Appunti di degustazione. Vignaioli Naturali 2016. A Roma il vino secondo natura

19 Feb 2016, 15:30 | a cura di

Quali sono stati i nostri migliori assaggi da Vignaioli Naturali di Roma? Ecco la nostra scelta

La prima di Vini Naturali a Roma è del 2009, nel frattempo ha cambiato nome ma non formula. La qualità media dei vini proposti è cresciuta solida e costante nel tempo. A questo gruppo di vignaioli, al di là della definizione di più o meno felice, va riconosciuto il merito di aver saputo portare con grande determinazione l’attenzione su questioni essenziali, ponendo dubbi, stimolando confronti: sostenibilità, visioni a lungo termine, nuovi riferimenti di gusto. Al netto di mode ed eccessi, questi stimoli hanno finito per condizionare molte aziende più strutturate spingendole a rivedere modelli e convenzioni. Ecco le impressioni dell’ultima edizione.

 

L’emergente

Che bella sorpresa i vini di Edoardo Sderci, 29 anni e idee chiare. Si è ritagliato un suo progetto autonomo per sperimentare all’interno dell’azienda toscana Il Palazzino, di proprietà del padre Alessandro e dello zio Andrea, in quel di Gaiole in Chianti. La linea dei vini porta il suo nome: sangiovese ricchi di chiaroscuri, insieme cupi e solari. La Casina Girasole 2013 è un rosso da merenda, diretto, fresco, ha un bel frutto pimpante e non manca certo di struttura: il sorso è sostenuto, con l’acidità a puntellare e un finale secco e gradevolmente amaricante. Molto buono e costa solo 4.4 euro franco cantina! Il tappo a vite ne esalta pieno la fragranza aromatica. Poi, la prima uscita di una selezione, Monti 2013, stile essenziale. Parte timido, va cercato nel bicchiere, e lui ripaga con una ventata di sensazioni di macchia mediterranea, rosmarino, un frutto puro e una bocca rigorosa, austera, che cresce con delicati sbuffi balsamici. Ampi margini di miglioramento in bottiglia e anche qui prezzo invitante: poco sopra i 10 euro franco cantina. Sentono molto gli umori dell’annata piovosa La Casina Girasole e il Rosato 2014.

 

Sicurezze laziali

Dove c’è pomodoro, pecorino e guanciale, lì troverete il Silene. Il naturale prolungamento dell’amatriciana è il Cesanese di Olevano Romano di Damiano Ciolli. Negli ultimi anni ha affinato il profilo aromatico, ha guadagnato slancio e incisività; il Silene 2014 ha una smaliziata e sottile vena aromatica, profumi nitidi di rosa e anice; la bocca è succosa, efficace e avvolgente, con un profilo intrigante di erbe balsamiche; il finale è già ben risolto, lieve, dal sapore prolungato e soffuso. Gran bel vino. L’altro suo Cesanese, il Cirsium 2012, prova a ribaltare le nostre preferenze grazie a un’energia e una struttura solidissima, è un vino più denso e materico. Ci giochiamo un gettone facile: è una delle migliori annate prodotte e invecchierà con grazia. Ciò detto, continuiamo a preferirgli il Silene. Sul versante Cesanese del Piglio, sempre molto valida la batteria di Piero Maciocca e Rosa Alessandri, i vini della cantina La Visciola valgono ogni centesimo speso.

 

La strana coppia

Daniele Saccoletto non è tipo da investire ingenti capitali per la grafica delle etichette. E si vede. È un vignaiolo autentico e i suoi vini parlano chiaro, per lui naturale vuol dire semplicemente lavorare come ha sempre fatto. Sfizioso il Cornalasca 2013, un Grignolino dai fragranti toni di mandorla e un sorso dalla presa tannica tenace che sfuma su un bel timbro pepato. E poi il Fiordaliso 2013, una Freisa golosissima: bellissima scia floreale, note di viola e visciola. È denso di frutto ma guizzante, ne scaturisce un ritmo gustativo incalzante. Un vino che mette fame. Dal Monferrato a Staffolo, in provincia di Ancona. Cangianti e luminosi i profumi del Verdicchio Classico Superiore 2014 La Staffa, l’azienda di Riccardo Baldi. Aromaticamente fine, solare e sfaccettato, con aromi di tè verde, salvia, fresche note agrumate e una bocca molto saporita e spontanea. Aromi ben messi a fuoco, il finale è rinfrescante e mentolato, anche a bicchiere vuoto. 10 euro in enoteca, altro best buy. Ci convince decisamente di più rispetto al fratello maggiore, il Rincrocca 2013, imbrigliato nell’espressione da note di frutta secca marcanti.

