È tempo di Ristoranti d’Italia, di Tre Forchette e di tutte le polemiche che si portano dietro: “Perché il mio ristorante preferito non c'è”, “Quel locale si meritava Due Forchette mentre quell'altro non se le merita affatto” o l'inevitabile “Ci sono solo quelli che pagano”. E in questo senso non ci stancheremo mai di ribadire che no, non è così. Capita infatti che qualcuno arrivi in un ristorante presentandosi come un ispettore della guida del Gambero Rosso, promettendo inserimenti e recensioni. Capita che qualche ristoratore, in buona fede, ci creda. Capita anche che, dopo aver visto la guida, si lamenti della mancata recensione. Cari ristoratori (e lettori) non ci credete mai! Punto primo, perché i nostri collaboratori provano i ristoranti in anonimato, non promettono recensioni e pagano il conto. Punto secondo, perché un pasto non può essere il lasciapassare per la presenza in guida. Il lavoro, vostro e nostro, vale molto di più.
Detto questo vediamo i protagonisti della cena Tre Forchette: agli antipasti Pier Giorgio Parini de Il Povero Diavolo, ai primi Franca Checchi del ristorante Da Romano, ai secondi Heinz Beck de La Pergola dell’Hotel Rome Cavalieri e Danilo Ciavattini dell'Enoteca La Torre a Villa Laetitia, dulcis in fundo, ai dessert, lo chef emergente Oliver Piras di Aga dell’Hotel Villa Trieste. Qual è il menu? Eccolo a voi in anteprima.
Pier Giorgio Parini - Baccalà al verde
Lo stile di Parini è inconfondibile: contemporaneo ma senza estremismi, teso alla valorizzazione degli elementi vegetali e delle erbe aromatiche spesso inconsueti o in disuso, sempre locali, magari del suo orto. Tutto ciò in una sequenza dove stupire non è mai fine a se stesso, e il risultato finale è un'esperienza di raro spessore. Il piatto presentato alla cena è in carta al ristorante Il Povero Diavolo e ben si adatta a questa stagione: “Il baccalà, cotto dentro il suo brodo e profumato con spezie, lo manteco legandolo con olio extravertgine di oliva e olio di vinaccioli. Ad accompagnarlo, una sorta di insalata croccante composta da prezzemolo, cime di rapa, polvere di cavolo nero, polvere di levistico, bergamotto candito, pinoli bruciati, topinambur e cipolla sott'aceto. Completo il piatto con tre-quattro gocce di maionese senza uova, fatta con il brodo di baccalà ed erbe selvatiche”.
Franca Checchi - Minestra di gran farro con gamberi e calamaretti
La sua è una cucina verace, saporita, intensa e principalmente di mare. È fatta di piatti che sono diventati ormai dei classici, sempre gustosi e leggeri, come capita raramente di trovare. Ovviamente a fare la differenza è anche la materia prima utilizzata: è Romano, suo marito, che ogni mattina fa il giro delle barche e dei fornitori per selezionarla al meglio. Alla Città del gusto porta la minestra di gran farro con gamberi e calamaretti, perché? “È uno dei piatti tipici del territorio e della storia del nostro ristorante, saranno trentanni che ce l'abbiamo in carta, si presenta bene e i gamberi, così come i calamaretti, provengono dal nostro mare. Questo piatto prevede la cottura dei cannellini che poi vengono passati. Il mio segreto? Metto anche un po' di pomodoro, per dare colore e per sgrassare. Infine aggiungo il gran farro della Garfagnana, le zucchine e le carote tagliate a cubetti. Finita la cottura vado con il pesce”.
