Mauricio Zillo da Gagini
È passato poco più di un anno da quando abbiamo parlato del gruppo Good Company di Palermo, da quando – cioè – annunciavamo l'arrivo di Maurizio Zillo da Gagini. Da allora, ed era aprile del 2020, nel pieno del primo lockdown, di cose ne sono successe. E anche molte: la pandemia, prima di tutto, si è rivelata più duratura del previsto, e ancora oggi continua a gettare ombre di incertezza sul nostro futuro. Una bella rogna per chi, come Zillo, si preparava a guidare una delle cucine più importanti della città e lo faceva con più di qualche occhio puntato addosso.
Il brasiliano d'Italia che a suon di gavette di rango ha costruito un'identità gastronomica di gran carattere, arrivava alla corte di sir Franco Virga con il preciso intento di fare una mezza rivoluzione, quel Rebelot già visto sui Navigli che lo ha fatto conoscere qui da noi. Tant'è, a suon di aperture a singhiozzo, Zillo ha preso possesso della cucina, mettendo a segno una proposta sempre più divertente e mirata, allegra, attuale e disinvolta.
Un approccio che si integra perfettamente con lo stile di Franco Virga, visionario imprenditore che insieme a Stefania Milano è il cuore e l'anima di Good Company, il gruppo che in pochi anni ha letteralmente rivoltato la città, colonizzandola a suon di locali buoni, belli, sempre centratissimi. E sarà forse per questa voglia di ribellione costruttiva che i due si son presi. Originale, goloso, sorprendente, il nuovo Gagini - modificato appena, con quel bancone che entra nella sala a ospitare il lavoro della brigata - è un parco giochi: saliscendi di sapori e divertissment che non annoiano mai, ne siano prova alcuni dei piatti che a giro si ha la fortuna di assaggiare: il carpaccio di anguria e pomodoro pizzutello di Paceco, con ribes, lumache, emulsione di cozze e mais o le caramelle con nocciole crude e tostate dei Nebrodi, scampi crudi, acqua di pomodoro datterino fermentato ed erba dal richiamo marino o ancora la lattuga romana alla brace con seppiolina al pistacchio, con nero e lampone (in foto). Tutto istinto e tecnica, tutto materia prima – ah che pacchia la Sicilia per uno come Maurizio! - e talento. Così il buon Zillo ha preso pienamente possesso del suo posto e per sancire il tutto che fa? Chiama gli amici!
Aja Mola e Diego Recarte
Chi è passato per via Cassari, sa bene che quella stradicciola a un passo dal porto è oggi la via del buon bere e buon mangiare: paese dei balocchi, sì, da cui attingere liberamente per nutrire pancia e fantasia, tra i migliori esempi di come una sana e buona imprenditoria possa far bene alla città. A un passo da Gagini, nell'edificio adiacente, c'è Aja Mola, un tempo trattoria di mare (a proposito di cucina di mare, proprio in questi giorni a Palermo ha aperto Fud Bocs), oggi nuova insegna su cui concentrare scommesse e aspettative. Ai fornelli, infatti, da qualche settimana è arrivato un nuovo chef, vecchia conoscenza di Mauricio, che dalla Sicilia si è lasciato affascinare, arrivando anche lui alla corte di don Virga, che i cuochi di razza sa come conquistarli, lasciandogli libero il campo, spingendoli a fare ancora e di più, senza timori. E Diego Recarte (esperienze, tra le altre, da Enigma e al Pakta di Albert Adrià, e visto recentemente a Milano da Pacifico), in poco tempo ha messo su un'infilata di proposte che paiono voler mollare gli ormeggi per andare spediti e liberi sul mare. Un tuffo dove l'acqua è più blu, e dove la gola stimola la fantasia o forse viceversa. Ti spiazza il giusto, Recarte, poi scherza e ti rassicura: mette insieme cozze, lardo di maialino nero e una maionese alle ostriche che ti obbligano a rielaborare l'idea del classico crostino con i mitili, e poi la pasta - fredda con pesce crudo – a fare da contenitore e raccontare un nuovo sushi all'italiana.
Gioca con le acidità senza lasciare che invadano il piatto, ma gestendone il guizzo per dare un po' di brio al sashimi - con pesca bianca e acqua di pomodoro fermentata – e poi ancora pesce crudo, stavolta tonno, che va con la mandorla fresca e il latte bruciato. Bocconi (o murici) quando ci sono rubano la scena; insomma: una giostra che pare duettare con quella della tavola accanto, a cucire i contorni di quella cittadella del gusto che Virga ama chiamare Vucciria District, figurandosela come una fermata della metropolitana con le varie destinazioni. A breve – qui - qualcosa cambierà, per dare a Recarte più spazio. “Diego è riuscito a raddoppiare volumi e fatturato, portandolo su livelli diversi. Vogliamo dargli un parterre più ampio, aumentando la disponibilità di posti”. L'dea è di spostare Aja Mola dove ora c'è il cocktail bar Bocum, proprio di fronte a Gagini. Bacum confluirà nell'enosteria Libertà, nella strada omonima “un luogo dove si consacra il vino, possibilmente naturale, biodinamico, di ricerca, con un focus prevalentemente sulla Sicilia. La mixology per noi ha fatto il suo tempo, ci sarà ancora spazio, ma non come ora”.