 

Rosati pensati e rosati sbagliati

Ottima la materia del Rosato Martina 2015 Togni Rebaioli, da uve erbanno, varietà autoctona che prende il nome dalla frazione dove ha sede la cantina di Enrico Togni, viticoltore di montagna, in Val Camonica. Colore cerasuolo intenso, da salmone selvaggio, i profumi sono autunnali, di sottobosco; al sorso è ricco di succo, con una bella ciliegia fresca, melograno, e un’acidità più che scalpitante ma ben integrata. Finale su sensazioni di tè nero. Modalità di servizio: 15 minuti di frigo e triglie fritte. Sulla stessa base Enrico ha in programma una rifermentazione naturale in bottiglia, mentre la barbera sarà il punto di partenza per il metodo classico. A oggi, produce 8 vini e 8mila bottiglie totali, poche ma da seguire con attenzione. Accorgimenti: non proprio indimenticabile il Merlot 2011, surmaturo e a corto d’energie.

Ci teniamo alti di quota ma scendiamo in Sicilia. Rivedibile, la scritta apposta sull’etichetta del Rosso Relativo 2011 Valcerasa grida vendetta: la commissione d’assaggio per la doc Etna ha scartato uno dei vini più affascinanti prodotti sul vulcano. Profumi eterei, sfumati, raffinatissimi, che si aprono lenti e incessanti: fiori secchi, una mineralità scura incessante, per un vino sottile, graffiante e lunghissimo. Non sono vini che dureranno in eterno, ma forse è proprio su questo terreno che l’Etna riesce a esprimersi totalmente, con rosati (vedi Susucaru di Cornelissen e Rosato delle Terre Nere) o rossi mancati come questo, magari fragili, ma irripetibili, che riescono a esprimere personalità forti e parabole gustative dirette e di pura emozione.

 

Emergente 2

Federico e Silvia Stefini hanno dato un’impronta ben definita alla loro giovane cantina franciacortina, la 1701. L’approccio è biodinamico, le cuvée mai dosate, per uno stile di ottima pulizia aromatica, bevibilità e freschezza. Sono Franciacorta che piaceranno tanto a chi è un fedele del Nature di Enrico Gatti, per intenderci. 10 ettari di vigne (8 di chardonnay e 2 di pinot nero) e una produzione di 50.000 bottiglie. C’è piaciuto il Satèn, ricco di note agrumate, su un fondo delicatamente tostato e speziate, pepe e caffè: l’effervescenza è fine e molto ben integrata e un finale che sfuma bene su note fresche di anice e mandorla. Immediato e molto godibile anche il Franciacorta Brut, snello e tutt’altro che banale il Rosé. Una bella conferma: tutti e 3 sui 20/25 euro in enoteca.

 

Note sparse

- strepitoso il Trebbiano 2013 di Pepe: arioso e possente, praticamente infinito nei suoi rimandi fragranti e tostati: fieno, tè verde, erbe balsamiche. Tantissimo sapore e altrettanta tensione. N.B. Aumentare livello di scorte

- sottotono le bolle di Casa Caterina

- andati persi gli appunti dell’ottimo Costa della Sesia Nebbiolo 2013 di Odilio Antoniotti

- se dovessimo vendere un frigo, non ci penseremmo due volte a dotare ciascun apparecchio di laute scorte del rosato Sant’Isidoro di Maria Pia Castelli.

 

a cura di Lorenzo Ruggeri

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