I grandi del cioccolato italiano. Bonajuto di Modica

18 Ott 2015, 10:01 | a cura di

Ci spostiamo in Sicilia per andare alla scoperta di un cioccolato molto particolare: quello di Modica. L'Antica Dolceria Bonajuto, dal 1880, è la realtà che più di tutti ha contribuito a sviluppare questo prodotto. La sesta generazione mantiene in vita la tradizione adattandola al panorama moderno. 

È impossibile raccontare la storia dell'Antica Dolceria Bonajuto tralasciando quella della Sicilia. Mai come in questo caso vale il legame territorio-prodotto, un rapporto secolare che è rimasto immutato nel tempo. Quello di Modica è un cioccolato friabile, dalla consistenza granulosa, che rappresenta la tradizione di un paese perché frutto dell'influenza degli spagnoli, che a loro volta avevano appreso la lavorazione del cioccolato dagli aztechi. Ancora oggi in Spagna esiste un cugino del nostro cioccolato modicano, “el chocolade a la piedra”. Ma torniamo in Sicilia. Fra le architetture barocche del comune di Modica, Patrimonio dell'Umanità dell'UNESCO dal 2002, la bottega della famiglia Bonajuto rappresenta dal 1880 un punto di riferimento per la tradizione dolciaria siciliana. Una terra ricca, con un'offerta gastronomica altrettanto preziosa, che da 135 anni viene così espressa dai Bonajuto.

L'azienda e il cioccolato di Modica

Aperta più di un secolo fa da Francesco Bonajuto, e oggi in mano a Pierpaolo Ruta, sesta generazione di cioccolatai, l'Antica Dolceria Bonajuto è la più antica della regione e conserva inalterata la tradizionale lavorazione del cioccolato, così come era stata iniziata dagli antenati. Il contributo della bottega nella pasticceria locale, a detta di Pier Paolo, è stato determinante: “prima esisteva il cioccolato a Modica, ora abbiamo creato il cioccolato di Modica”. Stesse ricette ma una produzione annuale sempre maggiore, dai 300 kg l'anno dei primi anni '70 si è arrivati oggi ad un totale di circa 20 tonnellate annuali.

Ma prima di parlare di questa bottega è necessario fare un po' di chiarezza sulla sua specialità. Il cioccolato di Modica deriva dal Xocoàlt: il prodotto che gli Aztechi ricavavano dai semi del cacao lavorati su una pietra ricurva detta metate, da cui ottenevano la pasta di cacao, poi mescolata con spezie ancora lavorata sulla pietra. Gli spagnoli, affascinati da questo prodotto in grado di dare al contempo energia e piacere, seguirono attentamente il processo di lavorazione che in seguito esportarono nell'allora Contea di Modica. La metodologia utilizzata ancora oggi dalla Dolceria è rimasta pressoché invariata nel tempo: la massa di cacao non privata del burro di cacao viene riscaldata e unita a spezie e zucchero, e amalgamata con una raffinatrice. “Naturalmente possiamo giocare e fare diversi esperimenti. Per esempio proviamo varie tipologie di zucchero per ottenere aromi diversi, ma gli ingredienti restano sostanzialmente invariati” spiega Pier Paolo.

La maggior parte del cacao viene dall'Africa “nonostante si dica spesso che il cacao africano sia il peggiore al mondo”. Un'affermazione errata, o meglio, imprecisa, “perché il cacao è un mondo vasto e ancora molto sconosciuto. Si devono scovare le varietà più preziose, che si possono trovare in ogni territorio. Ciò che serve è una ricerca attenta e scrupolosa”. Nessun territorio, dunque, va “disdegnato a priori”,  motivo per cui la selezione di Pierpaolo è così vasta, dal Criollo peruviano all'africano.

Il cioccolato secondo Bonajuto

Un'emozione, realmente una grande emozione”: ecco cosa rappresenta il cioccolato per Pierpaolo e il suo team. “Spesso veniamo erroneamente definiti mastri cioccolatieri ma la storia della Dolceria è quella del rispetto di un prodotto antico. Siamo portatori di una tradizione”. Un continuo sguardo al passato è ciò che permette alla bottega di evolversi anno dopo anno. Fra i diversi esperimenti di sapori, per esempio, lo scorso anno è stata riproposta una ricetta del 1600 del cioccolato profumato al gelsomino: “provare questo sapore arcaico ci ha mozzato il fiato, e ha emozionato anche i clienti che lo hanno provato. Per fare 10 kg di massa di cacao sono necessari 24mila fiori di gelsomino. Sì, mi rendo conto che è un progetto folle, ma l'impatto emotivo lo è stato altrettanto” racconta Pierpaolo.

Come è cambiato il pubblico?

