottilmente si ricavano dei dischetti da riempire con patate, salame e spezie e chiudere a mezzaluna. Ancora una volta, la salsa più indicata è quella semplice a base di burro e salvia.

 

canederli

Canederli

Celebri gnocchi di pane raffermo, farina, uova, speck, prezzemolo e parmigiano, conosciuti anche con il nome tedesco knödele presenti in quasi tutto il Nord Italia, dal Friuli Venezia Giulia alle Alpi lombarde e venete. Ne esistono molte varianti, ognuna con ingredienti e proporzioni diverse, tanto che Felice Libera nel suo “L'arte della cucina: ricette di cibi e dolci, manoscritto trentino di cucina e pasticceria del XVIII secolo” ne elenca più di quindici. Ancor prima, sono citati in un ricettario di fine Settecento, dove vengono descritti come “cuscinetti di nudeln”, gnocchetti di acqua e farina lessati nel latte e utilizzati come farcia di un raviolo quadrato, successivamente passato nell'uovo sbattuto e fritto. L'utilizzo del pane raffermo in cucina è indice di cucina povera: per far fronte alla mancanza di materie prime, gli italiani hanno da sempre recuperato gli avanzi, creando piatti nuovi e gustosi, unendo al pane ormai vecchio i pochi ingredienti a disposizione. Nei canederli sono racchiusi tutti i sapori tipici dell'alta montagna: le erbe di alpeggio, gli insaccati, i formaggi, e poi funghi e brodi a insaporire, senza dimenticare il semplice condimento a base di pangrattato rosolato nel burro.

Fojade

Nella Val Brembana, incastonata tra il palco delle Alpi Orobie, sono le fojade a farla da padrone: delle larghe lasagnette non tropo sottili condite con funghi e formaggi. Un piatto antico della tradizione pastorale, nato fra i boschi di alta montagna, dove i pastori, per far fronte ai lunghi periodi trascorsi nella natura, si reinventarono raccoglitori di funghi. In autunno, infatti, si celebra la Sagra delle fojade, ricetta storica già citata nel Baldus di Folegno.

 

pizzoccheri

Pizzoccheri

Tipici della Valtellina, i pizzoccheri sono una specialità di Teglio e Tirano, una sorta di tagliatelle più spesse a base di farina di grano saraceno, farina 00 e acqua. Si cucinano tradizionalmente con patate, verze, burro fuso e formaggio (Casera o Bitto), ma sono molte le varianti nate nel tempo. Le origini del nome sono incerte, anche se si pensa che possa derivare da pita, pane in arabo, o forse da bizocuhs, parola con cui si identificavano un tempo i bizzochi, gli aderenti a una setta eretica di frati minori condannati da Bonifacio VIII. Particolarità di questa pasta sta nell'utilizzo del grano saraceno, uno di quelli che più facilmente si è adattato ai terreni poveri e montuosi.

Pasta reale

L'aggettivo reale si riferisce al suo ruolo d'elezione in passato, quando era ancora appannaggio di pochi, una prelibatezza riservata alle famiglie più abbienti. Nei ricettari, infatti, compare raramente. Oggi, invece, è una pasta comune, molto diffusa anche nella produzione industriale, popolare un po' in tutta la regione. La preparazione è piuttosto inusuale, simile a quella della pasta choux: si uniscono acqua, farina e burro e si fanno cuocere sul fuoco fino a quando l'impasto non si stacca dalle pareti. Si toglie il recipiente dalla fiamma, si versano le uova una alla volta e poi si inserisce l'impasto in una tasca da pasticceria, per ricavarne delle palline da cuocere in forno. Una volta pronte, si tuffano nel brodo e si gustano calde.

Scarpinocc

Nell'Alta Val Seriana la pastorizia ha costituito per secoli la principale forma di sostentamento delle popolazioni. Per questo, in molti piatti tipici si ritrova un grande uso di latticini, come nel caso degli scarpinocc, ravioli schiacciati leggermente al centro e ripieni di formaggio, pangrattato, aglio e spezie. La forma ricorda le antiche calzature valligiane, in uso fra gli abitanti di Parre fino a qualche decennio fa, e indossate fin dal Settecento insieme al costume nazionale in occasione delle feste. A insaporirli, ancora burro e formaggio locale grattugiato.

Strozzapreti

Nell'Italia Centro-Meridionale, gli strozzapreti sono una pasta corta di origini remote, citata più volte nella letteratura romanesca, in particolar modo nei Sonetti di Gioachino Belli. In Lombardia, invece, sono degli gnocchi di erbette e odori che vengono cucinati nel periodo di Carnevale, soprattutto nella zona di Trezzo.

