Il prezzo del caffè aumenta, ma si corre per "salvare" la tazzina

28 Mar 2024, 13:13 | a cura di
Se il prezzo del cacao continua ad aumentare e, ad accorgersene sono soprattutto i consumatori, il caffè di certo non diminuisce. Ma le politiche di contenimento dei prezzi variano a seconda dei produttori

L’inflazione scende, ma i prezzi dell’industria alimentare non sembrano scendere allo stesso modo. Anzi, ora, con la crisi sul Mar Rosso, chissà cosa succederà. È notizia recente che il costo della materia prima più richiesta nei giorni che precedono la Pasqua, il cacao, continua ad aumentare e, ad accorgersene oltre che la filiera, sono soprattutto i consumatori che davanti agli scaffali scelgono le uova di cioccolato più piccole per contenere la spesa.

Lavazza, il caffè aumenta i prezzi no

A raggiungere quotazioni record, tuttavia, è anche un altro prodotto molto amato dagli italiani: il caffè. A questo riguardo, però, c'è da dire che i produttori hanno scelto politiche diverse per non andare a impattare fortemente sull’utente finale. Lavazza, per esempio, ha potuto scegliere di limitare l’aumento dei prezzi sui prodotti, grazie alla solidità finanziaria del Gruppo che ha permesso di cogliere comunque importanti opportunità di mercato e di crescere anche per vie esterne.

Le sfide del 2024

Sicuramente, la capacità di diversificare, di guardare al mercato internazionale e di valutare investimenti strategici e sinergici che possano contribuire a uno sviluppo a lungo termine, è un punto di forza nei momenti macroeconomici complessi e Lavazza, come altri competitor, ha mostrato di averne le capacità. Le sfide del 2023, caratterizzate soprattutto dai costi in aumento del caffè crudo, sono state in ogni caso significative e per il 2024, ha spiegato Antonio Baravalle, CEO del Gruppo Lavazza, si lavora per affrontare le difficoltà attuali e anticipare un ritorno a condizioni più favorevoli.

Per farlo Lavazza, dice ancora Baravalle, punta sul capitale umano, la risorsa primaria per un percorso di sviluppo sostenibile e di lungo termine e per questo continuerà a investire nelle persone per promuovere un clima lavorativo positivo, produttivo e inclusivo. E va detto che, a dimostrazione del fatto che non si tratta di sole parole, effettivamente il Gruppo ha effettuato nel 2023 una revisione salariale e un'erogazione di premi di produzione per obiettivi ai dipendenti di tutte le strutture italiane.

Gender equality e sostenibilità

Attraverso il programma Gap Free, poi, ha continuato a promuovere la diversità, l’equità e l’inclusione, altro punto fondamentale in un'azienda che funziona. E, anche in questo caso, il Gruppo è riuscito a ottenere  certificazioni importanti nell’ambito della valorizzazione delle diversità e della promozione di opportunità più eque per tutte e tutti. Tra queste il riconoscimento del primo livello di Certificazione EDGE (Edge Assess) in Italia, fondamentale per supportare un’analisi interna oggettiva e comparabile circa la gender equality nelle sedi italiane, alla quale all’inizio del 2024, si è aggiunta la Certificazione di Parità di Genere ex Uni PDR.

Non solo inclusione, ma anche sostenibilità, integrando i principi ESG nel proprio modello di business, grazie ai quali nel 2023 è stato inaugurato a Torino il primo “Center for Circular Economy in Coffee”, un hub supportato dalla Fondazione Lavazza insieme a una rete globale di partner, che ha l’obiettivo di sostenere e valorizzare i principi dell’economia circolare, accelerare la transizione sostenibile e promuovere l’innovazione nel mondo del caffè.

Il Mar Rosso fa paura all'export agroalimentare

Un complesso che purtroppo va a scontrarsi con uno scenario macroeconomico dove si aggiungono conflitti a conflitti. L’ultimo in ordine di tempo, quello sul Mar Rosso, come si diceva all'inizio, che ha messo in allarme non solo Mister Lavazza, ma tutto il comparto dell’export agroalimentare Made in Italy in Asia che nel 2023 ha raggiunto complessivamente un valore di quasi 6 miliardi.

Dal Canale di Suez, infatti, passano il 16% dell’olio d’oliva, il 15% dei prodotti derivati dalla lavorazione dei cereali e il 14% del pomodoro trasformato delle esportazioni agroalimentari italiane e passa tutto l'import che sia cacao o caffè. Un bel guaio se tutto di ferma: perché un conto è sfruttare il canale di Suez, un conto è dover circumnavigare l’Africa e sobbarcarsi costi ulteriori di energia e di noli, e un conto, ancora, è non poter proprio raggiungere le rotte verso l’Asia come si faceva prima.

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