Un prodotto in grado di essere apprezzato anche dal pubblico, il cui gusto sta “fortunatamente cambiando”. Il panorama dei consumatori di cioccolato di un tempo era ben diverso: “quando ero bambino c'erano due tipologie di consumatori, gli amanti del fondente e quelli del latte”. Oggi invece la richiesta di informazioni è in continua crescita così come la voglia di esplorare e sperimentare gusti diversi. “I consumatori di oggi sono più preparati ma ci sono anche degli estremisti. Per alcuni il cioccolato al latte è il male assoluto e l'unico cioccolato valido è quello fondente, anche con percentuali eccessive di cacao. Secondo me, esagerare non porta mai alcun beneficio. Nessun preconcetto è mai una verità” continua Pierpaolo“e questo vale anche nel settore del cioccolato. Ogni prodotto, se realizzato con metodo e cura, ha un valore inestimabile”. E mai va dimenticata l'importanza di tale valore che, troppo spesso, passa in secondo piano in favore di una ricerca estrema di gusti particolari. “Ci sono alcuni laboratori in cui il cioccolato fondente viene portato al limite dell'amaro” spiega Pierpaolo “perdendo così tutto il gusto. Ci sforziamo di entrare in una terra di confine per il nostro palato e ci dimentichiamo del piacere sensoriale”.

Formazione

Un consumatore più attento ma ancora poco informato, questo il profilo che delinea Pierpaolo. Il cioccolato ha alle spalle una lavorazione complessa, spesso sottovalutata: “ci si dimentica sempre che il cioccolato è un prodotto agricolo. Il cacao fa un lungo percorso prima di essere trasformato nelle praline e tavolette che tanto amiamo. È un frutto della terra, della natura, non è un prodotto industriale”. E anche se lo stesso Pierpaolo riscontra un maggiore interesse da parte della clientela, soprattutto dalla fetta più giovane, che si sta appassionando sempre più a questo prodotto, non perde occasione di sottolineare che “bisogna fare formazione ogni qual volta è possibile. Ad esempio, nel nostro punto vendita scorre costantemente un video che mostra la raccolta nelle piantagioni di cacao. Organizziamo visite, specialmente perché il nostro cioccolato è diverso dagli altri prodotti italiani, per cui va spiegato ancora di più”. Qualsiasi sforzo verso la formazione è fondamentale, “dai brevi incontri con i clienti alle iniziative più grandi come l'Istituto Internazionale Chocolier”. La strada da percorrere per una formazione completa è ancora lunga ma “il mondo del cioccolato è attualmente in fermento, grazie anche alla diffusione del fenomeno del bean to bar”. Ovvero quella cioccolata realizzata con una sola varietà di cacao con un metodo diretto dal chicco al prodotto finale. “Il bean to bar ha contribuito in molti paesi a migliorare la qualità dei prodotti. Negli Stati Uniti, ad esempio, ha aiutato a ridurre notevolmente il consumo di quelle tavolette grasse tipiche del mercato americano”. Non basta: un altro importante passo da compiere è l'approfondimento di questo prodotto nelle scuole specializzate come gli Istituti Alberghieri. “Gli studenti non possono pensare che mescolando due ingredienti si ottenga il prodotto finale. Il processo è lungo e delicato e chi si occupa di cibo deve conoscerlo”. Selezione delle piantagioni di cacao, raccolta, trasporto, stoccaggio e poi ancora lavorazione, conservazione: tutti questi sono elementi imprescindibili nella produzione, e la formazione deve occuparsi di ogni fase.

In principio furono gli 'mpanatigghi

Tutto inizia dagli 'mpanatigghi, biscotti tipici di Modica a base di carne e cacao che furono introdotti, come il cioccolato stesso, dagli spagnoli nel corso del XVI secolo. Il nome ricorda infatti il termine iberico empanadas e lo stesso ripieno di carne e cacao è un accostamento che ricorre spesso nella cucina spagnola. Inizialmente, la carne utilizzata era quella di selvaggina che, col passare dei secoli, ha lasciato il posto al manzo, in particolare al controfiletto, privo di nervature. Un abbinamento insolito ma apprezzato anche dai turisti: “nel momento in cui viene contestualizzato, in cui vengono raccontate le sue origini, il prodotto viene riconosciuto come patrimonio di una tradizione” spiega Pierpaolo. È ancora oggi uno dei prodotti di punta, spesso usato per mettere alla prova i clienti, chiedendogli di indovinare gli ingredienti. “Il cioccolato in passato, soprattutto nella nostra zona, era un vero e proprio alimento e non un prodotto di lusso. Certamente, era anche fonte di piacere ma serviva principalmente come fonte di sostentamento grazie alle sue proprietà nutritive”. Che sia per il loro apporto di energia, per il loro gusto confortevole o il senso di smarrimento nello scoprire la presenza della carne, gli 'mpanatigghi riescono da anni a conquistare i palati più diversi.

Dagli 'mpanatigghi poi sono nati altri biscotti e torroni, ma non dimentichiamo il cioccolato. Aromatizzato alla cannella e vaniglia secondo un'antica ricetta o puro, nelle varianti con 70%, 80% o 90% di cacao amaro, tutti lavorati a bassa temperatura.

Antica Dolceria Bonajuto | Modica (RG) | c.so Umbero I, 159 | tel. 0932 941225 | www.bonajuto.it/index.cfm

a cura di Michela Becchi

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