Addio a Sebastian Stocker
È stato un 2017 difficile per il mondo del vino italiano, che negli ultimi mesi ha dato l’ultimo saluto a molti padri fondatori dell’enologia nazionale, accomunati da grande tempra, lunghe carriere e brillanti intuizioni. E la tendenza non si smentisce neppure ora che l’anno volge al termine, a pochi giorni dall’arrivo del nuovo, colpendo nel cuore dell’Alto Adige vinicolo che fa capo a Terlano, e alla sua celebre denominazione. Ad andarsene, stavolta, è Sebastian Stocker, classe 1929, che della storica Cantina di Terlano ha gettato le fondamenta, battezzando una tecnica di cantina – il cosiddetto metodo Stocker, ispirato dall’esempio dei colleghi francesi – che dei grandi bianchi del territorio ha contribuito a tracciare una storia luminosa, esaltandone longevità e complessità aromatica attraverso una sosta prolungata sui lieviti fini (una lunghissima maturazione in botti di legno “sur lie”), seguita poi da anni di affinamento. La Cantina Sociale del Terlano, fondata nel 1893, lo accoglieva per la prima volta nel 1955, poco più che ventenne: solo nel 1993 si sarebbe ritirato nel suo maso sopra la cittadina altoatesina per dedicarsi, con suo figlio Sigmar, a produzioni indipendenti, con il pallino per gli spumanti (metodo classico), a base pinot bianco, chardonnay, sauvignon.
La longevità del bianco altoatesino. Il metodo Stocker
Per 40 anni, però, è stato il Kellermeister di Terlano, e l’attività della cantina sociale l’ha fatta crescere, organizzandola al meglio, preservando una collezione di bottiglie che potessero raccontare la storia del luogo – l’archivio enologico tuttora custodito nel caveau, che conta oltre 100mila bottiglie - ma soprattutto guidando l’attività in vigna e in cantina con metodi innovativi, alla ricerca costante della longevità del vino, da uve bianche pinot e sauvignon. Facendo scuola. Ancora oggi, non a caso, le “rarità” della Cantina Terlano seguono la strada tracciata dal maestro, come si legge sul sito ufficiale della cantina: “Le annate migliori si fanno prima affinare in botti di rovere per un anno, poi si travasano in piccoli fusti d’acciaio da 2.500 litri, dove rimangono da 10 a 30 anni, avendo così tutto il tempo per sviluppare sui lieviti fini i loro aromi e la loro struttura complessa. Quando l’enologo ritiene che abbiano raggiunto il grado ideale d’armonia ed equilibrio, questi vini vengono imbottigliati, e fatti invecchiare per altri 4-5 anni prima di essere pronti per la mescita”. Perché secondo la filosofia impartita da Stocker, scomparso all’età di 88 anni, ma lucidissimo fino alla fine, “prendersi il tempo e dare il tempo alle cose è forse il lusso più grande che possiamo immaginare”. Se i vini bianchi altoatesini oggi sono così apprezzati in Italia, e nel mondo, molto è anche merito suo. E Terlano ora lo ricorda commossa.
Photo credit Sebastian Stocker