I bar si spostano nei ristoranti. Una tendenza che lega sempre più cucina e mixology

16 Feb 2024, 13:11 | a cura di
Cucina e mixology hanno intrapreso una strada convergente fatta di abbinamenti e degustazioni portate avanti da chef e bartender di livello, da Milano all’Aspromonte. Passando per Firenze

Cucina e bar sono sempre più in dialogo per l’offerta culinaria che per l’esperienza da vivere in simbiosi con la mixology. Insomma, una buona fetta di clientela che siede ad alcune delle migliori tavole italiane è molto probabile che abbia la possibilità di godere anche di una miscelazione di grande livello, che sovente entra a far parte dei menu. Solo per citare un esempio di questa tendenza, basti guardare che sono ben 20 su 350, senza contare quelli non presenti nella pubblicazione, i bar all’interno di ristoranti (che siano solo ristoranti o all’interno di hotel) quelli recensiti da BlueBlazeR 2024, guida ai Cocktail Bar d’Italia presentata qualche settimana fa.

Una tendenza consolidata

«La presenza di cocktail bar di qualità all’interno di ristoranti gourmet è effettivamente una tendenza evidente. Nella prima edizione di BlueBlazeR, quella del 2015, i ristoranti stellati con miscelazione rappresentavano meno del 5% del totale; oggi, a meno di dieci anni di distanza, siamo vicini al 18% dei locali selezionati», ci conferma Giampiero Francesca, co-fondatore della guida insieme a Gaetano Massimo Macrì: un aumento importante che testimonia quanto la miscelazione di qualità sia ormai parte integrante delle scelte degli ospiti. Quello che solo pochi anni fa poteva quindi essere considerato un vezzo di qualche chef oggi è una necessità vera e propria per chi vuole proporre un’offerta completa all’interno della propria struttura.

«Va detto che è ancora rara una vera integrazione fra cucina e bar, nella maggior parte dei casi si muovono ancora a compartimenti stagni, ma è indubbio che questa massiccia presenza sia l’ennesimo segnale di quanto il mondo dei cocktail di qualità non sia più considerabile una "moda passeggera" ma faccia finalmente parte della cultura del nostro paese».

Lo chef Paolo Lavezzini prepara la sua Aragostella alla brace al Four Season di Firenze dove la cucina dialoga con i cocktail dell'Atrium Bar firmati da Edoardo Sandri (foto in apertura)

Il Four Season di Firenze

«Chi meglio incarna lo spirito di cooperazione fra bar e miscelazione, oltre a rappresentare uno dei connubi storicamente presenti nella nostra guida, è probabilmente il Four Seasons di Firenze. Nonostante il cambio alla guida del ristorante Il Palagio, lo spirito di collaborazione fra la cucina e il bar di Edoardo Sandri non è mai mutato e anzi ha trovato sempre nuove forme e opportunità. Molto interessante il lavoro sviluppato da Ciccio Sultano e Mattia Cilia a Ragusa, così come unico è il progetto di Nino Rossi, il ristorante calabro Qafiz e il bar interno Aspro rappresentano infatti due facce della stessa medaglia», dice Macrì.

Nino Rossi al banco del suo Aspro all'interno del ristorante Qafiz, nel cuore dell'Aspromonte

Qafiz, gioiellino in Aspromonte

Ed effettivamente il fuori classe calabrese dalla visione internazionale, ha costruito nella remota Santa Cristina d’Aspromonte un gioiello dove ormai da tempo ama coniugare la sua cucina con il mondo del bar; lui stesso è abile miscelatore dietro il banco bar di Aspro collegato su linea diretta con il nuovo concept dello chef’s table all’interno dello stellato Qafiz. «Questi due mondi hanno iniziato a convergere perché l’uno ha bisogno dell’altro: cuochi e bartender hanno capito che il racconto sarebbe stato più interessante e se ne sarebbero giovato. Parliamo di due discipline diverse dove però si estremizza alla pari il livello di precisione dei sapori e delle texture.

