Galateo a tavola e non solo. Le buone maniere spiegate dall’esperta Elisa Motterle

3 Giu 2021, 15:58 | a cura di
Dopo lo studio all’International Etiquette and Protocol Academy di Londra, oggi Elisa Motterle è la voce più influente in Italia in fatto di bon ton. Che torna utile oggi più che mai, a cominciare dalla tavola.

Chi è Elisa Motterle, l’esperta di galateo

Etiquette, bon ton, galateo. Più semplicemente, buone maniere, di quelle in grado di “salvare il mondo”, o almeno di restituirgli un pizzico di educazione. Le parole sono importanti ma mai come in questo caso, paradossalmente, conta più il contenuto della forma: lontano dagli snobismi, Elisa Motterle continua a farsi portavoce della buona educazione, conoscitrice esperta del galateo capace di applicarlo e adattarlo ai tempi moderni. Svecchiarlo, come scrive nella sua biografia Instagram, dove conta oltre 25mila followers. Oltre al canale social c’è il sito web, il lavoro di consulente e quello di insegnante, con corsi e workshop di ogni genere, molti dei quali dedicati proprio alla tavola “del resto, è lì che nascono le prime regole del galateo”. Prima, però, anche lei è stata una studentessa, all’International Etiquette and Protocol Academy di Londra, un percorso intrapreso dopo anni nel settore del lusso, da Yoox a Kering, passando per Armani, “mi occupavo della parte commerciale e digital. Col tempo ho iniziato poi a curare progetti legati all’esperienza del cliente”.

Scopri le regole del galateo a tavola

Il percorso formativo

È proprio durante questi lavori che si rende conto dell’importanza del lato umano ed empatico nella comunicazione. Che per Elisa è proprio il cuore del galateo, “un modo di porsi che guarda agli altri, prima che a noi stessi”. Appassionata di buone maniere fin da bambina, Elisa aveva già seguito dei corsi con l’Associazione Nazionale Cerimonialisti Enti Pubblici e decide allora di specializzarsi a Londra, dove apprende l’arte del bon ton inteso come “uno strumento di rafforzamento personale”, utile nelle relazioni con gli altri: “Se conosci le regole sai se, come e quando applicarle in base al contesto”. Oggi Elisa lavora con diverse aziende e continua a studiare, “l’anno scorso ho seguito il corso di maggiordomo”, oltre a essere molto presente su Instagram, dove risponde costantemente alle domande dei followers. È tramite i social che riesce a far comprendere la sua filosofia, che rifiuta qualsiasi atteggiamento divisivo, “il galateo, al contrario, serve a mettere tutti a proprio agio”.

Buone maniere a tavola: la convivialità

Una volta chiarito il concetto di buone maniere, veniamo alla tavola. Le “regole” da seguire sono moltissime, i contesti da valutare i più svariati. Ciò che però non bisognerebbe mai dimenticare è un principio tanto semplice quanto spesso trascurato: la convivialità. “Oggi spesso non si riesce neanche a pranzare insieme ai colleghi ma, nel caso in cui questo avvenisse, è bene tenere a mente alcune accortezze”. Come aspettare che tutti siano seduti, cominciare a mangiare insieme e mantenere il ritmo degli altri, “se si sceglie di condividere un pasto, è bene dare segno di volerlo fare”. Idem in famiglia, specialmente quando ci sono i bambini, “che spesso ci fanno impazzire, lo so, ma dovremmo sempre cercare di tenere viva la conversazione”.

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Le regole a tavola e la nascita della forchetta

Veniamo poi alle regole “base”, quelle classiche che quasi tutti conosciamo. C’è un motivo se ancora oggi le sappiamo a memoria, e spesso non ha niente a che fare con la buona educazione. Anzi, molte di queste abitudini nascono per necessità, per puro buon senso prima ancora che galanteria. Non appoggiare i gomiti sul tavolo, per esempio, regola nata in epoca medioevale quando i tavoli non erano fissi ma montati con dei cavalletti: “Gli invitati sedevano tutti sullo stesso lato per poter godere insieme del banchetto. Se si fossero appoggiati, avrebbero sbilanciato il tavolo”. Altro aspetto da ricordare quando si mangia: non gesticolare e non puntare le posate contro gli altri commensali. Ma analizziamo la differenza fra le varie posate: il coltello era quella dei ricchi, di chi poteva permettersi la carne, e in epoca rinascimentali si portava alla cintura. La forchetta, invece, inizia a prendere piede solo in quegli anni: esisteva già prima, portata in Europa attorno all’anno Mille grazie a una principessa bizantina in sposa al doge di Venezia, ma fu presto bandita perché ricordava il forcone del diavolo. Nel Cinquecento, col diffondersi della pastasciutta, ritorna sulla tavola, per rimanerci insieme al coltello e al cucchiaio, “la posata dei poveri, che potevano permettersi solo le minestre”.

