Cannonau alias Grenache, 7 etichette con il migliore rapporto qualità-prezzo premiate dal Gambero Rosso

9 Gen 2024, 18:31 | a cura di
Cannonau, grenache, garnacha, guarnaccia... Tante facce e tanti nomi per un vitigno rustico che ha conquistato il mondo, dalla Sardegna alla Catalogna, dal Roussillon alla Corsica fino all'Australia. Ecco alcune ottime etichette recensite sulla guida Berebene del Gambero Rosso

Forse più di tutti gli altri è davvero il vitigno che unisce le sponde del Mediterraneo. Stiamo parlando del cannonau. Ma come? Ma non è sardo? Sì e no. O meglio, non solo. Certo è che nella variante genetica sarda, il cannonau è diffuso esclusivamente in Sardegna, ma si tratta di un'uva appartenente a un ceppo genetico diffuso sulle coste della Spagna, su quelle della Francia Meridionale, in Liguria, in Toscana, ma anche in Umbria, in Veneto e addirittura nelle Marche.

E in ognuno di questi territori prende un nome diverso: ma l'uva è sempre, più o meno, la stessa. Garnacha nella penisola iberica, grenache in Francia, guarnaccia in Liguria, alicante in Toscana, gamay del Trasimeno in Umbria, tai rosso in Veneto e bordò nelle Marche (anche se qui non è più possibile chiamarlo ancora in questo modo). Tante facce di un vitigno che crediamo possa essere, almeno in certi territori, la risposta all'aumento delle temperature causato dal cambiamento climatico. Sì perché i vigneti riescono ad acclimatarsi perfettamente in zone calde, e se opportunamente lavorate, le uve riescono a dar vita a vini fragranti nei toni di frutta nera croccante e spezie, dotati di calore mediterraneo, polposi e, se sapientemente invecchiati, anche profondi.

Di seguito vi offriamo una piccola panoramica estrapolata dalle etichette recensite sulla guida Berebene 2024 di Gambero Rosso: sono vini che hanno ottenuto una valutazione di almeno 90 punti e che è possibile reperire in enoteca o on line a meno di 20 euro.

Il cannonau di Sardegna

Con una superficie vitata di più di 7.500 ettari (oltre il 30% del vigneto Sardegna) il cannonau è senza dubbio il vitigno più diffuso nell’Isola. Dal 1972 si fregia della Doc regionale che consente la produzione in tutta l'isola. Tre le sottozone, Oliena, Capo Ferrato e Jerzu. L’ultima modifica del disciplinare (2011) ha consentito inoltre la tipologia “Classico” per le produzioni delle subregioni Barbagia e Ogliastra. Le tipologie previste sono Rosso, Rosato, Riserva, Passito e Liquoroso. Negli ultimi anni si è lavorato molto per aumentare la qualità dei vini alla ricerca di finezza ed eleganza, di tannini morbidi, buona sapidità e acidità, potenziale longevità. Molto si è fatto inoltre sulle estrazioni, sempre più misurate, e sull’uso dei legni in cui si privilegia sempre più la botte grande. Così emergono bene i vari territori, alcuni dei quali altamente vocati e che avrebbero bisogno di denominazioni autonome per esaltare al meglio le peculiarità di terreno e microclima.

Il gamay del Trasimeno

Il gamay del Trasimeno, o perugino, è un vitigno tradizionale delle colline prospicienti il lago omonimo, a cavallo tra Umbria e Toscana. Come ormai appurato, si tratta di una grenache. L’arrivo della grenache sui colli del Trasimeno si deve alla dominazione spagnola seguita alla pace di Chateau-Chambrésis del 1559. Arrivata presumibilmente nel 1600, è stata sempre coltivata dai vignaioli della zona che ne apprezzano carattere e potenzialità. Negli anni la grenache assume il nome di “vigna francese” e poi quello di “gamay”, per via della particolare tecnica con la quale veniva allevata (alberello). Le estati asciutte e ventilate, i terreni argillosi e le basse rese per ettaro sono fondamentali per ottenere un vino rosso generoso ma elegante, morbido e vellutato. Nel corso degli anni è stata operata una selezione sul vitigno, attraverso reinnesti e rinnovamenti, che ha consentito il perfetto adattamento delle uve alle condizioni climatiche tipiche del Lago Trasimeno. I vini che si ottengono in purezza da questa varietà sono ancora relativamente pochi, tuttavia è in atto un percorso di riscoperta e valorizzazione che sta coinvolgente diverse cantine.

Tai rosso veneto

Pur senza vantare certezze sull’origine della coltivazione del tai rosso sul territorio Berico, è il vitigno che più di ogni altro rappresenta la viticoltura di quest’area collinare che si estende a sud del capoluogo. Probabilmente il vitigno è un dono dei vescovi di Vicenza che intrattenevano importanti e continue relazioni con la sede Avignonese della chiesa e che avrebbero piantato tralci di vite provenienti dal Vaucluse proprio sui colli a sud di Vicenza. È diffusa la sua coltivazione un po’ in tutta l’area anche se la zona centro orientale del complesso collinare ne rappresenta il fulcro, dando origine anche alla denominazione specifica di Barbarano, generalmente affinata solo in acciaio. I Colli Berici, di antica origine marina, sono caratterizzati da suoli carbonatici e da un clima eccezionalmente caldo, con scarse precipitazioni ed un carattere mediterraneo e solare. Qui le uve, contenendone la produzione, giungono a maturazione sane e ricche di zuccheri, permettendo la produzione di un rosso che affina in rovere per un paio di anni e invecchia con precisione ed eleganza.

Il bordò marchigiano

Nel sud delle Marche qualche filare di bordò non mancava mai nel guazzabuglio di varietà presenti in vigna. Se montepulciano e sangiovese rappresentavano l'ossatura produttiva, quel vitigno misconosciuto dal piccolo grappolo dava quel "qualcosa in più" se impiegato nell'uvaggio. L'ossessione per l'aspetto quantitativo unita alle successive politiche di espianto finirono portarlo alle soglie dell'oblio. Il salvataggio si deve all'intuizione di Marco Casolanetti di Oasi degli Angeli: scoperta una vigna secolare, si è adoprato per diffonderlo di nuovo tra i piccoli vignaioli di buona volontà. Da lui partono le prime microvinificazioni e la selezione massale. Altri produttori, come Peppe Infriccioli di Pantaleone, hanno invece avuto accesso a un diverso materiale genetico. Ciò non ha comunque impedito di creare una rete per lo scambio di informazioni e la creazione di un progetto comune volto a dare un'identità precisa a questo clone di grenache, giunto chissà come sulle sponde dell'Adriatico.

a cura di William Pregentelli e Giuseppe Carrus

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