Al G7 di Bologna si parla di spreco
Plastica in mare e spreco alimentare. Il G7 dell’ambiente di scena a Bologna in queste ore cerca di superare le incomprensioni di Taormina (con Trump che porta gli Stati Uniti fuori dall’accordo di Parigi), concentrandosi (anche) su due emergenze ambientali del nostro tempo. Guidato dal ministro Galletti, il gruppo che riunisce i leader di Giappone, Francia, Gran Bretagna, Canada, Germania e Stati Uniti e i 4 ministri di Cile, Ruanda, Maldive ed Etiopia, ha posto all’ordine del giorno anche l’annoso problema dell’inquinamento marino e le buone pratiche per contrastare lo spreco di cibo. Dibattito sul clima, dunque, ma imprescindibile impegno per la sostenibilità: proprio nella giornata conclusiva di lunedì 12 si discuterà di “Tre R”, riduzione, riuso e riciclo, ed economia circolare. Anche in termini di abitudini e costumi alimentari. Il tema è stato preceduto, alla vigilia dell’incontro, dal tavolo tra Italia e Stati Uniti sugli Innovative Food Waste Approaches (ospitato dal nascente Fico), in riferimento tanto all’esperienza della campagna Spreco Zero che l’Italia conduce da anni in diverse città, come alle buone pratiche promosse negli States sullo stesso tema. Ma intanto, fuori dalle sale del potere, quali sono le ultime novità in materia di lotta allo spreco?
Ghe n’è minga de ruera. La rete di Milano
Mentre a Londra prende forma l’ennesimo refettorio di quel progetto ambizioso e visionario che Massimo Bottura inaugurava giusto un paio d’anni fa, in concomitanza con Expo 2015, a Milano si concretizza un nuovo circuito di prossimità che aiuta chi non ha cibo recuperando quello in eccesso, altrimenti destinato allo spreco. L’idea è frutto del sodalizio tra Ciessevi (Centro Servizi per il Volontariato della Città Metropolitana di Milano) e Milan Center for Food Law and Policy, e si concentra sulla piccola distribuzione che vuole contribuire alla causa, mettendola in comunicazione con le associazioni a loro volta impegnate a redistribuire cibo fresco e di qualità alle famiglie bisognose (11mila i nuclei familiari in difficoltà censiti a Milano). Ghe n’è minga de ruera – “non ce n’è mica di spazzatura” - è il nome spiccatamente meneghino del progetto che si auspica possa essere operativo dopo l’estate, quando la rete di panettieri, pasticceri, fruttivendoli, trattorie e tutte quelle attività che producono o vendono cibo non stoccato sarà costituita, con l’obiettivo di distribuire prontamente i prodotti freschi alla fine di ogni giornata, sull’onda della legge Gadda approvata lo scorso agosto.
SirPlus. L’outlet del cibo scaduto a Berlino
Intanto a Berlino, città da tempo protagonista della battaglia contro lo spreco alimentate, comincia l’avventura di SirPlus, l’outlet che vende cibi scaduti, ma commestibili, variante tedesca di un’esperienza già attiva in diverse città nord europee (anche se in tutta Europa si continuano a sprecare ogni anno circa 88 milioni di tonnellate di cibo). A Berlino l’idea arriva ancora una volta da Raphael Fellmer, attivista già noto per le sue teorie sul ritorno al baratto e l’apertura di una piattaforma online che mette in comunicazione i Gas della città. Con due soci, Raphael sta promuovendo la realizzazione del progetto su un sito di crowdfunding, che servirà a reperire i fondi per intraprendere il business: 150mila euro il traguardo da raggiungere, quando mancano 35 giorni alla fine della campagna e sono stati raccolti oltre 65mila euro. Da SirPlus il cibo scartato dai supermercati sarà venduto al 70% in meno del prezzo di mercato, e un’app consentirà di ordinare i prodotti disponibili e farseli recapitare a casa entro 24 ore.
Biogas. Energia pulita dal cibo in eccesso
A New York, invece, si attacca lo spreco alimentare da una prospettiva diversa, ma altrettanto valida. E innovativa. La metropoli produce ogni anno 14 milioni di tonnellate di rifiuti, e già nel 2013 l’allora sindaco Michael Bloomberg individuava la lotta allo spreco alimentare come frontiera all’avanguardia sulla via del riciclo. Un’idea ripresa dal suo successore Bill de Blasio, che proprio negli ultimi mesi sta lavorando per perfezionare un sistema di raccolta dei rifiuti organici sistematico ed efficiente, già operativo in molti distretti della città, e in costante espansione, sul modello di città come San Francisco e Seattle, ma con la difficoltà in più di applicarlo a una città popolosa come New York. Ma la sfida più innovativa arriverà in un secondo momento, quando si tratterà di riciclare gli scarti alimentari. Oltre a incentivare i privati che lavorano sul compostaggio, la risorsa in più potrebbe rivelarsi quella di produrre energia pulita a partire dalle eccedenze di cibo. Come? Con l’aiuto di microrganismi anaerobici che nutrendosi dell’organico producono il cosiddetto biogas, da utilizzare come carburante per le automobili o incanalare in condotti di gas naturale. La sperimentazione è cominciata nel 2012, ed entro il 2018 un ristretto campione pilota di utenti potrà utilizzare il biogas prodotto al Brooklyn’s Newton Wastewater Treatment Plant. Per saperne di più consigliamo l’esaustivo reportage “animato” del New York Times.
a cura di Livia Montagnoli