Insomma, dopo gli ultimi vent’anni dedicati al solo gin and tonic, questa vicinanza comincia a vivere anche in Italia, non solo negli USA. Un grande esempio è rappresentato da Tony Conigliaro – uno dei bartender più influenti del globo – che con i suoi molteplici esperimenti ha spinto le due dimensioni a unirsi».

Durante la visita al Qafiz la proposta miscelata entra in quella della cena in diversi modi, dalla possibilità di avere un pairing analcolico, al cocktail iniziale fatto di estratto di rapa rossa a rappresentare un finto vino (sodato) con aceto di champagne e tè Earl Grey, e fino al bar Aspro che è diventato a tutti gli effetti parte del menu degustazione, i clienti si spostano nella sala adiacente e comodi al banco terminano con la piccola pasticceria e i miscelati a disposizione. È qui che il bartender Damiano Martino insieme a Nino Rossi fa si che alcuni dessert diventino cocktail e viceversa stabilendo una matrice principale di abbinamenti da espandere a tutto il processo creativo, come per il violent punch a base di liquirizia, violetta e limone, derivante dal dessert lemon curd con biscotto alla liquirizia e sorbetto alla violetta.

La sala di Atrium Bar, all'interno del Four Season di Firenze

È una vera tendenza?

Varcando invece l’ingresso del mirifico Four Seasons di Firenze ci si ritrova in luogo antico che incarna la quinta essenza dell’ospitalità d’hôtellerie dove il connubio tra cucina e miscelazione si rafforza ancor di più con la numerosa clientela che arriva da tutto il mondo. Ma si può parlare di vera e propria tendenza?

Secondo Paolo Lavezzini, chef de Il Palagio «galeotto fu l’aperitivo che negli anni ha cambiato tante volte forma e che oggi lascia spazio a molte proposte degustazione con cocktail pairing. La tendenza c’è ed è sicuramente in forte crescita». Edoardo Sandri head bartender al comando di un cocktail bar meraviglioso e tra i più apprezzati d’Italia dice «per noi non c’è dubbio sulla nascita di una vera e propria tendenza, l’accoppiata è vincente e funziona molto bene, soprattutto adesso. I nostri cocktail menu hanno da sempre piatti studiati in abbinamento e se sempre più locali si stanno spingendo in questa direzione vuol dire che ci avevamo visto lungo».

Chef Antonio Guida. Foto di Matteo Carassale

Il Mandarin Oriental a Milano

Cosa accade, invece, in un’altra mecca del gusto, il Mandarin Oriental di Milano? Qui a convivere sono la cucina dello chef Antonio Guida, al comando del bistellato Seta, e la cultura liquida di Guglielmo Miriello. «Io sono molto felice che vi sia un dialogo fra la cucina e il bar, la crescita e la ricerca del bere miscelato, soprattutto negli ultimi anni, hanno portato ad un’attenzione agli ingredienti, alla tecnica e alla proposta davvero affini a quella dei ristoranti fine dining», dice il primo, «gli ospiti sono sempre più attenti a ricercare esperienze complete e avvolgenti sia a livello gastronomico che di beverage. La collaborazione tra cucina e bar consente sicuramente di far intraprendere un viaggio sensoriale ancora più coinvolgente e integrato», il secondo.

Gli ospiti del Seta, prima di accomodarsi al ristorante, spesso sostano al Mandarin Garden per un drink o un aperitivo perchè sanno di trovare una proposta mixology di altissima qualità, è una prassi ormai codificata ma il valore aggiunto è anche un altro: «sovente prendiamo spunto dalla cucina per le nostre ricette, anche nella scelta degli ingredienti. Per esempio abbiamo inserito la polvere di lampone – utilizzata da chef Guida nel suo piatto signature risotto con lamponi e crema di erbe – come guarnitura di un nostro cocktail». E concludono: «più che di tendenza, si tratta di complicità e crescita reciproca. Ormai è una realtà, l’integrazione di cucina e bar è l’incontro ideale per offrire una proposta sempre più completa all’ospite».

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