Heinz Beck - S’campo
Lui sta nell'Olimpo. Punto. Ha talento, creatività, tecnica perfetta. E la sua cucina è perfettamente impostata, anche sul piano estetico, studiata con rigore pure a livello nutrizionale, aspetto cui lo chef è stato uno dei primi a dedicare studio e attenzione. In occasione della cena Tre Forchette porta un piatto inedito, che verrà inserito prossimamente nel menu: S’campo: “È una crema di verdure con scampi. Da qui il nome S’campo. Le verdure, quelle che solitamente si usano per fare il minestrone, quindi carote sedando pomodori e piselli, vengono cotte e poi liofilizzate. A queste aggiungo il brodo chiaro fatto con gli scampi. È un piatto molto moderno fatto proprio per voi del Gambero perché mi sembrava una proposta carina e divertente”.
Danilo Ciavattini - Agnello e salsa all’amaretto, purè di patate arrostito, profumi di bosco e prato
La sua cucina non sta a guardare le mode del momento, anzi, ricorda i gusti della cucina di campagna. Ed è di territorio, il suo però, tanto che in ogni piatto sono ben evidenti ed evidenziate le sue origini nelle campagne della Tuscia. Da lì viene gran parte della materia prima, dalla grande cacciagione ai tanti prodotti dell'orto, e non, viterbesi. Ne è un esempio il piatto che propone: “L'agnello è una carne che si usa molto dalle mie parti, nel viterbese. In questo piatto subisce due cotture: a bassa temperatura al forno e scottato in padella con burro chiarificato. Lo arricchisco poi con una salsa fatta con fondo di cottura ridotto e una piccola percentuale di amaretto di Saronno. Ad accompagnare l'agnello, il purè tenuto più solido, presentato a forma di pallina e scottato su ambo i lati per richiamare l'aroma di camino. Infine inserisco polvere di cornucopie e una foglia di erba di campo”.
Oliver Piras - Bavarese al fiorime, spuma di latte e cialda al cioccolato bianco e orzo soffiato del bellunese
Il ristorante Aga dell’Hotel Villa Trieste si è aggiudicato solo (si fa per dire) Due Forchette ma colui che dirige i fornelli è lo chef emergente del 2015. Era inevitabile dunque la sua presenza. Il ventottenne Oliver ha alle spalle un curriculum di tutto rispetto, che tocca le cucine di Penati, Robuchon, Cerea, Niederkofler, oltre che esperienze significative dai fratelli Roca a Girona e Redzepi a Copenaghe. La sua è una cucina personale: italiana nel gusto e internazionale nella tecnica, presentata in maniera molto raffinata. A lui abbiamo affidato la grande responsabilità di concludere la cena. “La Bavarese al fiorime è il dolce che più ci rappresenta in questo momento. Nella nostra zona l'affinamento dei formaggi nel fieno è sempre stato fatto, così abbiamo voluto rendergli omaggio. Il fiorime è la parte che rimane sotto tutto il fieno nell'essiccatoio, quindi contiene camomilla, calendula e altri fiori. Noi lo tostiamo al forno a 300° C per fargli sprigionare più aromi possibile, dal profumo dei fiori al tostato del caffè, e lo mettiamo in infusione nella panna. Poi prepariamo la nostra bavarese, dalle caratteristiche note aromatiche di montagna. Va aggiunta poi la spuma di latte (al ristorante usiamo il latte appena munto, qui per problemi logistici utilizziamo quello pastorizzato) e sopra una cialda di cioccolato bianco con orzo soffiato del bellunese, coltivato sopra i 1.200 metri.
Il Povero Diavolo | Torriana (RN) | via Roma, 30 | tel. 0541.675060 | www.ristorantepoverodiavolo.com
Romano | Viareggio | via Giuseppe Mazzini, 122 | tel. 0584.31382 | www.romanoristorante.it
La Pergola dell’Hotel Rome Cavalieri | Roma | via A. Cadlolo, 101 | tel. 06.35092152 | www.romecavalieri.it
Enoteca La Torre a Villa Laetitia | Roma | l.Tevere delle Armi, 22 | tel. 06.45668304 | www.enotecalatorreroma.com
Aga dell’Hotel Villa Trieste | San Vito di Cadore (BL) | via Trieste, 6 | tel. 0436.890134 | www.agaristorante.it
a cura di Annalisa Zordan