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“Il 12 aprile si apre. Testa bassa e lavorare”. Dopo oltre un anno e mezzo, è il momento del conto alla rovescia. Ve lo avevamo anticipato sulle pagine del Gambero Rosso di marzo scorso, nell'articolo di Valeria Maffei dedicato all'Omakase, ma ora i tempi sono maturi per raccontare qualcosa di più su Orma, a Roma, il nuovo ristorante che vede in prima fila Roy Caceres. Un progetto nasce che nell'autunno del 2020, dall'incontro con Vincenzo Fiengo e suo figlio Pier Mario, rispettivamente patron e sous chef di Orma.
Come nasce Orma
“Ti racconto una cosa buffa” fa Roy, “ogni giorno, andando verso Metamorfosi (il ristorante fine dining chiuso un paio di anni fa, ndr), passavo per via Piemonte e vedevo questo locale ad angolo, mi aveva colpito quel grande open space luminoso, con il giardino, la terrazza con l'ulivo centrale, la cucina al piano. Poi un giorno” continua “chiuso ormai Metamorfosi, mentre cercavamo il locale giusto, Vincenzo mi ha detto di andare a vedere un posto insieme, ed era proprio questo”. L'accordo si è trovato solo tempo dopo e a novembre 2021 entrano. “Ci sono voluti tre mesi solo per svuotarlo” fa, ma intanto il progetto era partito, con imponenti investimenti. A seguirli lo studio Hangar Design Group di Alberto Bovo e Sandro Manente che hanno tradotto le idee di Roy: “volevo un posto rilassato, dove stare bene, e in cui creare un percorso itinerante”, sulla falsariga di alcuni grandi locali all'estero, per esempio quello di Ricard Camarena a Valencia. Presentato il progetto e il naming, i lavori sono entrati nel vivo. “Orma mi è piaciuto, perché rispondeva al desiderio di lasciare un segno”.
Orma, il design firmato da Hangar Design Group
Due piani, centinaia di metri quadri, e un design che punta sulla forza dei materiali - rame, legno, pietra – accostati a linee fluide che accompagnano gli ospiti verso il cuore del ristorante, in accordo con l'andamento della cena. Con il rame del soffitto che riscalda la scena, una quinta che delimita gli spazi con leggerezza, e le aree del ristorante che si inseguono in un'idea di movimento armonico che rispecchia la cucina di Roy che – oggi più di ieri – si muove tra suggestioni diverse, “una cucina libera e senza frontiere” la chiama.
E mobili sono anche le ceramiche inserite nei tavoli in rovere (tailor made come il resto dell'arredo) dalla gamba che ricorda un tronco stilizzato: realizzate da Pots di Sebastiano Allegrini (che firma anche le stoviglie insieme a Con.creta di Genzano di Roma), durante la cena si trasformano per contenere il pane, il grasso, la piccola pasticceria, “sono sempre stato in difficoltà a scegliere il centrotavola, volevo che potesse comunicare l'evoluzione che c'è nel corso la cena” spiega. Perché l'idea di Roy è che il percorso del pasto si rifletta in un percorso fisico, che parte dalla zona lounge e bar, in cui fermarsi per un aperitivo e i primi amuse-bouche spiegati da un cuoco, fa una tappa allo chef table per un altro snack davanti alla cucina - “qui saluteremo i clienti e daremo il nostro benvenuto” - e passi poi al tavolo. Con la bella stagione, poi, ci sarà anche la terrazza con il bell'ulivo centrale a movimentare ulteriormente il percorso, nella fase iniziale e in quella conclusiva.
Cosa si mangia da Orma di Roy Caceres
Si parte con una piccola carta: 12 piatti salati, senza alcuna distinzione tra portate, e 4 dolci, “quasi tutti piatti nuovi, nati nella cucina di Orma”: cose come il carciofo, la trippa di calamari, l'indivia, la lingua o lo spaghetto con latte e pinoli. Poi ci sono due percorsi degustazione, Tracce Indelebili (5 piatti, €120): “i piatti che fanno parte della mia storia professionale: l'antipasta, l'anguilla o il riso percolato”, e Tracce Correnti (8 piatti, €150), “che raccontano dove stiamo andando”, insomma il presente e il futuro della cucina di Caceres, che oggi gioca con gusti e sapori nuovi, per esempio il koji, con macerazioni o fermentazioni, ma senza che diventino protagoniste dei piatti “se una tecnica porta qualcosa allora è giusto usarla, altrimenti no, è sono solo uno strumento per esaltare la materia al pari di altri”.
Tra i piatti di partenza, e per poco tempo, c'è il carciofo con ricci di mare e tuorlo, con il vegetale molto fondente, quasi cremoso, cotto con una base che ricorda il carciofo alla romana glassato con un fondo tirato e concentrato, con le foglie tostate e frullate a dare un tono scuro, da caffè, completato con tuorlo cremoso e riccio di mare crudo, maggiorana, e un side dish di gambo di carciofo scottato, scavato e farcito con canocchie lavorate con ricco burro di Jersey campano, quasi un midollo al sapore di mare con le sfumature amarognole del carciofo. Emblema di una cucina in cui – dice - “ho limato e forse tolto quel che con il tempo ho capito che poteva essere un di più, concentrarmi di più sul gusto. Ho tolto il superfluo, e anche se” riflette “ci sono piatti con tanti ingredienti, sono più mirati”. Senza tradire l'impronta internazionale che lo caratterizza, che qui parte da una base italiana, mentre da Carnal – locale casual di cucina sudamericana, in società con Riccardo Paglia e Andrea Raccombaldo – fa il percorso contrario: parte dalle sue origini che contamina con una quota di italianità.
