Intervista a Gino Sorbillo sulla pizza all'ananas: "Basta razzismo gastronomico, i napoletani morbosi non accettano nuove variazioni"

2 Gen 2024, 18:48 | a cura di
Dopo la pizza all'ananas quella al ketchup. In questa chiacchierata con il Gambero Rosso Gino Sorbillo rivendica le proprie creazioni: "Le mie provocazioni possono lanciare nuove tendenze". Gli abbinamenti made in USA? "L'ananas basta saperlo usare, ma per alcuni a Napoli è tradire la storia"

Non si può fare più niente. Verrebbe da dire questo nel leggere i commenti che hanno invaso le pagine social di Gino Sorbillo negli ultimi giorni dopo la pubblicazione del video in cui mostra la sua pizza all’ananas introdotta nel menu del nuovo locale, Presepe Napoletano, aperto da poco a Napoli.

È stato un Capodanno di polemiche: l’hanno accusato di fare solo marketing, di tradire la tradizione, di fare bene ad andare via da Napoli. Eppure, Sorbillo ha continuato a fare quello che gli riesce meglio: la pizza. E per provocazione ha lanciato anche quella con il ketchup. Cosa vuole fare “italianizzando” delle ricette americane? L’abbiamo chiesto a lui in questa intervista.

Dopo la pizza all’ananas, lei continua a provocare e lancia la pizza al ketchup. Cosa è successo?

 L’ho fatto a seguito della pubblicazione del video della mia pizza napoletana all’ananas come ingrediente: si era alzato un polverone, sono piovute critiche ma c’erano anche moltissime persone schierate a mio favore. E tra i vari commenti ne avevo letto qualcuno in cui si diceva: “adesso che hai fatto questa all’americana con l’ananas ti manca quella con il ketchup”. Ho colto la provocazione al volo ed ecco qui la pizza al ketchup.

Com’è fatta?

Base bianca condita con fiordilatte campano, olio del Cilento, basilico, salame Napoli tagliato sottile, ketchup di datterini rossi e gialli italiani a goccioline come topping, e poi sul cornicione cacioricotta di capra cilentano a scagliette.

E dopo la pubblicazione del secondo video si è scatenato ancora una volta l’inferno.

Io ci metto la faccia sulle cose. Per me le provocazioni possono essere nuove tendenze così come le ho sempre lanciate negli ultimi vent’anni.

Perché ce l’hanno tanto con lei e con la pizza all’ananas o quella al ketchup?

Si demonizza l’ananas perché in passato chi ha fatto questa pizza ha abbinato male questo ingrediente.

 

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Cosa ha sbagliato e perché la sua è migliore, allora?

Se l’abbinano ancora utilizzando salsa di pomodoro e salame piccante, è normale che ci sta male. La mia ricetta prevede una previa cottura in forno dell’ananas che si disidrata, e che vado a usare sulla pizza come condimento insieme a provola fresca affumicata di Agerola, olio di oliva e basilico. Sul cornicione, dopo aver tirato la pizza via dal forno, metto un cacioricotta di capra sardo e uno di bufala del Cilento, della zona di Paestum, la pizza così è diventata un’altra pizza.

Insomma, nessuno è pronto alle nuove proposte?

Fino a dieci anni fa nemmeno lo speck dell’Alto Adige si usava sulla pizza. O ancora, fino a cinque, sei anni fa la polvere delle olive nere, la spuma di mozzarella, le riduzioni, creme di patate viola, carpacci di carne e pesce, non si usavano. Perché questo ingrediente (ananas, ndr.), secondo me in passato proposto male, non deve essere rivisto e riproposto con coraggio senza ricevere offese?

Cosa intende con “proposto male in passato”? In quale abbinamento l’ananas non funziona sulla pizza?

Molte persone abbinando l’ananas sulla pizza con pomodoro, un salume piccante, un formaggio fuso di indubbia provenienza, niente di identitario come la nostra provola affumicata, ed è normale che il risultato può essere una porcheria, per noi italiani abituati a mangiare bene.

La pizza americana con l’ananas, dunque, secondo lei è una porcheria?

Nell’abbinamento con il pomodoro, sì. Io mai mi sognerei di farlo. L’ho fatta bianca, l’ho sperimentata per qualche settimana, l’ho inserita nel menu in sordina, circa venti giorni fa e ho visto che la pizza andava, le persone la mangiavano anche per curiosità, sono venuti a prenderla a portar via. E non sono solo turisti a consumarla, anche napoletani, italiani.

L’abbinamento con il pomodoro perché proprio non ci sta?

