La storia di Faccia Brutto, l'amaro italiano che spopola negli Stati Uniti sconosciuto in Italia

12 Gen 2024, 17:35 | a cura di
Nato dall'idea di uno chef statunitense amante dell'Italia, Faccia Brutto è il brand di amari tutti italiani che ha sbancato nel mercato di 21 Paesi esteri ed è totalmente sconosciuto dalle nostre parti

Cosa hanno in comune lo scrittore Charles Bukowski, l’Italia, l’amaro, Rucola e Brooklyn? Apparentemente nulla, eppure c'è un filo conduttore che parla italiano. A Brooklyn non si fa altro che parlare di amari italiani grazie a Faccia Brutto, un brand tutto statunitense che produce spirits italiani. L’idea è di uno chef statunitense, Patrick Miller, che per diciotto anni ha diretto il ristorante italiano Rucola, che si trova proprio a Brooklyn.

Faccia Brutto, il brand di amari italiani tutto americano

«Volevo creare qualcosa che onorasse i marchi originali di amari italiani qui negli Stati Uniti e la tradizione della mia famiglia di gustare questi drink», racconta Patrick Miller. La sua famiglia è originaria di Asti e Genova, il suo amore per gli amari italiani inizia nei primi mesi del 2010. È da lì che, dopo l’apertura del ristorante Rucola nel 2011, Miller si è messo a fare degli esperimenti: «Ho provato a preparare piccoli lotti di cocktail bitter e amaro a casa nei miei giorni liberi dal lavoro», racconta. E il risultato è stata la produzione di una serie di amari che ora vengono venduti in 21 Paesi degli Stati Uniti, Canada e Costa Rica, con il desiderio di sfondare anche in Italia: «Ci piacerebbe vendere sul mercato italiano!», confessa.

I nomi ironici di Faccia Brutto

Se c’è una cosa che colpisce di questo brand è il naming scelto per gli amari come Gorini e Fernet Plant: «Gorini è il nome da nubile di mia nonna e Pianta è il cognome di mio nonno. È per onorarli: mi hanno cresciuto», racconta Miller.

Patrick Miller, titolare di Faccia Brutto

Ma la cosa che fa più sorridere è l’errore grammaticale volutamente scelto per il nome del brand Faccia Brutto: «Una delle mogli del mio vecchio chef lo chiamava "faccia brutta" e mi piaceva tantissimo. Sapevo che sarebbe diventato un nome memorabile, soprattutto se avessi cambiato Brutta in Brutto. Il concept è “Brutto volto, brutta grammatica, bellissimo spirit/amaro”», spiega.

La comunicazione è il punto di forza di questo brand che, oltre al design attraente che ricorda certe etichette di spirits anni Settanta, ha scelto di calcare la mano e affascinare ancora di più stampando sull’etichetta stessa una caricatura stilizzata della faccia di Charles Bukowski: «Adoro Charles Bukowski, e poi era famoso per essere un ubriaco e frequentare i bar», racconta Miller.

Come sono fatti gli amari

Le ricette degli amari sono state messe tutte a punto da Patrick Miller stesso, che adesso lavora con un team di altre tre persone. Gli ingredienti scelti sono italiani e realizzati anche con tecniche tutte di casa nostra. Gli ingredienti, invece, provengono dal territorio circostante: l'alcool etilico di frumento viene comprato dallo stato di New York, le botaniche dal resto del mondo. Tutto questo per creare degli amari “blessed” da Nonna Benedetta!

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