 

spatzle

Spätzle

I celebri gnocchetti della bassa Germania sono molto diffusi anche in Svizzera, Francia, nel Tirolo, in Trentino e nella Valtellina. Solitamente accompagnati da piatti di selvaggina, possono essere serviti anche come minestra. Si tratta di un impasto di farina di grano, grano saraceno, acqua e uova (a cui, talvolta, si aggiunge anche il latte), che viene fatto cadere nel brodo o nell'acqua salata attraverso uno strumento apposito simile a una grattugia piatta, che conferisce la tipica forma allo gnocchetto. Ne esiste poi anche una variante verde a base di spinaci, gli spinatspäztle, conditi tradizionalmente con burro, formaggio e speck, anticamente preparati con spinaci selvatici ed erbe spontanee. Una ricetta già presente nei ricettari casalinghi trentini più antichi. Antenati degli spätzle sono i “bisi di pasta”, che si preparavano facendo colare la pastella da un setaccio direttamente nel burro fuso, prima di essere cosparsi di formaggio e poi immersi nel brodo. Altra preparazione simile è quella dei maneghi de zuc, il cui impasto veniva fatto passare attraverso una siringa nel burro di frittura.

 

tagliatelle

Tagliatelle

Pasta iconica della tradizione emiliana, le tagliatelle sono ormai da tempo diffuse in tutta la Penisola, abbinate a sughi diversi a seconda della zona, e la Lombardia non fa eccezione. La leggenda narra che sia stato Zafirano (o Zaffirino), cuoco alla corte di Giovnni II Bentivoglio, ad inventarle in occasione della visita di Lucrezia Borgia a Bologna. Secondo il racconto popolare, infatti, il cuoco si sarebbe ispirato proprio ai capelli biondi della donna per creare le celebri tagliatelle. Originariamente riservate ai giorni di festa, venivano consumate anche dalle famiglie meno abbienti: nelle campagne, durante l'autunno, i contadini facevano scorta di uova per il periodo invernale, conservandole nelle lòle, delle giare di terracotta, con una soluzione di acqua e calce. Il condimento preferito dai contadini era il sugo di salsicce accompagnato con i piselli, mentre i più benestanti utilizzavano un ragù di carni miste. La prima versione moderna delle tagliatelle è descritta da Giacinto Carena nel “Vocabolario domestico” del 1859: “Con farina intrisa in pochissima acqua non fredda, messevi talora delle uova, si fa la pasta sur un tagliere o sul coperchio rovesciato della madia: il pastone dimenato, brancicato e infarinato, si spiana e si assottiglia col Mattarello o Spianatoio, riducendolo in ampia sfoglia; e questa ravvolta su di sé e incartocciata, tagliasi con coltello trasversalmente in fila o listerelle”.

 

tortelli

Tortelli

Il nome deriva dal latino turtae indica una preparazione farcita: inizialmente, infatti, la turta era una sorta di torta rustica composta da due strati di pasta e ripiena di verdure. Preparazione di origini remote, i tortelli sono presenti già nei primi ricettari in volgare, seppur con formati diversi. Quelli preparati in occasione della vigilia, solitamente, sono farciti con ricotta oppure spinaci o zucca.

 

tortelli cremaschi

Tortelli cremaschi

Farina, acqua e poche uova per l'impasto, amaretti, uvetta, cedro candito, mustazzitt, menta, parmigiano e spezie per il ripieno. Sono gli ingredienti che compongono i tortelli cremaschi, particolarmente apprezzati nella zona di Crema ma presenti in tutto il territorio. Dei tortelli triangolari simbolo di festa, le cui origini sono da sempre contese fra i vari paesini del Cremasco. Si distinguono per l'impiego del mustazzitt, un biscotto duro e speziato che viene sbriciolato all'interno della farcia.

 

tortelli di zucca

Tortelli di zucca

Protagonista assoluta della cucina locale, la zucca mantovana dà il meglio di sé in una delle paste più celebri della Lombardia: i tortelli di zucca, mezzelune o ravioli rettangolari di pasta all'uovo ripieni di zucca mantovana, amaretti, mostarda di Cremona, parmigiano e noce moscata. Molto diffusi anche nelle zone di Cremona e Brescia, i tortelli venivano preparati un tempo in occasione della vigilia di Natale, conditi con abbondante burro e parmigiano. Fra i primi a darne testimonianza, il poeta vernacolo Ettore Berni, che ne descrive la forma a cappello napoleonico, parte del costume dei portatori di vino della Mantovana: “...dag la forma d'on capèl;/ e s'at vol po' fart' onor,/ d'on capèl da “portador”;/ e s'at vol chi diventa fin/ fai pu gros d'on agnolin”. A rendere speciale la ricetta, l'utilizzo della zucca del territorio, caratterizzata dalla dolcezza pronunciata, tanto da essere impiegata per tempo come dolcificante in mancanza dello zucchero.

Tortelli sguazzarotti

Ancora tortelli, stavolta a base di fagioli borlotti e salsa saorina: sono i turtei sguassrot, i tortelli sguazzarotti, molto in voga fra la cucina rinascimentale della corte dei Gonzaga. A fare la parte del leone, la salsa saorina, antica preparazione a base di vin cotto, zucchero, noci, mele, zucca e buccia d'arancia, aromatizzata con cannella e chiodi di garofano. Vengono serviti tiepidi o freddi, conditi con questa salsa che è presente, in minor parte, anche nel ripieno.

La ricetta: tortelli di zucca

 

a cura di Michela Becchi

 
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