Perché ananas e pomodoro sono due frutti, hanno due acidità e non ci sta bene. Ma utilizzato su una pizza bianca ha tutt’altro valore. Perché lasciarsi condizionare solo per un “sentito dire”. Il 99% della gente che dice che la pizza all’ananas fa schifo, se vai a vedere non l’hanno mai provata.

La gente si scandalizza per la pizza con ananas perché è dolce e non la concepiscono in un abbinamento salato, però non lo fanno con il prosciutto e melone…

Sì! In tanti fanno la pizza con la zucca, con prosciutto crudo e fichi, qualcuno usa le marmellate, perché il problema è l’ananas? Quindi io su quello ho lavorato, e può essere proposta sia come pizza da antipasto, a tutto pasto o a fine cena.

“Italianizzando” due ricette di pizza americana, cosa vuole dimostrare?

Non ci deve essere un razzismo gastronomico, non ci devono essere dei blocchi solo perché qualcuno in passato ha sbagliato. Io sono stato sempre aperto: ad altre scuole di pensiero, tecniche, sono cresciuto aprendo porte a pizzaioli e ingredienti.

Quindi le pizze con ananas e ketchup sono un errore e lei vorrebbe rimediare a questo errore?

Con la materia prima che abbiamo in Italia si può cambiare la scena. Ben venga che un ragazzo possa mettersi una gocciolina di ketchup di datterini sulla pizza, è solo una variazione. Quando ero ragazzo, negli anni Ottanta, la pizza con il prosciutto crudo con rucola non esisteva, il boom c’è stato negli anni Novanta.

Alcuni hanno commentato che solo adesso lei ha capito il potere dei social? Cosa vuol dire a tal proposito?

 Sono stato il primo a sbarcare sui social, nel 2009. Quando tanti anni fa portavo le pizze in tv, anche lì erano polemiche. C’è sempre una persona che inizia e si prende la responsabilità, che viene accusato. Quando arrivano i meriti nessun dice più nulla.

Negli ultimi mesi ha proposto delle pizze che seguivano i trend, argomenti di cui tutti parlavano: la pizza al granchio blu, la pizza Barbie, la pizza Pompei. Cosa rappresenta per lei questo rincorrere l’attualità?

Io sulle mie pagine metto le cose che mi divertono, che stuzzicano prima me, mi metto alla prova e quando pubblico qualcosa, visto che sono molto monitorato, si aprono delle polemiche. I video diventano virali, però io lo faccio in casa mia, nelle mie pizzerie e pubblico sui miei profili social.

Quando qualcuno dice pizza, il pensiero va subito a Gino Sorbillo. Se si vuole chiedere un parere, anche i giornali si rivolgono a lei. Non c’è dubbio: è un riferimento per il mondo pizza in Italia. Ma con la pizza all’ananas e quella al ketchup, vuole diventare il riferimento della pizza italiana anche all’estero?

Per me non ci sono confini. Questo lavoro/comunicazione lo faccio per me, che possa piacere o no. Perché voglio sfatare delle cose e metterci mani e bocca sopra, aspetto quello che viene dopo molto serenamente. Per me fra pochi giorni questa storia della pizza all’ananas già finisce. Prendo spunti dalla vita per fare altro e sentirmi vivo io.

A questo punto, non pensa che la gente venga da lei, nelle sue pizzerie, più per il trend che mette in atto sui social che per la qualità della sua pizza?

No, no! Però, a Napoli c’è un problema particolare. Se si valicano i confini della città e si è riconosciuti anche a livello nazionale e internazionale sembra quasi che tu stia tradendo il patriottismo napoletano. E devono accusarti che non fai più buona la pizza, che sei cambiato, ti sei montato la testa. I napoletani morbosi non accettano eventuali variazioni, nuove aperture.

I napoletani la odiano, dunque?

No, no. A volte la prendono male.
Se per esempio non usassi solo la mozzarella di bufala campana, ma quella di bufala pugliese diventerebbe altro motivo di denigrazione: alcuni napoletani sono molto legati alla loro regione, è come se tradissi la loro storia.

Quindi, come la mettiamo con la questione della pizza all’ananas che è non è un’invenzione italiana? È una guerra?

Infatti, lì è un’altra questione. Sì, una specie di guerra-odio: l’ananas era da bandire solo per sentito dire. Se chiedi il motivo a molti napoletani, non te lo sanno dire. Rispondono solo: “perché fa schifo” e se chiedi dove l’hanno mangiata, non ti rispondono. Per alcuni, non è buona per istinto.

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