Cuocere con la lana e senza fuoco. La "cassetta di cottura" non è uno scherzo, ma un'antica tradizione che torna a vivere

6 Nov 2023, 12:44 | a cura di
Una scatola di lana riciclata permette di cuocere a lungo pietanze precedentemente sobbollite per pochi minuti e poi introdotte nella pentola all'interno della scatola di legno: la lana fa la gran parte del lavoro in modo naturale e sostenibile

L’Italia è uno straordinario paese di innovatori, con la capacità, davvero unica al mondo, di coniugare innovazione (non solo tecnologica), funzionalità e bellezza. Da queste capacità sono nate le nostre tradizioni nella moda e nel design, auto uniche e una cucina altrettanto straordinaria per varietà e ingegnosità. Sabato 28 ottobre a San Casciano dei Bagni (SI), meraviglio  so borgo della bassa Toscana, è stata presentata la “Comunità della Cassetta” un network di appassionati, cuochi e amatori, che aderisce a Slow Food e ha lo scopo di valorizzate una di queste innovazioni straordinarie, anzi retro-innovazioni, perché riportano alla luce saperi antichi dandogli una veste moderna e di design: la cassetta di cottura.

La cassetta di cottura è una scatola di lana riciclata che permette di cuocere a lungo pietanze molto diverse precedentemente sobbollite sul fuoco per pochi minuti e poi introdotte nella pentola al suo interno: la lana fa la gran parte del lavoro in modo naturale e ipersostenibile. Lo avevano capito già nel secolo scorso, quando la cassetta era servita ad esempio per portare il rancio ai combattenti della Prima guerra mondiale nelle trincee in montagna, raggiunte dalle pentole calde avvolte nella lana e caricate sui muli.

Il ritorno della cassetta

Oggi la cassetta, riportata alla luce dalla cooperativa di comunità “Filo&Fibra”, che si occupa di sviluppo locale creando opportunità di lavoro nell’artigianato per prevenire lo spopolamento, è un oggetto di design, che arreda molto bene uno spazio, ma continua a fare il suo in cucina, anzi. Nello stesso giorno è stata presentata e sperimenta le sue infinite opportunità.

Ho provato, cotti nella cassetta, un fantastico lampredotto, lo “slowbeans” (una zuppa di 10 legumi creazione della chef Tiziana Tacchi del ristorante “Il grillo è buoncantore” di Chiusi (SI), delle polpette al sugo da urlo con un'erba, la persia, che non ho capito cosa sia ma è buonissima, e persino la frittata fatta con le uova di Elia, un allevatore di galline padovano che è venuto in Toscana per sfuggire all’aviaria. Un incanto di sapori, a cui aggiungo anche le salse storiche di Historiam Firenze, che riproduce con ottimi risultati le sale degli antichi romani, ma anche qualcosa di più rilevante, anche al di fuori del mondo della gola e dei golosi.

Cucina di popolo

La cassetta di cottura è un oggetto molto bello e pratico per mangiare bene, cucinato, anche se si ha poco tempo a disposizione e questo aiuta a riflettere sul senso e il contenuto di quello che mangiamo anche al di là delle puntate più o meno frequenti nei luoghi gourmet di cui questa rivista è autorità assoluta. La cucina italiana, a differenza ad esempio della francese, è cucina di popolo, quotidiana, non di corte: nasce e si sviluppa dalla pratica quotidiana, dai lessici familiari e non può essere tutta privatizzata nella ristorazione. Ad ogni piatto pronto industriale, panino mangiato al volo fuori dall’ufficio, sapienza di nonna che scompare, la cucina italiana muore un po’ e così la nostra identità.

Tornare a prendersi il tempo per scegliere, preparare e consumare quello che noi e i nostri figli mangiano, anche grazie ad un oggetto che di tempo ne fa oggettivamente risparmiare come la cassetta, è necessario e indifferibile. Come lo è mangiare prodotti che abbiano sempre più una faccia, una provenienza non ostentata come leva per farsi pagare sempre di più, oltre il ragionevole, ma perché sia chiaro che dietro c’è vita, persone, progetti, economia.

Economia paziente

È anche questa “l’economia paziente che serve all’Italia”, sottotitolo del mio libro L’eccellenza non basta. Non basta perché il Paese attraverso troppe crisi, demografica, territoriale, economica, di identità, e il richiamo alle eccellenze, che abbonda nel food, non è in grado di coprire le smagliature sempre più vistose. Serve altro, un paradigma economico che consideri la qualità della vita e il recupero di alcuni nostri punti di forza, il territorio, l’artigianato e anche la cucina, come necessari per vivere meglio anche senza partecipare al gioco delle eccellenze, magari più lenti ma più sostenibili e certamente più felici. Per questo, la cassetta di cottura è stata protagonista di un capitolo del mio libro, come esempio perfetto di economia paziente, che ci potrebbe fare tutti un po’ più felici. A partire anche da quello che mangiamo.

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