A Torino un rider ha vinto la battaglia legale contro Glovo e verrà assunto a tempo indeterminato. L’uomo, 56enne, fa il fattorino da quattro anni e sarà il primo rider di Glovo a lavorare con un contratto di assunzione. C’è solo un precedente, a Palermo: Marco Tuttolomondo che nel 2020 ha ottenuto una sentenza analoga. Ma, come ha spiegato a La Stampa il segretario di Nidil Cgil Torino, Danilo Bonucci, «l’azienda gli ha dato i soldi ma poi non lo ha fatto lavorare, quindi dopo un po’ di tempo ha cambiato mansione».
La sentenza
Il rider, insieme a Nidil Cgil, organizzazione sindacale che si occupa di lavoratori atipici, e supportato dallo studio legale Poli ingegneri, si era rivolto al tribunale di Torino. Con la sentenza del 20 luglio il giudice del lavoro ha accertato l’esistenza di “un rapporto subordinato a tempo indeterminato ed a tempo pieno”. La Foodinho-Glovo è stata, dunque, costretta ad assumere il rider che ha fatto ricorso e ad applicare il contratto collettivo nazionale del commercio. Il rider, entrato in servizio da pochi giorni, lavorerà 40 ore settimanali con ferie, malattia, permessi, Tfr e mensilità aggiuntive. E, risultato ancor più importante, sono stati cancellati sia l’obbligo di prenotazione ore che l’applicazione del parametro dell’efficienza che, secondo la Nidil Cgil, rappresentano «due strumenti di controllo della prestazione, applicati dai colossi del food delivery e da sempre criticati dal sindacato».
Il meccanismo di ranking
I fattorini in media vengono pagati 7.5 euro netti all’ora per una disponibilità di sette giorni su sette. Sono, inoltre, suddivisi in livelli di rendimento o ranking, calcolati da un algoritmo, in base alla velocità e al numero di ordini completati e rifiutati. A seconda del punteggio ottenuto, si può accedere alle fasce orarie migliori. A parità di tariffa oraria, dunque, chi ha un ranking alto ha la priorità e può scegliere gli slot più appetibili. Il rider può rifiutare un ordine, ma questo influirà sul suo ranking, ecco perché Bonucci parla di una «falsa libertà: queste sono subordinazioni a tutti gli effetti. Auspico che questa sentenza possa consentire un importante passo in avanti nell’affermare i diritti di molti lavoratori impiegati nelle piattaforme che quotidianamente lavorano in condizioni difficili, precarie e con un salario inaccettabile».