La nascita del galateo a tavola

È dal Settecento che le regole della tavola cominciano a prendere forma, soprattutto nelle corti francesi e in particolare con il Re Sole, che le ufficializzò al punto da renderle una potente arma di propaganda. Già prima, però, in Italia i banchetti erano delle vere messe in scena, sontuose cene allestite per dimostrare la potenza del signore, “Leonardo Da Vicini venne chiamato dagli Sforza proprio in qualità di scenografo per i banchetti”. E a proposito di Da Vinci… in occasione della visita a Milano, il genio del Rinascimento italiano mise a punto un’invenzione ancora oggi fondamentale: il tovagliolo. Elemento divenuto poi d'uso quotidiano, il primo che un ospite prende in mano durante un pasto. Tradizionalmente, la padrona di casa è l’ultima a sedersi, l’ultima a essere servita ma la prima a prendere il tovagliolo: “È questo il segnale che dà il via al pasto. Lo sappiamo, vero, che non si dice buon appetito?”.

Il galateo è sessista?

Sempre alle donne è riservato un capitolo molto ampio nel galateo. Tecnicamente, quando una signora si alza da tavola anche gli altri possono accennare lo stesso gesto, “stiamo parlando però di regole desuete, non più applicabili”. Così come quella del vino: “il bacio in bocca nasce grazie ai romani che dovevano controllare se la moglie avesse bevuto”. Superfluo ma forse necessario specificare che l’etiquette non è legge e nessuno si aspetta che una donna si adegui a regole così antiquate, “adoro il buon vino: sarei la prima a essere bandita da qualsiasi evento!”. Per chiarire, se ancora ce ne fosse bisogno: sì, il galateo ha una forma di sessismo interiorizzato, a tratti benevolo ma comunque presente. Femminismo e bon ton non possono, quindi, andare di pari passo? Come sempre, occorre tenere una buona dose di flessibilità: è chiaro che si parla di regole stabilite in un tempo in cui la parità dei sessi era ancora un’idea lontana. Per questo è bene seguire i consigli di persone come Elisa, in grado di interpretare e ri-adattare il galateo.

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Come apparecchiare la tavola

Veniamo, quindi, all’apparecchiatura della tavola, “sempre più soggetta a mode e tendenze grazie ai social network”. Non esiste uno stile univoco, quello dei ristoranti solitamente riprende il modello all’inglese: cucchiaio e coltello sulla destra, forchetta sulla sinistra, bicchiere in alto a destra, piatto al centro e sopra forchette per il dessert, mentre in alto a sinistra il piattino del pane. I ristoratori, però, non sanno ciò che ordineremo: a casa è sempre meglio tenere solo il necessario. Poi, “chiunque abbia visto Titanic o Pretty Woman lo sa: si parte dall’esterno!”.

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Chi paga al ristorante?

Una delle questioni più annose di sempre, al centro di dibattiti fra coppie, amiche, colleghi: chi paga il conto al ristorante? Semplicemente, chi invita. “Quello della cavalleria è un tema delicato, che cambia a seconda della cultura. In alcuni Paesi i camerieri chiedono se si preferisca il conto unico o separato, mentre in Italia spesso viene ancora portato in automatico all’uomo”. Naturalmente, il problema si pone per ogni tipo di coppia e non solo amorosa, anche lavorativa. Per chiarire qualsiasi dubbio, basta ricordare che “chi invita, paga”. Ed è bene tenere a mente che, a prescindere dalla cena, si può contraccambiare dopo, “offrendo la corsa in taxi, i biglietti del cinema o un drink”.

Ci serve davvero il galateo?

Etiquette antica, etiquette moderna. Le buone maniere si evolvono insieme a noi e continuano a tornarci utili: “Non esisteva un galateo dello smart working, di Zoom o Clubhouse prima della pandemia. Eppure, ora anche in questi contesti ci sono delle norme da rispettare”. Ma quindi il galateo è ancora utile? Forse oggi ancora più di ieri, ora che l’informalità ha preso piede in qualsiasi ambito, anche le cerimonie: “Alle volte mi arrivano dei messaggi di persone invitate a un matrimonio via Whatsapp. Oppure altre a cui vengono posti inviti poco chiari, del tipo ‘se puoi, passa per il compleanno’”. Le intenzioni, il più delle volte, sono buone: non si vuole vincolare l’invitato e non lo si vuole mettere a disagio con eventuali regali. Questa de-formalizzazione, però, rischia di confondere chi riceve l’invito “e non far sentire le persone poi così importanti”.

Più attenzioni agli altri, alle loro esigenze e i loro sentimenti. “Meno individualismo, più collettività, come nelle società orientali”. Con un rispolvero delle buone maniere, applicate con intelligenza. Usando il galateo come strumento a nostro favore, inteso come un’“ecologia delle relazioni: così come ci siamo resi conto che non possiamo continuare a produrre rifiuti, dovremmo prima o poi fare i conti con il fatto che dobbiamo smetterla di pensare solo a noi”.

elisamotterle.com/

a cura di Michela Becchi

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