Il pane e i dolci di Orma
Prodotti con lievito madre e le farine di Filippo Drago de I mulini del Ponte, da Orma ci saranno tre tipi di pane: una pagnotta “base” con la madonita, lievita dalle 18 alle 22 ore, in cassone a temperatura ambiente e in forma tra gli 8 e i 10 gradi, e cosparsa mix di semi “è il pane base che ci caratterizzava a Metamorfosi”, al posto di burrolio ora c'è un grasso animale, sorta di Kajmak dei Balcani: burro di Jersey, panna di affioramento, yogurt leggermente affumicato e una piccola parte di miso, con fiore di finocchietto selvatico e scaglie di sale. C'è poi una focaccia preparata con una crema di mais nixtamalizzato e mais bianco colombiano aggiunto nelle ultime pieghe, e cotta nella foglia del mais essiccata che regala profumi “mi ricorda la mia terra, l'odore dell'arepa e dei tamales che ho nel dna”. Il terzo pane è un piccolo panino di farina integrale e segale, impastato con un po' di miele, avvolto su uno stecco di liquirizia e cotto alla brace, portato con il main course.
Ai dessert, come da Metamorfosi, c'è Diego, fratello di Roy che rinnova il legame con la Colombia, come nel dolce con il platano, frutto che cambia molto in base al grado di maturazione: verde ricorda le fave cotte, a metà è giallino, più dolce e morbido, quando è molto maturo, invece, è una crema scura, quasi una namelaka. Qui viene cotta alla brace per concentrarne il sapore e dare un tono affumicato, si unisce a cioccolato bianco, panela – il panetto di succo di canna da zucchero caramellizato - e latte di cocco, completato con una cialda di platano verde cotta al vapore e gelato al kefir.
Roy e gli altri: lo staff di Orma
Si parte con una decina di elementi, in cucina, con “due bracci destri”, i sous chef Giovanni Oliveri (che arriva da Metamorfosi, e vanta esperienze da Frantzén, Azurmendi, Dinner, Ledbury, Le Calandre), e Pier Mario Fiego (passaggi da Vissani, Cracco e Heinz Beck a Londra). In sala 6 persone più la hostess, con Simone de Florio (qualcuno lo ricorderà all'Imàgo) maître e restaurant manager cui è affidato il compito di ricamare un servizio puntuale ma che fa suoi gli elementi di dinamismo e movimento cui è improntato l'intero locale.
Matteo De Paoli cura la proposta vini, che parte con 600 etichette e 3mila bottiglie, distribuite nelle due cantine a vista, al piano terra e al piano interrato; è lui ad aver studiato i due wine pairing proposti: uno classico (5 calici, €80), uno più anticonformista con vino, thè, sakè, sidri e altro ancora (8 calici, €110).
Il bistrot in terrazza e l'orto di Orma
Il tutto per 40/45 posti (12 tavoli tondi e uno grande, da 6/10 coperti, nella sala privata) che raddoppiano con la bella stagione, quando apre la terrazza, che però vivrà come bistrot di giorno e per aperitivi d'autore, senza che fine dining e bistrot si sovrappongano, “per non creare confusione” spiega.
La proposta della terrazza sarà infatti più immediata: primi piatti con pasta trafilata home made fresca – per gestire meglio i tempi - proteine finite al bbq, proposte fresche, dirette, con pochi ingredienti caratterizzate da fondi e salse di cottura, e tanti vegetali, quelli in arrivo dall'orto di Orma: “abbiamo una collaborazione con Lorenzo Maggi dell'Orto di Clapì che ci ha dedicato un terreno di 900 mq che seguirà lui, credo che saremo in produzione verso metà maggio”. Per le verdure extra c'è Urca, un banco del mercato di piazza Alessandria, e poi Fedro per cose come il burro e la pecora abruzzese, per il pesce Meglio Fresco, Luxittica e Ittica Urbano, “ma in futuro stiamo vedendo se riusciremo a fare qualche asta a Fiumicino il pomeriggio”, e poi ancora Orme per alcune cose particolari, per esempio latte di pecora grasso di pecora dei fratelli Gentile. “Sono aperto al mondo ma cerco anche di vedere quel che abbiamo qui: il pepe Sancho viene dal Giappone, le anguille da Comacchio. Se qualcosa mi dà emozione, lo voglio usare, dovunque arrivi, Non sono integralista del chilometro zero. Come potrei?” dice: “vengo dalla Colombia, non sono a chilometro zero neanche io!”. Bentornato Roy Caceres.
Orma - Roma - via Boncompagni, 31 - 068543182 - www.ormaroma.it
a cura di Antonella De Santis
foto di Andrea Di Lorenzo