Street food dall'Oriente
E dove è oggi Aja Mola? Qui c'è una delle prime novità targate Good Company con l'arrivo -in un futuro prossimo - di un nuovo format dedicato allo street food, a celebrare una delle anime gastronomiche della città ma con qualcosa di nuovo. Non ci saranno sfincioni e panelle, ma cibo da passeggio orientale: “riteniamo che sia una cosa all'avanguardia, in un momento in cui in Italia si è provato di tutto”. L'attitudine a cercare cose nuove ma sempre mantenendo uno stretto legame con la città, del resto, è una delle costanti di Virga & friends, “vogliamo calarci nella logica della Vucciria e, in questo distretto, fare uno street food di ricerca, che richiami il cosmopolitismo di Palermo, che è un bacino di culture. E noi vogliamo sottolineare proprio questo”.
Buatta, Fabio Cardilio e la materia prima
Buatta è il punto fermo, la trattoria siciliana: un carosello di piatti di casa firmati dallo chef romano di nascita ma palermitano di adozione, “mio fratello Fabio Cardilio” lo chiama Virga. A questa insegna è dato il compito non semplice di continuare dritti sulla strada indicata: fare sempre di più e meglio, prova ne sia quel benvenuto che unisce un assaggio di sfincione palermitano a un marsala vecchio di 20 anni (mica male per una trattoria!) “come si faceva un tempo”, o nella pasta ammiscata con tenerumi (buonissima), e mettere in fila una selezione prodotti che da soli valgono la visita: “che un ristorante abbia una materia prima buonissima, lo do per scontato, quella è la norma” fa Virga, e quanto sarebbe bello pensare che sia davvero così per tutti. “Di quello non si deve neanche parlare, non avrebbe senso non averla” aggiunge.
Lui vuole parlare di altro: di un servizio che non ha scalfiture, qualsiasi sia la declinazione del locale. Preciso, attento, puntuale: “dico che oggi, dopo la pandemia, bisogna fare di più”. Ecco allora che mentre è al tavolo, con nonchalance impartisce piccole lezioni, aggiusta una cosa, ne cambia l'altra. Perché tutto funzioni. E perché le persone - “quelle sì sono speciali” - possano dare il meglio. E su quello vuole puntare, a partire dalla comunicazione che guarderà ai visi - “l'elemento fondamentale sulla nostra azienda” - più che ai piatti.
Stazione Vucciria a Pollina
Nella famiglia Good Company, però, le novità non finiscono qui, perché in caldo c'è più di una sorpresa. Per incontrare la prima bisogna aspettare qualche mese e raggiungere Pollina, “vogliamo portare il distretto della Vucciria nella conca finale tra Cefalù e Capo d'Orlando”, in un ex deposito delle Ferrovie dello Stato a un passo dal mare. Si chiamerà Stazione Vucciria, a stringere legami con via Cassari e con la destinazione originale di questo spazio. Affitto a lungo termine – 18 anni – e apertura stagionale, da marzo a ottobre. Sarebbe stato pronto anche quest'estate se non fosse per un'autorizzazione che ancora manca per concludere i lavori di recupero, quelli relativi al tetto; aprirà - probabilmente – a metà marzo del 2022. La cucina? “Fine dining, ma con un taglio prettamente estivo: la griglia, per esempio, avrà un grande ruolo e ci sarà spazio anche per i cocktail”, così pure il richiamo a certa cucina di alto rango dall'afflato internazionale, quella che guarda a posti come il Tickets o Enigma, per capirci. “Doveva venire Diego Recarte, ma poi è stato dirottato da Aja Mola. Adesso cerchiamo un altro chef con questa visione e di questo livello, giovane, talentuoso. Stiamo facendo scouting”. Come sempre materia prima sicula e vini di carattere, “non ci piacciono le puzze” fa “ma i vini puliti, genuini, buoni”. Gli stessi che hanno animato due edizioni di Not, la “rassegna di vini franchi” per ora sospesa: “ma c'è in progetto di riprenderla quando saremo sicuri che questa pandemia è passata”.
Nel frattempo si ragiona anche su altro: un boutique hotel - idea di Stefania Milano - con ristorante fine dining sulla falsariga di quello di Gagini a Villa De Gregorio, accanto a Villa Igiea, e una bakery contemporanea per dare il giusto valore a quel pane che fa da filo conduttore tra le varie insegne marcate Good Company. “Abbiamo cercato di vedere oltre quel che si vede” spiega Virga, e intanto continua a cercare “persone che facciano la differenza”: ora sono 62, se tutto andrà secondo i piani, a breve saranno una novantina.
- Gagini Social Restaurant – Palermo – via dei Cassari, 35 – 091 589918 - www.gaginirestaurant.com
- Buatta – Palermo – Corso Vittorio Emanuele, 176 – www.buattapalermo.it
- Bocum – via dei Cassari, 6 – 091 332009 - www.bocum.it
- Aja Mola – Palermo – via dei Cassari, 39 – 091 729 6599 - https://ajamolapalermo.it/index.html
- Libertà - vini naturali e cucina – Palermo - Via della Libertà, 93 e - 091 910 2341
a cura di Antonella De Santis