L'analisi definitiva del gossip pezzente nell'estate dello scontrino-gate

14 Ago 2023, 16:11 | a cura di
Ogni estate ce n'è una e il 2023 è l'anno della polemica degli scontrini. Un tormentone che nelle ultime settimane ha acceso dibattiti di ogni tipo: abbiamo cercato di analizzare meglio la situazione, individuando tre principali spunti di riflessione.

L’informazione all’epoca di Selvaggia Lucarelli è anche – troppo - la continuazione dei social network con altri mezzi, una macchina che per un clic in più produce costantemente indignazioni che durano poco e non portano da nessuna parte, intrattengono solo il pubblico distratto e annoiato. L’indignazione principale dell’estate (funziona come nelle fiction, con una storia portante e altre storielle più piccine come i cornuti di Torino) riguarda il turismo, come va la stagione e soprattutto i prezzi. È in atto un vero e proprio scontrino-gate da Ventimiglia a Otranto, con ostensione non solo di prezzi troppo elevati ma, variante 2023, di sovrattasse a capocchia per piattini vuoti in più o divisione dei toast.

Per due euro in più

Il gossip pezzente sui prezzi, il “signora mia” è stato già ampiamente esplorato, soprattutto dalla testata che fu tra gli altri di Biagi e Montanelli e oggi nell’inserto economia illustra come preparare l’insalata di riso a 1 euro. Io vorrei provare invece a cavare un po’ di sangue da questa rapa e a suggerire alcuni spunti di riflessione che si spera possano superare il pranzo di ferragosto (desiderio vano di chiunque scriva). Vado per punti, ché il caldo invita alla brevità, guardandola da tre lati.

  1. Clienti. Non esiste un diritto alla ristorazione, per cui lagnarsi di prezzi troppo alti, se indicati con trasparenza (“faccio io” è sempre un’espressione a rischio) non fa di voi persone migliori. Se poi lo fate lamentandovi di Cracco in galleria non solo non siete migliori, siete proprio fuori strada. Consumare in un locale pubblico è un contratto di servizio tra esercente e cliente, che risponde alle leggi del libero mercato. Perciò ripassate le addizioni e non fate gli scrocconi. Sedersi in quattro per mangiare in due non si fa e chi si siede paga, come si paga il corkage di una bottiglia e lo sporzionamento di una torta. I due euro per un piattino sono una punizione, se è giustificata lo sanno quelli che erano lì.
  2. Destinazioni. Sono in mezzo tra i comportamenti individuali della domanda e dell’offerta che determinano il risultato generale. Sono “la Puglia” nel tormentone estivo del “quest’anno la Puglia è troppo cara, meglio l’Albania”. Come tutti quelli che stanno in mezzo, hanno tante responsabilità e pochi strumenti: non possono sanzionare né l’esercente furbastro né il cliente orrendo. Possono, devono, contribuire a rendere l’esperienza di chi spende soldi in loco la migliore possibile; fare cultura per alzare la professionalità dell’offerta e la qualità del personale; tenere pulite le strade e comunicare adeguatamente e realisticamente l’offerta. È un lavoraccio, ma necessario.
  3. Ristoratori e baristi. Sono imprese dell’economia dell’esperienza e come tale si devono comportare, capendo che per un’impresa vale lo stesso assioma che vale per i politici che hanno perso le elezioni: non esiste il “non mi hanno capito”, ma solo il “non mi sono spiegato”. Dunque, come impresa puoi fare i prezzi che vuoi (basta che siano esplicitati e che ci paghi le tasse), sapendo che te ne assumi la responsabilità se questi sono fuori posizionamento. Il posizionamento è quell’equilibrio magico, zen, tra chi siamo, chi pensiamo di essere, chi gli altri pensano che noi siamo. Se è in equilibrio, le persone vengono, spendono e sono felicissime. Se siete un brand forte, qualcuno spenderà con gioia anche più del valore che date, se non lo siete dovete trovare quell’equilibrio. Un locale sconosciuto in una zona popolare che offra i gamberi verdi yemeniti a 100 euro l’uno perché lo chef li ha visti a Identità Golose e non si ritrova con i conti non può lagnarsi del pubblico che non capisce, deve solo interrogarsi sul suo posizionamento. Che deve moltissimo al lavoro della sala, ingiustamente ridimensionato dalla narrazione romantica dello chef come artista, eroe, demiurgo solitario. Baggianate. I ristoranti, come tutte le organizzazioni, sono frutto di un lavoro collettivo, di cui la cucina è una componente, oggi eccessivamente esaltata a scapito delle altre. Questo ha distolto l’attenzione dal ruolo fondamentale di chi è a contatto con il cliente e restituisce il grosso dell’esperienza. È la sala che ti recita la poesia e te la spiega, che ti vende un calice di vino in più (senza camerieri bravi i vini da dessert sarebbero già estinti) e fa in modo che un tavolo da sette persone non prenda sette cose diverse. Anche “educando” la clientela, che deve essere disciplinata per evitare di arrivare a misure estreme e sgradevoli come la tassa sul piattino.

Alla ripresa, ci saremo tutti dimenticati di questi scandali tascabili in favore di altre indignazioni, ma sarebbe utile che, chi per mestiere dovrebbe offrire esperienze a chi viene a mangiare e bere nei loro locali, si ricordasse dell’importanza dei ruoli e di quell’equilibrio zen che si chiama corretto posizionamento. Raggiunto il quale si può fare come quel negoziante che tanti anni fa si rifiutò di vendere a un ragazzo un paio di scarpe da tennis perché le avrebbe rovinate giocandoci a pallone. Potrete farlo, perché avrete raggiunto la saggezza del Buddha ristoratore.

Namastè.

linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram