Fino a 2 milioni di euro per un ettaro a Barolo, 900mila a Montalcino, e 90mila per l’Etna. Caro vigneti, tra inflazione e disparità nord-sud

23 Set 2023, 11:58 | a cura di
I dati Crea sul 2022 rilevano oltre 150mila contratti, un livello superiore all'ultimo decennio. Tuttavia, restano le difficoltà per l'accesso al credito delle imprese e un forte divario Nord-Sud.

Dai 2 milioni di euro per un ettaro di vigneto a Barolo ai 900mila euro di Montalcino, dai 600mila euro di Valdobbiadene ai 700mila di Bolgheri. Sono alcune delle aree più costose per chi ha deciso di fare affari nel 2022 nel settore vitivinicolo, punta di diamante dell'agroalimentare nazionale. Il comparto si dimostra ancora una volta appetibile e particolarmente vivace tra le varie voci dell'economia agricola. In tutto il settore primario nazionale, l'esame delle compravendite dei terreni evidenzia come il 2022 abbia registrato segnali per la maggior parte positivi. È stato un anno in cui il mercato ha proseguito la sua crescita, ma lo ha fatto meno velocemente rispetto un 2021 nel quale si era registrato un rimbalzo del 30%, dopo il blocco delle compravendite del 2020 pandemico (-12%), in cui soprattutto il vitivinicolo (con l'agrituristico e il florovivaistico) erano stati tra i più colpiti.

 

Pesante effetto inflazione sul valore della terra

Con oltre 150mila contratti firmati in un anno, l'incremento del 2022 è dell'1,7%. Si tratta di un livello molto al di sopra di quanto registrato negli ultimi dieci anni e quasi in linea con i valori del decennio 2000/10, che viaggiava intorno ai 200mila contratti. Gli esperti del Crea-Pb (Politiche e bioeconomia), assieme al Consiglio dell'ordine dei dottori agronomi e forestali, hanno tracciato un quadro che, come si diceva, presenta molte luci ma anche alcune ombre, dal momento che un'inflazione a livelli alti ha determinato un taglio dei valori reali del patrimonio fondiario. Andrea Povellato, analista e ricercatore del Crea, parla chiaramente di “pesante effetto erosivo dell'inflazione sui valori fondiari”. Se, infatti, si registra un positivo aumento dei prezzi nominali (+1,5%) come non si vedeva da oltre 15 anni, l'aumento generalizzato dei prezzi al consumo (+8,1%) ha sostanzialmente “ridotto il valore reale del patrimonio fondiario che è precipitato a meno dell'80% del livello rilevato intorno al 2000”.

Si allarga la disparità Nord-Sud

Il generale dinamismo del mercato italiano è testimoniato, in particolare, dai dati dell'Osservatorio del mercato immobiliare (Omi), secondo cui l'incremento delle superfici scambiate in tutto lo Stivale rispetto al 2021 è del 7,5%. Di questa vivacità hanno beneficiato i valori dei terreni. Ma se si scende nei dettagli, la media nazionale è il risultato di notevoli differenze a seconda delle zone: nelle regioni settentrionali e centrali, l'aumento è più consistente, mentre il Mezzogiorno ha incrementi più contenuti. Infatti, il valore cresce più nel Nord-Ovest (+3,2%) e nel Nord-Est (1,2%), mentre nel Centro-Sud l'aumento è intorno a +0,5/+0,8%. Per la prima volta da diversi anni, fa notare il Crea, nessuna regione presenta un arretramento del livello dei prezzi, tuttavia, la disparità tra regioni del Nord e del Centro-Sud “allarga la forbice dei prezzi già piuttosto rilevante”. Nei numeri: rispetto a un prezzo medio nazionale di 22.600 euro per ettaro, al Nord le quotazioni sfiorano i 35mila euro/ettaro nel Nord Ovest e 47mila euro/ettaro nel Nord Est. Nelle altre aree agricole del Centro-Sud, non si supera la soglia media dei 15mila euro per ettaro.

 

L'articolo integrale è stato pubblicato sul Settimanale Tre Bicchieri del 7 settembre 2023

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